RILETTURE: UNA GENERAZIONE ESAGERATA
Andrea Branzi
Una generazione Esagerata
dai radical italiani alla crisi della globalizzazione
Baldini&Castoldi 2014
Scopo di questa riflessione non è quello di definire il modello della città futura, ma piuttosto una diversa lettura di quella esistente…
Sono molto pochi i libri che leggo, segnando i commenti direttamente sulle pagine. Questa profanazione di un oggetto che ritengo sacro, avviene in casi rari, quando ho bisogno di legare una mia riflessione a un testo, e voglio che resti sulla pagina, in modo da ritrovarla quando lo rileggerò in un altro tempo. E’ una forma di dialogo, di auto riconoscimento e di definizione diretta di una posizione progettuale. Un botta e risposta che come lettore sento l’urgenza di legare al libro inteso come spazio di progetto. Questo di Andrea Branzi è un libro così, mette in moto l’immaginazione. Branzi infatti non ha mai rinunciato alla sua idea di progetto, ha sempre cercato di attualizzarla, nel corso degli anni, e la sua scrittura avvolgente, sembra ripetere ossessivamente da anni la stessa cosa. Ma poi ti accorgi che questa ripetizione non è mai uguale a se stessa, perché passa il tempo e con lui cambia il mondo. O forse quel futuro che i radicali raccontavano così bene è diventato presente, e sempre per esagerare è bene capire come questo presente è già cambiato.
E’ un libro doppio un’ autobiografia ragionata, ed una raccolta di scritti. Con l’aggiunta di una piccola selezione di interventi di autori che hanno scritto su Branzi e gli Archizoom, scelti tra i tanti che lo hanno fatto. Pierre Restany, Pier Vittorio Aureli, Moshen Mostafavi, Charles Waldheim. Ognuno in modo diverso e per ragioni diverse. Ma c'è anche una selezione di interventi diretti dei gruppi radicali più rappresentativi Superstudio, Ufo, Ugo La Pietra, di cui Branzi vuole evidenziare le idee comuni e condivise negli anni. Un contrappunto alla propria voce, un cercare di capire se stessi ed una generazione attraverso il confronto diretto con chi questa generazione l’ha vissuto o solo studiata..
Una biografia quindi, una storia dell’architettura radicale, un manifesto retroattivo, una storia di un immaginario politico, ma anche una raccolta di pensieri in presa diretta, annotazioni che indicano un’urgenza di raccontare la verità su un periodo molto preciso della nostra storia recente. Una cartografia che risponde con un testo ad un progetto di città mondo, disegnato la prima volta con una macchina da scrivere e spiegato oggi a distanza di anni con le parole, come se questa prima scrittura astratta si sia negli anni delineata alla perfezione. Alla fine questo è un libro sul progetto o meglio sulla teoria e il progetto che la rappresenta.
Negli ultimi anni si è scritto e parlato tanto della generazione dei radicali, sono usciti molti libri sull’argomento (forse troppi) il fatto che il racconto sia fatto da uno dei protagonisti poi rende questo libro una lettura diversa. Ed in attesa della raccolta degli scritti di Superstudio, presto in libreria con Quodlibet, il punto di vista di Branzi era necessario. Un protagonista quindi dichiara le intenzioni del prorpio gruppo, gli ARCHIZOOM, ma nel farlo definisce anche quelle di alcuni suoi contemporanei con cui si è confrontato continuamente negli anni. Si intravedono rivalità, ma anche linee comuni, desideri e voglia di definire un’ idea diversa di ricerca sul campo, in cui l’architettura è prima di tutto specchio di una visione del mondo, destinata ai tempi lunghi della storia, nel periodo esatto in cui il mondo stava passando da una civiltà architettonica a una civiltà merceologica dove le gerarchie tradizionali tra le discipline si stavano ribaltando.
