THE LIST
Per un
architetto i libri non sono solamente inviti all’approfondimento, piuttosto
rappresentano la traccia sulla quale costruire giorno per giorno la propria
idea di architettura.
Mi piace
cominciare il viaggio nel mondo dei libri con la lista di alcuni libri che
considero importanti.
La lista è stata pubblicata la prima volta nel
libro IaN+ Modelli edito da Libria.
Cedric Price (2003)
Re: CP (a cura di Hans Ulrich Obrist)
Birkhauser, Basilea
Miscellanea di saggi, interviste e lezioni in cui lo
stesso Price fa il punto sulla sua visione di architettura, secondo la quale
gli edifici non hanno come obiettivo la costruzione di forme più o meno
accattivanti, quanto piuttosto la strutturazione di sistemi organizzativi
efficienti.
Le architetture di Cedric Price cercano sempre una forte
relazione con gli utenti. L’architetto si trova ad agire anticompositivamente,
come una sorta di animatore dei desideri individuali e non come interprete
degli stessi.
I suoi progetti sono concepiti esplorando l’idea di
indeterminazione, e con la necessità intrinseca di essere senza confini,
modificabili e in continua evoluzione.
John Cage’s music of uncertainty propably had something
to do with it. Similar to how Cage’s scores moved towards incorporating
uncertain and discontinuous elements in varying combinations according to the
circumstances of the performance, Price’s Fun Palace would change its entire
appearance as performance spaces moved about and contents shifted [...] The
significance of the Fun Palace was in its ideas on hardware whereby
architecture became something to sustain and respond to ever uncertain
circumstances. (Arata Isozaki)
Oswald Mathias Ungers (1982)
Morphologie. City Metaphors
Walther Konig, Colonia
The model is an intellectual structure setting targets for our creative activities, just like the design of model-buildings, model-cities, model-communities, and other model conditions supposedly are setting directions for subsequent actions.
Essendo
le immagini al centro della nostra cultura, ma oramai svuotate di significato,
è importante rileggere, o meglio riguardare questo libro di teoria composto da
sole immagini, e riflettere. La sua tesi contrasta il funzionalismo del periodo
in cui è stato scritto, per Ungers la teoria è uno dei tanti modi di vedere e
conoscere il mondo. Teoria come lettura della realtà e come attribuzione di
significato, e architettura come strumento interpretativo della teoria. In
concreto, Ungers propone nel suo libro di pensare e progettare con metafore e
analogie e mostra l’idea come pianta – immagine – parola.
NO STOP CITY:
Archizoom associati
Editions HYX, Orléans
Di
Branzi riteniamo fondamentali due libri pubblicati nello stesso anno, ma nati
in due periodi diversi. Non stop City
raccoglie i disegni e i testi originali che hanno dato vita a uno dei progetti
che ha più influenzato la storia dell’architettura contemporanea e Modernità
debole e diffusa, un lungo saggio che raccoglie
una serie di riflessioni e progetti degli ultimi dieci anni. Non c’è quasi
differenza tra testi e progetti, entrambi raccontano con sempre rinnovato
ottimismo una grande fiducia per il futuro e per l’architettura. Modernità
debole e diffusa sembra essere la prosecuzione
ideale di Non Stop City,
filtrata e reinterpretata alla luce dei cambiamenti tecnologici e sociali del
XXI secolo. Il libro, come sostiene lo stesso Branzi, racconta il
passaggio dalla modernità forte e concentrata del Novecento a quella debole e
diffusa, e insieme indaga se in questo passaggio vi sia la possibilità di
immaginare un futuro per un’architettura non figurativa. Un’architettura, che
diventi una semisfera urbana, superando i suoi limiti edificatori per
trasformarli in energia produttrice di qualità immateriali che cambiano nel
tempo.
Tutti
i progetti e le parole di questo libro dialogano alla perfezione con le idee e
i concetti espressi in Non Stop City,
quasi come se fosse stata necessaria una lunga attesa per vedere quest’ultima
mappa della contemporaneità.
