ARCHITETTURA COME MEDIUM


















Marta Magagnini
PIC architecture
Il medium è il montaggio
LetteraVentidue 2014


Ho conosciuto l'autrice del libro in rete, ancora non ci siamo mai incontrati di persona, ma questo non significa che scrivendosi e frequentandosi sui social non si possano stabilire scambi di opinioni e una condivisione di idee. Quindi cara marta  inizio questo scritto da dove è cominciata la nostra amicizia virtuale, dai  
possibili  titoli.

Pic Architecture: il medium è il montaggio a cui segue un elenco delle tecniche utili alle operazioni di montaggio.
Ecco semplicemente io avrei tolto l'invenzione linguistica di quel pic (abbreviazione di picture) che racchiude anche forse solo attraverso il suono che si ottiene pronunciandolo  il gesto di selezionare un qualcosa che verrà utilizzato per immaginare l'architettura, un rumore prodotto dal mouse di un computer forse.
 Il medium è il montaggio, il sottotitolo è estremamente più chiaro, più letterale e didascalico forse, ma è un bel titolo, che definisce alla perfezione il tema del libro, che pur essendo un solo libro ne racchiude diversi. O meglio è la scrittura stessa che possiede letture multiple, in cui si riconoscono almeno tre percorsi diversi. Ognuna dei quali utile, a capire come si costruisce un immagine.
 La prima è una  storia della tecnica un vero e proprio manuale che definisce i confini del montaggio di architettura, dal collage, al rendering passando per tutti i tipi di manipolazioni di una matrice unica la fotografia.
La seconda il racconto per immagini, veramente ben riuscito, che mi sarebbe piaciuto continuasse all'infinito, perché Marta Magagnini per arrivare a questa selezione ne deve aver archiviato e studiato parecchio di materiale.
Terzo percorso il racconto diretto, ben guidato dall'autrice, di alcuni protagonisti della scena architettonica più radicale mi riferisco a chi ha fatto la storia dell'immagine di architettura Cristiano Toraldo di Francia (Superstudio) e chi la sta facendo proprio ora confezionando alcune delle più staordinarie immagini di architettura, che sarebbe riduttivo chiamare disegni o montaggi, Beniamino Servino.
E poi la scena artistica, con autori la cui ricerca è fondata sulla matrice stessa dell'architettura, Giacomo Costa, Botto e Bruno.
Tre linee di pensiero tecnica-immagini-autori che si intrecciano perfettamente in un linguaggio asciutto e volutamente quasi scientifico. Ma andiamo per ordine analizzando tutti questi percorsi paralleli.
Per apprezzare questo libro è necessario prima di tutto comprendere il significato che si vuole attribuire al termine medium, e magari forzarne un pò il significato. Per farlo faccio riferimento ad un saggio di Rosalind Krauss Sotto la tazza Blu (1).
In questo libro la Krauss sostituisce la nozione classica di medium, tecnica, con quello di supporto dell'opera, in quanto  questi supporti tecnici a cui fa riferimento l'autrice sono generalmente presi a prestito dalle forme disponibili della cultura di massa (alla base del collage infatti c'è il frammento del quotidiano che arriva sotto diverse forme, anche quelle più legate alla rappresentazione dell'architettura, disegni e modelli) la necessità di questa sostituzione è insorta dall'unità discorsiva del postmoderno, che ha decretato obsoleta l'idea stessa di medium come pura tecnica (per gli architetti il disegno), quindi in tutti questi montaggi il filo conduttore utilizzato per definire un idea è senza dubbio l'architettura. La storia del montaggio non è databile e si perde nel tempo e coincide con lo sviluppo stesso della tecnica fotografica, però è indubbio che in un periodo specifico, gli inizi degli anni 60, il montaggio o collage (la differenza la Magagnini la spiega molto bene da un punto di vista tecnico) assume un significato diverso. Si allontana dalla rappresentazione dell'architettura come progetto, e si avvicina di più all'arte concettuale in questo momento l'architettura diventa il medium attraverso il quale raccontare altre storie.




Ecco che quindi seguendo questa lettura del saggio della Krauss, il titolo perfetto sarebbe stato, L'architettura come medium nella produzione di immagini. (scusa Marta mi è venuto in mente solo adesso il titolo giusto che dovevo consigliarti)
La logica il discorso si sostituisce ad un tipo di materia  poiché il paradigma è un supporto logico, può sostituirsi a una sostanza fisica nel fondare le regole di un medium.
Basta pensare all'uso che ne fa Hans Hollein, per capire come i significati della realtà diventavano architettura. In quegli anni il disegno scompare (in realtà non scompare mai ma si sposta di livello ed assume un significato altro) e appare la fotografia come strumento di comunicazione.