Nel movimento radicale coesistevano opzioni teoriche diverse tra di loro ma tutte rifiutavano il presupposto che l’architettura coincidesse con le sole pratiche edilizie; a favore di un idea di progetto come realtà culturalmente complessa che elabora un'analisi della società, della storia, delle tecnologie e della politica….Un' idea quindi molto attuale, in un momento in cui l’architettura ha perduto la sua aurea, perché divenuta pura immagine. Le diverse linee di pensiero sono sintetizzate da Branzi attraverso una definizione di architettura possibile solo se in relazione all’ambiente città.
Branzi con estrema lucidità sintetizza quattro posizioni diverse e le attribuisce ai suoi amici. La città senza architettura degli Archizoom, L’architettura senza città dei Superstudio, Gli oggetti senza città e senza architettura degli UFO, Gli architetti senza architettura Ugo La Pietra e i situazionisti. In queste quattro posizioni è racchiuso tutto lo sguardo del movimento radicale, uno sguardo sicuramente che fa dell’esagerazione uno strumento essenziale per leggere la contemporaneità, ma anche un metodo di lavoro interdisciplinare. La posizione degli Archizoom è forse la più politica tra tutte quelle elencate, come spiega anche molto bene il saggio di Aureli.
Per archizoom l’alternativa alla città capitalista era l’utilizzo potenziale e alternativo della città da parte dei suoi stessi creatori, vale a dire, la classe operaia. Fu per questo motivo che la città dovette essere teorizzata nei termini del suo stadio di sviluppo più avanzato – cioè ad absurdum, alle sue estreme conseguenze, fino al punto in cui queste conseguenze sfuggirono persino al controolo del sistema stesso..
Ma lasciate da parte le teorie e il lavoro di quegli anni il libro è interessante perché proprio come una biografia coglie attimi ed istanti privati, momenti della formazione che hanno creato le condizioni per coltivare un' utopia negativa, che prima con l’architettura e poi con il design delinea un lavoro coerente su un idea di progetto capace di rappresentare il mondo. La Superarchitettura piano piano diventa sinonimo di un interesse per gli oggetti che compongono il mondo, un essere moderni senza modernità, un modo di progettare essenziale schematico, sempre alla ricerca dell’idee, importantissima in questo periodo la figura di Ettore Sottsass che per ammissione dello stesso Branzi gli fece capire il valore profondo degli oggetti, la loro componente sacra, la nobiltà dell’habitat umano. E’ il momento in cui nasce il nuovo design, fenomeno importantissimo di un mercato di nicchia in piena espansione. Ancora una nuova ricerca esagerata di cui i post-radicali segnano la crescita e l’evoluzione.
La storia dei radicali lascia la scena ai cambiamenti segnati dalla trasformazione del sistema industriale del paese, la voce di Branzi qui cerca di presentare i diversi momenti di quella storia del Design da lui scritta nel 2010. Il racconto non si abbandona mai alla nostalgia o al rimpianto, descrive e commenta i fatti, la storia che cambia le condizioni del paese, e sempre si affianca al progetto. Più scorrono le pagine, e quindi gli anni, più diventa chiaro come la volontà di Branzi ancora una volta non sia quella di definire un modello di città o di vita da attuare, ma piuttosto una diversa lettura del reale, dove è la città esistente ad essere al centro dell’analisi. Bisogna però stare attenti a non avvicinarci a questa città con un ottica ancora troppo legata alla centralità dell’architettura a scapito delle realtà immateriali e sociali che hanno trasformato le metropoli in territori esperienziali e sfuggenti…
Quindi alla resa dei conti bisogna prendere coscienza che la sfida è tra lo spazio interno e quello esterno e che l’architettura deve prendere coscienza e trasformare questa condizione del limite tra due realtà in progetto. Per farlo deve mettere in atto modelli di urbanizzazione debole. Ad un certo punto non è quasi più possibile parlare di architettura e di design, è necessario continuare ad interpretare il mondo perché come dice Italo Rota l’autentico mestiere dell’architetto risiede nel rilevare lo spazio della mente umana che è uno spazio di sogni, miti, conoscenze, memorie, amnesie, patologie, esperienze; uno spazio attivo, altamente complesso, di cui non possiamo vedere la forma esterna…unico strumento che ci connette al mondo esterno e ne elabora chiavi di interpretazione assolutamente soggettive…