Non
stop City indicava un sistema globale ormai privo di uno
spazio esterno, dove la città corrispondeva alla dimensione del mercato
mondiale e del sistema delle reti diffuse sul territorio, specchio di una
società liberata dall’architettura. I disegni che la raccontano, realizzati con
una macchina da scrivere, mostrano la città come realtà esperienziale e non
formale, fuori e attraverso i perimetri dell’architettura.
Lawrence Halprin (1969)
The RSVP Cycles. Creative Processes in the Human
Environment
George Brazziler Publisher, New York
La cosa più interessante del RSVP cycles deriva
dal fatto che il suo autore, Lawrence Halprin, è un paesaggista, o come lui
stesso si definisce, un ecological
designer interessato al pluralismo e
alle forze generative prodotte da contributi diversi. Il suo processo creativo
si è evoluto come un ciclo continuo di attività completamente interrelate tra
loro. Il progetto è sempre un processo ciclico e non lineare, può avere inizio
da tutti i punti e si può muovere in ogni direzione.
Le lettere del titolo sono le iniziali di altrettante
parole chiave: Resources che rappresentano gli elementi con i quali lavorare.
Includono risorse umane e fisiche, le loro aspirazioni e motivazioni. Gli Scores descrivono il processo che ci conduce alle prestazioni,
in questo caso al progetto. Valuation, che analizza i risultati delle azioni e le possibili
decisioni. Performance, che sono
i risultati degli scores ed è lo stile del processo.
Questi cicli che guidano continuamente il lavoro
creativo rappresentano e sintetizzano il processo progettuale.
Il libro comincia con una lunga descrizione degli scores,
simbolizzazione dei processi direttamente legati al fattore tempo, che danno
vita al progetto. I saw
scores as a way of describing all such processes in all the arts, of making processes
visible and thereby designing with process through scores. I saw scores also as
a way of communicating these processes over time and space to other people in
other places at other moments and as vehicle to allow many people to enter into
the act of creation together, allowing for participation, feedback, and
comunications. Il libro
stesso è considerato uno score, perché mette in evidenza un processo continuo, nel
quale il valore del progetto a tutte le scale è influenzato da differenti
fattori combinabili ogni volta in modo diverso.
I view the earth and its life processes as a model for
the creative process, where not one but many forces interact with each other
with results emergent, not imposed. I see the earth as a vast and intricately
interrelated ecosystem. In this system all of the parts have a value. And they
are all moving toward balance [...] the total ecological comunity has the
characteristics of an organism which lives and grows and reproduces itself in
an ongoing process.
Architectures Expérimentales
1950-2000
Marie-Ange Brayer (a cura di) (2003)
Architectures expérimentales 1950-2000. Collection du FRAC
Centre
Editions HYX, Orléans
Scrivendo
di modelli e di architettura non si può prescindere da ripercorrere cinquanta
anni di storia attraverso una delle collezioni di progetti più interessanti e
complete che ci sia in Europa. La maggior parte dei progetti raccolti non sono
realizzati ma servono a conservare la memoria di un pensiero d’avanguardia.
Par
sa dimension prospective, elle se donne aussi come un réservoir d’idées sur
l’architecture de demain, un domaine de réflection ouver qui interrge les
prçcedures de conception de L’architecture [...] l’architecture n’est plus
seulement du bàti, elle est aussi une trajectoire conceptuelle, la
confrontation de concepts issus de champs discplinaires hétérogénes qui la
dispenset de toute unification formelle et l’ouvrent à son devenir. Cette
exploration incessante qui pousse l’architecture à ses limites conceptuelles et
disciplinaires traverse sans doute tous les projets de cette collection.
Katharine Harmon (2004)
You are here. Personal geographies and other maps of the
immagination
Princeton Architectural Press, New York
Facendo
riferimento alle analogie presentate da Ungers nel suo Morphologie.
City Metaphors ecco un ricco repertorio di geografie capaci di
definire e visualizzare differenti sistemi di relazioni.
Questo
repertorio di mappe, di provenienza diversissima, cerca di indagare e capire il
mondo che ci sta attorno, una lettura attenta a luoghi, emozioni, idee.
Dalle
mappe che appartengono alle tradizioni popolari, a quelle che rappresentano
luoghi specifici fino alle mappe di artisti che mostrano un altro tipo di
territorio inesplorato, l’immaginazione.
