DEI FILM PER TUTTI


The Booklist continua ad ospitare contributi esterni ecco allora una nuova riflessione sui film di Ila beka e Louise Lemoine che a Settembre riprendono la presentazione dei loro film all'interno dei musei italiani, un occasione per immergersi nel loro particolarissimo mondo. 

31 agosto / 3-6-10-12 settembre, Salerno
11 settembre, Maxxi, Roma, “Gehry’s Vertigo”. Introduzione di Elena del Drago (critico d’arte)
18 settembre, Maxxi, Roma, “Inside Piano”. Introdotto da Marco Brizzi (curatore)
20 settembre, Centro Pecci, Prato, proiezione a ciclo continuo, 

dibattito con Ila Bêka e Louise Lemoine (h. 19)


















Living Architectures Marathon
in un post di Tommaso Avellino


Un caleidoscopio di immagini pervaso da uno humour brillante e da un’ottima vena poetica. Ilarità e sonore risate, contrappunti aspri e spunti di riflessione. Il piacere del grottesco e il fascino degli antieroi in una varietà di situazioni e di toni, dalla commedia ridanciana al dramma, dal grottesco al realismo più accentuato….Questi potrebbero essere una serie di commenti e slogan per definire e pubblicizzare film di registi come Emir Kusturica, Aki Kaurismäki e perché no, Federico Fellini! E invece? E invece ci troviamo di fronte ad una serie di brevi quanto intensi film sull’architettura!






Ila Beka e Louise Lemoine realizzano un viaggio/visita guidata attraverso alcune opere di architettura contemporanea (Koolhaas Houselife, Xmas Meier, Gehry's Vertigo, Inside Piano/The Submarine) riuscendo in maniera efficace e brillante a farci conoscere intimamente queste costruzioni. 

Punto di partenza di questa serie di film è il punto di vista: si tratta di racconti realizzati in “soggettiva” attribuendo istintivamente al pubblico il ruolo di esploratore dei luoghi. Sono delle visite che si realizzano attraverso il nostro sguardo, con i nostri occhi. Una esplorazione quasi casuale degli spazi con un andamento al limite del turistico: autentiche passeggiate dove lo sguardo e il caso provocano il movimento negli spazi e l’osservazione dei dettagli. 





L’architettura è raccontata senza alcun filtro: non si tratta di reportage patinati in cui grandangolo e inverosimili punti di vista intervengono al fine di rendere le forme e gli spazi più espressivi. Le architetture sono raccontate intimamente nel pieno delle loro funzioni e del loro esercizio. Ila Beka e Louise Lemoine hanno un atteggiamento per niente celebrativo e reverenziale verso le architetture visitate, riuscendo nel loro racconto ad usare un linguaggio semplice ed immediato. I due autori riescono attraverso uno sguardo volutamente naïf e con una grande carica espressiva a scavare nel valore profondo degli spazi e dei luoghi: come nella scena della pulizia dell’interno del Guggenheim di Bilbao con tanto di imbragatura da alpinista, o nel fischio risonante nell’Ircam di Piano o ancora nelle numerose infiltrazioni d’acqua (sic!) nella villa progettata da Koolhaas. Scene e situazioni di intimità e quotidianità che, come nelle migliori commedie post neorealiste, si trasformano da drammatiche in comiche e viceversa: sguardi innocenti ma carichi di significati.




Il secondo elemento fondamentale sono i personaggi presenti nei film. La bellezza, si questa grande, di questi film si compie e si esprime nel racconto delle persone che s’incontrano a volte in maniera casuale in questi luoghi. Sono loro, con le loro azioni, le parole, le battute e le loro riflessioni che riescono a rendere viventi queste architetture. E’ questa l’altra efficace intuizione narrativa, e cinematografica, che i due autori fanno propria. 

La videocamera segue, insegue e quasi spia, come in una sorta di reality architettonico, i personaggi che incontra, cambiandone il ruolo e l’azione e trasformandoli, forse, nei veri protagonisti dei film. E’ attraverso delle interviste itineranti nei luoghi e negli spazi che si sviluppa e si struttura il secondo elemento base dei racconti. Queste architetture vengono svelate e rappresentate non solo attraverso le riprese, ma piuttosto dall’azione dei singoli personaggi che vengono intervistati e filmati nel pieno delle loro attività: che sia il giardiniere, la signora delle pulizie, il parroco, l’ingegnere del suono oppure un abitante del quartiere. E’ come in un film corale in cui ogni personaggio aggiunge un dettaglio destinato ad arricchire l’affresco e il quadro d’insieme.