Oggi poi questa evoluzione assume caratteri diversi, che dovrebbero essere oggetto di analisi approfondite per non incappare nella semplicistica presa di posizione contro le forme di rappresentazione che tolgono (almeno in italia significato all'architettura indebolendola) questo è l'errore più grande che può fare il lettore superficiale, ed attenzione ne girano tanti. Ma questa è un altra storia, la storia di chi non sa guardare, perché guardare oggi non è più pensare al significato delle cose, ma è filtrare le informazioni che ci piovono addosso. Oggi questo tipo di immagini non sono più comprese nel loro significato profondo, e vengono trattate come esercizi di stile. Per fortuna fuori dai nostri limitati confini, è un altra storia.
Il MoMa di New York organizza una mostra dal titolo Cut & Paste in cui storicizza la pratica del collage.  Ci sono le riviste e il lavoro di tanti architetti contemporanei, che indagano questo medium in modi diversi. Forse qui posso inserire un consiglio per Marta, il prossimo libro potrebbe scegliere una delle tre scritture parallele e portarla in profondità ad indagare la contemporaneità. Un libro di sole immagini, un libro di sole interviste brevi a tutti quelli che usano questa forma di montaggio, oppure un saggio interpretativo. Quindi e da un libro ben fatto ne possono nascere altri tre.
L'importante è che la lista di immagini di artisti o architetti però sia sempre accompagnata dai testi per evitare il problema che pongono molti social network, quello della superficiale linea dell'elenco senza contenuti.





Ma torniamo al libro, è inevitabile non parlare di Superstudio che più di ogni altro gruppo ha segnato sia da un punto di vista tecnico sia dal punto di vista di contenuti la storia del montaggio. Nell'intervista a Cristiano Toraldo di Francia è bella la linea del racconto, che come nel libro intero della Magagnini tocca e sfiora registri diversi, dalla singola immagine si passa ai frammenti che la compongono, fino a toccare la produzione dell'imagine stessa, Cristiano sottolinea come da una singola fotografia e dagli storyboard dei progetti, spesso scaturivano pensieri diversi che poi solo la meticolosa tecnica di Piero Frassinelli poteva tenere assieme, e di come da un prima immagine gli altri componenti del gruppo ne producevano altre versioni che approfondivano il senso del discorso, nei collage entravano a far parte testi, disegni,  fotografie,  il tutto dava forma non tanto ad un progetto quanto ad un' idea di architettura di cui il progetto era solo una delle componenti. L'architettura come medium piuttosto che il montaggio come medium, ecco ora sono convinto questo è il vero significato di questo libro.


Non è un caso che gli artisti, Giacomo Costa e Botto & Bruno che la Magagnini ha scelto per questa storia, non siano tanto attratti dalla forma del collage quanto dalle potenzialità dell'architettura da usare come frammento, Giacomo Costa parte dal collage di edifici diversi, e poi si ritrova a lavorare con i render immaginando atmosfere in cui l'architettura è espressione del mondo che cambia. Botto & Bruno montano  frammenti di fotografie e arrivano attraverso montaggi sempre più grandi a costruire spazi e paesaggi urbani, che poi comprimono ed utilizzano per reinventare l'interno.
Insomma il montaggio diventa una forma narrativa, da usare in condizioni e per scopi diversi,  che in questo libro viene raccontata benissimo insistendo sull'assoluta necessità di continuare a considerare il medium specifico come base della coerenza estetica dell'autore.
A questo punto non posso non citare Beniamino Servino, che sebbene  abbia creato nei fruitori di Facebook un overdose visiva, è uno dei pochi a riuscire a trasformare il montaggio in forma di creazione teorica, dove testo, frammenti di architetture del passato, si mescolano ai suoi frammenti personali, alle sue ossessioni ma anche alla consapevolenza che è necessario intervenire sul nostro paesaggio per restituirgli bellezza e forza, e questo lo può fare solo l'architettura.
Servino opera con la sua ossessiva presenza (ai social si sovrappone anche un incredibile produzione di libri compressa in pochi anni) attraverso la quale produce una smaterializzazione dell'oggetto d'arte (la sua architettura).





Vorrei chiudere  con una citazione del libro della Krauss, non me ne voglia Servino a cui le citazioni non piacciono, perché come  sostiene un altro grande architetto contemporaneo Aristide Antonas, che ha trasformato il collage in una forma di comunicazione essenziale, oggi si deve imaparare a disimparare.

La Krauss dice che l'arte è un modo per apprendere ad abitare meglio il mondo; non riguarda realtà utopiche ma modi di esistenza o modelli d'azione all'interno del reale esistente, quale che sia la scala scelta dall'artista e il criterio di giudizio per questo nuovo genere di opere sarebbe il valore simbolico del mondo che propone, dell'immagine delle relazioni umane che riflette.





 E' d'obbligo a questo punto  riportare il discorso su un altro obbiettivo importante che è anche quello di muovere alcuni passi nell’indagare come le tecniche informatiche si siano appropriate dell’eredità meccanica e quali significati porti con sé la trasformazione mediatica dal montaggio analogico alle contemporanee fotorealistiche prospettive realizzate con la modellazione tridimensionale assistita.
Ancora una volta la tecnica comincia ad essere specchio dei tempi, e forse tra poco spariranno completamente quelli che ancora pensano al frammento fotografico, e allora la tecnica cambierà ancora una volta chissà verso quale direzione, io sono convinto che fino a quando il medium sarà l'architettura saremo protetti dal rischio di farci ingoiare dal paradigma digitale e dai cambiamenti formali che questo propone dimenticando lo spazio dell'architettura.





(1)

Rosalind Krauss, Sotto la tazza blu, Bruni Mondadori 2012
Rosalind Krauss esplora il rapporto tra i media estetici e la memoria-inanzitutto la sua, messa alla prova da un aneurisma che ha temporaneamente spazzato via la maggior parte dei ricordi. Il libro diventa così per la studiosa l'occasione di ripercorrere le tappe di una lunga riflessione, e di ricostruire un sistema di riferimenti teorici, che viene offerto al lettore nella forma di una personalissima sintesi.