My
three years old daughter, on the other hand, can generate map after map, each
with an elaborate verbal narrative in place of a key. She has learned about
maps in preschool but not to the extent that she thinks there is any “right”
way to draw them. The child are born cartographers, eager to claim their own
territories and impose order on surroundings that are widening and becoming
more complex by the day. Fare architettura è un po’ come
disegnare mappe che rappresentino la vita delle persone.
Gianni Pettena (a cura di) (1996)
Radicals. Architettura e design. 1960/1975
Il Ventilabro, Firenze
Il catalogo dell’omonima mostra (presentata alla VI
Biennale di architettura di Venezia) è un viaggio preciso in un determinato
periodo storico che coglie e racconta la nascita di una serie di
sperimentazioni e teorie che hanno portato alle attuali visioni
dell’architettura. Quello che i protagonisti di quegli anni cercavano di
prefigurare oggi è diventato realtà; il movimento radicale è stato un momento
di passaggio verso una nuova idea di modernità e ha creato un immaginario al
quale ancora oggi si attinge nel fare architettura.
È importante comprendere che, nelle sue caratteristiche
di messa in discussione dello scenario architettonico, l’atteggiamento radicale
rimane di grande attualità per definire e denunciare inquietudini e
insoddisfazioni sulla condizione anche del dibattito attuale. Se il radicale fu
un’avanguardia, esso lo fu con le medesime intenzioni delle avanguardie
storiche di inizio secolo: le sue visioni utopiche. Le sue contestazioni
ironiche del consumismo, non intesero mai opporsi per distinguere o per creare
spazi di evasione fuori dal sistema. Anzi, la contestazione, come per le
avanguardie storiche fu proprio contro chi sembrava essersi oramai posto al di
fuori della storia, e fu condotta non come un’evasione ma come un tentativo di
maggiore integrazione alle nuove logiche e a nuovi mezzi della società e della
cultura.
James Grier Miller (1978)
Living Systems
McGraw-Hill, New York
Il
libro spiega in modo estremamente articolato la teoria di James Grier Miller
sui sistemi viventi. Una teoria che offre all’architettura un modello pratico
attraverso il quale individuare rapidamente i problemi di una determinata
realtà, indicando possibili azioni in grado di modificarla. Usando la teoria
dei sistemi viventi è possibile affrontare i temi dell’architettura a livelli
differenti, attraverso un processo di semplificazione della realtà. Questo
processo applicato in modi sempre diversi può essere d’aiuto per analizzare i
più complessi sistemi di relazioni.
Félix Guattari (2008)
The three ecologies
Continuum, Londra
Le
tre ecologie argomenta che le crisi che coivolgono il nostro
pianeta sono il diretto risultato della diffusione di una nuova forma di
capitalismo e che un nuovo approccio eco-filosofico deve essere trovato per
rispettare le differenze tra tutti i sistemi viventi. E se tra i sistemi
viventi inseriamo pure l’architettura e la progetttazione urbana, ci rendiamo
conto di quanto sia importante un diverso modo di pensare e di quanto sia
importante il termine ecologia se il suo significato viene esteso a tutti i
campi del pensiero. The three ecologies originate
from a common ethico-aesthetic discipline, and are also distinct from the point
of view of the pratices that characterize them. Their different styles are
produced by what I call heterogenesis, in other words, processes of continuous
resingularization. Individuals must become both more united and increasingly
different. The same is true for the resingularization of schools town councils,
urban planning [...].
Dino Formaggio (1990)
Estetica tempo progetto
Città Studi CLUP, Milano
In questo volume sono raccolte una serie di lezioni di
Dino Formaggio tenute presso la Facoltà di architettura di Milano alla metà
degli anni Ottanta che tracciano una riflessione sull’estetica e sul progetto.
L’estetica, sapere autonomo, è posta in analogia con le
scienze della natura, incontrando le posizioni di punta della scienza
contemporanea.
Il progetto è a sua volta posto di fronte al problema del
progressivo distanziamento dell’esperienza umana dai suoi fondamenti originali,
in particolare dalla sensibilità corporea.