Che dire dello straordinario intervento del figurante di “The Passion” di Mel Gibson con la sua Giulia Alfa Romeo e la sua parlata alla “terrunciello” stile Diego Abatantuono, o ancora la signora delle pulizie, con accento spagnolo, nella Villa progettata da Koolhaas? Una fantastica ed esilarante carrellata di caratteristi degni di un film di Fellini, Kusturica o di tante commedie neorealiste. Ila Beka e Louise Lemoine riescono a dirigere tutti i protagonisti facendoli muovere e agire come se si trovassero in un set cinematografico nella quale ogni attore recita la propria parte interagendo con la scenografia ambientale, e cioè l’architettura, reale figura centrale della scena. 

E’ proprio il cinema il terzo elemento su cui si sviluppano i film : Ila Beka e Louise Lemoine usano un linguaggio visivo molto ricco ma, al tempo stesso, semplice e leggero. Vi è sempre la superficialità dello sguardo che guida le esplorazioni. I film iniziano a volte con delle visioni parziali per poi lentamente svelare la vista d’insieme delle opere architettoniche. Ma si tratta sempre di una narrazione cinematografica in cui la profondità di campo, o la sua assenza, la costruzione delle sequenze e degli spazi, la sovrapposizione di luoghi e personaggi vengono riprese dal grande cinema. Come non vedere un riferimento al “2001 Odissea nello Spazio” nella simmetrica e statica ripresa della hostess ruotante nell’astronave e la signora delle pulizie in elevazione sulla piattaforma mobile nella villa progettata da Rem Koolhaas? Per arrivare all’omaggio esplicito come nel titolo del film sul Guggenheim di Bilbao “Gehry's Vertigo” o ancora in una delle scene finali del film “ Koolhaas Houselife” con la proiezione del film “Mon Oncle” di Jacques Tati che scorre in un televisore acceso in uno degli ambienti della villa. Messa in scena, spazio, recitazione, tipizzazione, riprese, scala del racconto e della rappresentazione, costruzione e decostruzione degli spazi, suono e musica sono tutti elementi prestati dal cinema che contribuiscono alla riuscita di queste pellicole. 

Nei film non vi è alcun intento didattico. Gli edifici non vengono né spiegati né definiti. Non vi è traccia di linguaggi accademici e/o specialistici, vocaboli complessi, intellettualismi, pindarici grovigli di parole e pensieri dalla pura finalità narcisistica per chi li esprime. Con un moto quasi involontario i due registi sviluppano un quadro analitico, critico e, a volte, dissacrante delle architetture e dei luoghi che visitano, dando forma e sostanza ad un originale sguardo con il quale “saper vedere l’architettura”:”…il carattere precipuo dell'architettura - il carattere per cui essa si distingue dalle altre attività artistiche - sta nel suo agire con un vocabolario tridimensionale che include l'uomo. L'architettura invece è come una grande scultura scavata nel cui interno l'uomo penetra e cammina... L'architettura non deriva da una somma di larghezze, lunghezze e altezze degli elementi costruttivi che racchiudono lo spazio, ma proprio dal vuoto, dallo spazio racchiuso, dallo spazio interno in cui gli uomini camminano e vivono...Impossessarsi dello spazio, saperlo "vedere", costituisce la chiave d'ingresso alla comprensione degli edifici. (Bruno Zevi “ Saper vedere l’architettura”). 

I film riescono brillantemente nella difficile operazione di mantenere più livelli di lettura: gli architetti saranno liberi di riflettere sulle tante questioni introdotte così come lo spettatore comune potrà osservare da vicino delle opere di architettura contemporanea spogliate della loro griffe e strappate dall’inserto patinato del week end allegato con il quotidiano di turno. Curiosità, attenzione, esplorazione, osservazione indagine, ironia, comicità, dramma, sarcasmo 

Ila Beka e Louise Lemoine realizzano delle fantastiche promenade architecturale cinematografiche riuscendo a rendere vive le architetture visitate. Insomma, Living Architectures: dei film per tutti!!!