UNA TORRE DA LEONE D'ORO


Torre David
Informal Vertical Communities

Edited by Alfredo Brillembourg and Hubert Klumpner, 
Urban-Think Tank , ETH Zürich
Photographs by Iwan Baan












Sfogliando il libro Torre David, progetto Leone d'Oro all'ultima Biennale di Architettura di Venezia, viene spontanea una domanda. Perché gli architetti riescono ad esaltarsi sempre di fronte all' estetica del provvisorio, dell' autocostruito (spesso della disperazione)?









E' l'immagine di un'architettura senza architettura ad affascinarli? 
La mia è un Autocritica, anche a me il progetto di Justin McGuirk del fotografo Iwan Baan e di Alfredo Brillembourg alla Biennale di Venezia è piaciuto molto, ma guardando e leggendo il libro oggi, con un po' di distanza dall'evento veneziano, l'entusiasmo iniziale si è un po' affievolito  e  mi sono venuti dei dubbi.
Il libro è bello, ben fatto, la ricerca intelligente, le foto di Baan pazzesche (come direbbe mia figlia), ma dopo una prima lettura i dubbi restano.
Perché le ricerche pseudo sociologiche ed estetizzanti, si interrogano solo parzialmente su quelle soluzioni tipologiche che prendono forma dall'esigenza di convivenza di chi cerca di fuggire dalla disperazione occupando uno spazio per vivere, anzi per sopravvivere, ma questa non è una scelta, per gli abitanti é l'unica scelta.
La torre è il barrio verticale più grande al mondo, una città nella città, in uno dei paesi, secondo le statistiche più violenti al mondo e la torre non è da meno.
Oggi ci vivono 852 famiglie, quasi 3000 persone sotto lo sguardo di un pastore evangelico (la religione come sistema di controllo sociale che fa da contraltare alle pandillas, le bande armate).








David Chipperfiled consegnando il Leone d'Oro dichiarava un premio alla potenza di questo progetto una comunità spontanea ha creato una nuova casa. E una nuova identità e lo ha fatto  con talento e determinazione.... Bene ora provate ad immaginare, il presidente Chavez, chiama Davide si congratula con lui per la biennale, lo ringrazia per il premio e gli chiede...ti andrebbe di metterci le mani e ristrutturare la torre David, giusto una rinfrescatina, una manutenzione ordinaria direi. (Tolgo ogni dubbio al lettore io accetterei) Immagino la faccia di Chipperfiled, che dopo 40 secondi di dubbi amletici, firmerebbe immediatamente la dichiarazione inizio attività (non so come si chiama in venezuela la nostra DIA), e della comunità creativa non resterebbe molto. La facciata rimarrebbe intatta con i suoi mattoni a vista, i segni del tempo, e tutta la sua bellezza, perchè è bella davvero, ma sarebbe un altra cosa.
La carta da giornale che ricopre le pareti, verrebbe sostituita, i muri si chiuderebbero, gli spazi comuni diventerebbero aree condominiali ben organizzate e tutto il resto.

Ora scusate questa mia facile ironia, ma pensate cosa succederebbe alla torre se tornasse in mano agli architetti. Ci sarebbe un calo di energia creativa, perché forse quella degli abitanti non è proprio una ricerca di creatività, ma semplicemente una ricerca di un luogo in cui vivere.
Ora queste ricerche sono indispensabili, utili, belle da vedere ma hanno un rischio, un rischio enorme, che la gente non capisca completamente una cosa importante, che l'architettura è importante se fatta bene.
Gli abitanti della città si sentono offesi dal premio come è possibile assegnare un premio alla disperazione,  come rappresentare la nostra cittá attraverso un esempio di degrado? Sono le domande più diffuse. Naturalmente il premio lo ha vinto l'Urban-Think Tank di Zurigo, e non la città. Ma è un premio che può essere compreso solo dalla comunità degli architetti, e questo non è il segnale giusto.
Per dovere di cronaca è molto importante segnalare che qualcosa nel paese sta succedendo, che il presidente Chavez ha messo in piedi un programma di housing sociale, il Plan Vivienda, senza precedenti in Venezuela, e penso in tutto il sud America, ora forse come tutti i programmi statali, questo programma non si occupa di creare un idea di comunità ed un substrato di spazi pubblici e di coesione urbana, forse la sua idea di architettura non è proprio la nostra, ma darà una casa a chi non ce l' ha, e questo è un buon punto di partenza.  Anche questo piano ha i suoi punti deboli, non rispetta ciò che c'è di positivo nei barrios, perché li teme, invece di capirli. [qui vi rimando alla lista con cui ho aperto questo blog, in quella lista c'è un romanzo bellissimo Texaco di Patrick Chamoiseau, se non lo volete comprare almeno andate a guardare il mio commento, o fatevelo prestare]
La veritá come sempre si trova nel mezzo nel riuscire a mettere assieme visione politica, capacità degli  architetti di affrontare problemi di carattere progettuale e di analisi delle comunità insediate, e poi di leggere con attenzione le ricerche fatte, senza compiacersi troppo.



















Così come ha fatto in un altro progetto ed in un altro libro Aleandro Aravena che con il suo Elemental Cile ha messo in piedi un programma interessante, non rinunciando completamente all'estetica, riesce a mediare tra la mano dell'architetto e quella dell'abitante, riesce a creare nuove case, senza per forza farle nascere dal degrado, ma facendole emergere dal basso, creando progetti di nuova edificazione in cui le comunità prendono forza, e modificandole nel tempo. È qui la grande differenza tra due modi di vedere l'architettura, ed Aravena vince a mani basse. Mi dispiace per gli altri......comunque il libro sulla Torre, se pure un pò costoso, è bello bello davvero.