Come accadde per la scienza e per l’arte, anche il
progetto deve, secondo l’autore, assumere come orizzonte il tema della
liberazione.
Bisogna forse dire che l’architettura mette in forma il
tempo? Ebbene in un primo momento sarei portato a dire proprio questo. Al di là
della vecchia formula arte dello spazio, anche l’architettura è un’arte del
tempo. Mette in forma il tempo; ma quello della fisica quantistica, non quello
della fisica newtoniana, non il tempo T di certe equazioni. Bisogna poi
aggiungere che l’architettura agisce in un suo spazio/tempo; che non è quello
quadrimensionale ma quello di uno specifico campo temporale di energie. Lo
spazio/tempo è un generale campo di energie.
Patrick Chamoiseau (1996)
Texaco
Einaudi, Torino
In
questo romanzo, tempo e città sono al centro della narrazione: una vecchia
abitante della bidonville (Texaco) racconta a un urbanista, arrivato per radere
al suolo l’intero quartiere e ricostruirne un altro, la sua storia, specchio
del quartiere mangrovia. Da principio la mangrovia pare
ostile alla vita. È difficile ammettere che nelle sue tortuosità di radici, di
ombre, di acque torbide, la mangrovia possa essere una culla di vita quale è
per l’ecosistema marino. Essa pare non appartenere né alla terra né al mare, un
po’ come Texaco non è città e non è campagna. Tuttavia la città si rafforza
attingendo dalla mangrovia urbana di Texaco, come da quella di altri quartieri,
proprio come il mare si ripopola grazie a quella lingua vitale che lo collega
alle chimiche della mangrovia.
Le
mangrovie hanno bisogno della carezza regolare delle onde; Texaco per il suo
pieno sviluppo e la sua funzione di rinascita, ha bisogno che la città lo
accarezzi, vale a dire lo consideri.
Tuttavia
la città si rafforza attingendo dalla mangrovia urbana […] e con il racconto lo
convince che radere al suolo Texaco era l’equivalente di amputare la città
d’una parte del proprio futuro e soprattutto, della ricchezza insostituibile
che è la memoria.
Nel corso della narrazione
questa storia diventa la metafora del
rapporto
tra la città coloniale e la città spontanea – Incittà.
Mille
volte costruita e mille volte demolita, questa, nonostante sia il prodotto di
uno stato di necessità e di grande disagio sociale, funziona e si riorganizza
su dinamiche temporali interne, autogenerative, relazionali ed ecologiche.
Nel
libro oltre a tutto questo e alle cose che ciascuno, dopo, porterà sempre con
sé, c’è una tensione nascosta, un fine ultimo: l’idea che scrittura e città
nascono dalla stessa esigenza umana di pensare la memoria e il tempo come
condizione irrinunciabile alla crescita del progetto che deve sempre ascoltare
lo spazio a cui appartiene. Un libro denso e pieno di suggestioni che
raccontano la nascita e lo sviluppo di un quartiere autocostruito e autogestito
senza il contributo di una politica urbana capace di renderlo abitabile. Il
romanzo naturalmente tratta l’argomento attraverso una chiave narrativa molto
particolare ma trova grandi riscontri in quello che succede ancora oggi nelle
periferie del mondo raccontate nel libro Città
ombra (Robert Neuwirth - Fusi Orari 2007). In questo reportage,
l’autore dopo aver vissuto a Rio de Janeiro, Nairobi, Mumbai, Istanbul, traccia
un ritratto fedele delle città dei poveri mettendo in risalto come in questi
luoghi non esista solo la violenza e la degenerazione, ma prevalga la
resistenza e il coraggio di reinventare un sistema di vita. In questi quartieri
ha scoperto comunità compatte, solide, industriose e autosufficienti, in cui è
nata e si sta sviluppando una microeconomia, un sistema di relazioni che
rappresenta senza ombra di dubbio un futuro urbano.
