L'OMBRA DELLE COSE

Teju Cole
Punto d'Ombra

Contrasto 2016

Il nuovo libro di Teju Cole é un diario visivo, tra tempi e luoghi diversi, il suo sguardo si muove a scatti, una foto evoca un pensiero un pensiero è scritto attraverso un'immagine, le due narrazioni si sovrappongono di continuo. Un dettaglio metropolitano, l’interno di un hotel, una persona qualunque, un albero: Teju Cole inizia a guardare e rappresentare la realtà in maniera diversa in seguito ad un periodo di semicecità a partire dal quale si pone una serie di riflessioni legate ai temi del “vedere”. 

Un progetto che devo molto ad autori come John Berger, Chris Marker and W. G. Sebald. Ma Punto d’ombra è qualcosa di completamente diverso. Berger ci insegna a guardare per la prima volta ciò che abbiamo osservato tante volte, Marker cerca le imagini girando per il mondo e la propria memoria e Sebald scrive romanzi di cui le immagini, da lui stesso scattate, servono a fissare la visione in alcuni punti del racconto. In Teju Cole ci sono tutte queste cose assieme come scrive Siri Hustevedt nella bella introduzione al libro Le foto di Cole sono anche ombre di cose che potrebbero o meno esistere ancora e di momenti che non si ripeteranno mai più. È il guardare di chi cerca di capire il mondo per poi riscriverlo per lo spettatore-lettore, che anima il libro, lo rende vivo, come un romanzo.

“Una strada non è solo la superficie asfaltata, i palazzi ai lati, le macchine veloci o lente, la gente intorno a te. È anche il modo in cui tutte quelle cose sono in relazione, come si compongono e ricompongono. Appena alcuni elementi si allontanano dal campo visivo, altri diventano visibili: tu ti muovi, le macchine si muovono, altre persone si muovono, persino il sole si sta muovendo lentamente, e in mezzo a tutto questo movimento multidimensionale devi decidere quando premere l'otturatore, decidere quale di questi istanti mutevoli è più interessante degli altri. Un secondo prima, non è ancora successo. Un secondo dopo, se ne è andato per sempre, irrecuperabile.” (Teju Cole)

Cosa significa vedere? Cosa é dentro la persona che guarda e cosa é fuori? Come possiamo analizzare ciò che vediamo? Cole ci da una risposta diretta attraverso il suo lavoro di scrittore atipico che si esprime al meglio quando due forme di scrittura, parole e immagini si sovrappongono tra di loro, allora l'equilibrio prodotto dalla visione ritrova la giusta profondità.

Teju Cole è l’autore di Città Apertae Ogni giorno è per il ladro ed è il critico fotografico per The New York Times magazine. 
La lotta tra l'arte e il groviglio della realtà non produce alcun senso. Cole nei suoi libri il senso lo cerca di continuo,  ci da gli strumenti per aiutarci a trovarlo, lo fa quasi di nascosto. Ogni giorno è per il ladro è un libro molto bello, costruito come un diario di un ritorno a casa dopo quindici anni di America, trascorsi a costruirsi un futuro. E' forse il prologo di punto d'ombra. Un diario di viaggio scritto tra presente e memoria, un romanzo di formazione, seconda parte ideale del primo libro di Cole che raccontava il suo sentirsi straniero negli Stati Uniti, il libro è anche una collezioni di immagini che non fotografano la città ma sottolineano la scrittura con un altra scrittura visiva, frammenti e annotazioni si sovrappongono a piccole storie piene di contrasti che raffigurano una globalizzazione che brucia le vite prima che queste vengano vissute, che sottrae la cultura di un popolo schiacciata dal modello occidentale, unica realtà vissuta anche solo in sogno. La corruzione è un ostacolo e un limite invalicabile, in una città fatta di limiti. La memoria si confonde sempre dietro degli ostacoli, che si oppongono alle cose più semplici della quotidianità, ostacoli e diaframmi che interrompono la visione anche quando la scrittura è fatta di sole immagini. Lagos è infatti una città difficile da vedere, nelle foto di Cole appare spesso sfocata, nascosta da una recinzione, dal vetro di un finestrino, ma questa sfocatura è prodotta dalla delusione di chi forse vorrebbe tornare ma capisce che è troppo tardi, oppure troppo presto.

La gente è così stanca dopo le scocciature di un'ordinaria giornata a Lagos che, per la stragrande maggioranza, una forma di intrattenimento insulsa è preferibile a qualsiasi altra. Questo è il tacito prezzo da pagare per tutte le tensioni accumulate nella vita quotidiana di Lagos: i tragitti di dieci minuti che durano quarantacinque, la mancanza di luoghi raccolti, il confronto costante con i bisogni più basilari dei tuoi. Alla fine della giornata la mente è stanca, il corpo stremato. Il massimo che posso fare e scattare qualche foto. Eppure, eppure questo luogo esercita un fascino primitivo su di me. Non c'è fine all'incanto. La gente parla di continuo, facendo appello a un senso della realtà che non è identico al mio. Trova soluzioni meravigliose per problemi complicati, e in questo vedo una nobiltà di spirito che è ormai rara nel mondo.......tornerò a Lagos devo tornare.......(TC)