William Mcdonough, Micheal Braungart (2003)
Dalla culla alla culla
Blu edizioni, Torino
Abbiamo
scelto questo libro per tornare al significato più tradizionale di ecologia e
rispondere alla domanda sul come difendere gli ecosistemi dalla nostra
aggressione e arginare l’esaurimento delle risorse naturali. È importantissimo
immergersi in questa ricerca sul campo attenta e originale, nella quale gli
autori non si accontentano di ridurre l’intensità dei processi produttivi,
limitando le conseguenze di una crescita e di uno sviluppo sociale legato al
consumo delle risorse. Si spingono fino a proporre di preoccuparsi di
un’ecoefficacia piuttosto che di un’ecoefficienza. Attraverso questo libro la
nuova frontiera dell’ambientalismo parte dalla progettazione di processi che
prevedano a monte il reinserimento dei materiali in successivi cicli
produttivi.
Se
gli esseri umani desiderano conservare l’attuale stato di benessere, dovranno imparare
a imitare il sistema di flussi di nutrienti e il metabolismo altamente efficace
della natura, dalla culla alla culla, in cui il concetto stesso di rifiuto non
esiste. Eliminare il concetto di rifiuto significa progettare tutto, prodotti,
imballaggi e sistemi, fin dall’inizio in base al principio che il rifiuto non
esiste.
Significa
che saranno le preziose sostanze nutritive contenute nei materiali a modellare
il progetto e a definirlo, che la sua forma sarà determinata dall’evoluzione,
non solo dalla funzione. Siamo convinti che questa sia una prospettiva
decisamente più valida rispetto a quella odierna.
Kevin Kelly (2004)
Out of Control: The New Biology of the Machines
Fourth Estate, Londra
L’autore
di questo libro è stato il co-direttore della rivista controcorrente di
informazione tecnologica e culturale Wired.
Kelly sostiene che le stesse regole che governano i sistemi biologici possono,
devono e saranno in un prossimo futuro applicate anche ai sistemi tecnologici e
alle reti informatiche. Queste regole definiscono una nuova urbanità su cui si
fonda la modernità debole e diffusa di cui parla anche Branzi. Il libro è
un’acuta e sorprendente analisi di quelle piccole trasformazioni che
rivoluzioneranno i concetti di ‘meccanico’ e ‘organico’ nel nostro futuro, non
più applicabili solo alle macchine ma che si diffonderanno nei sistemi
politici, economici e in quelli sociali. Individuano regole che possono
strutturare l’architettura: l’essenziale è essere capaci di dar vita a un nuovo
spazio psicologico per la coesistenza. Questo
genere di ecologia comunicativa è caratterizzata dalle immagini dell’Essere in
Fermento, Decentrare, Non controllare, Espandere, Non dirigere, Fluire, ed è
una Forma di Movimento che è anche Auto Organizzativa. Ha le qualità di essere
Aperta, Capace di improvvisare, Partecipativa, Relazionale, Democratica,
Polifonica, Imprevedibile e Generativa. Dello stesso autore Nuove regole per un
nuovo mondo (Ponte alle Grazie, Milano 1999).
Ludovico Quaroni (1976)
Immagine di Roma
Laterza, Roma-Bari
Immagine
di Roma, pubblicato per la prima volta nel 1969, ha formato diverse
generazioni di architetti romani. Il libro ripercorre la storia di Roma
partendo dall’assunto: Nello spirito degli uomini e
nello spazio delle architetture è viva, sempre, tutta la storia di un
determinato luogo.
Roma
è vista attraverso la sua luce, i suoi colori, è la città dove spazio e tempo
hanno una propria dimensione per cui il grande e il piccolo si confondono e da
metropoli e urbe eterna, Roma diventa una città di provincia.
Roma
vive il paradosso di essere un mito carico di storia dove la storia è causa
della sua impasse. I romani,
popolo controverso, rassegnati e fatalisti, soggetti al vivere e lascia vivere,
alle cose come sono, condannati tra monumentalità e quotidianità, vivono di
contraddizioni. Basti pensare che lo stesso Romolo, fondatore della città, è
ucciso dai senatori e dopo la morte divinizzato.
La
sua importanza storica è quella che è: tutti la conosciamo, e non vale la pena
di misurare la portata dei singoli avvenimenti, di valutarne il segno, positivo
o negativo che sia. La lezione che Roma può dare è proprio questa: che tutto
passa e tutto resta, come ognuno gradisce, e le cose grandi sono piccole e
viceversa […]