INTERMEZZO


Sono giorni che  si leggono un po' ovunque sui social network questi versi, la maggior parte delle volte erroneamente  attribuiti a Pier Paolo Pasolini che ne ha curato invece la traduzione italiana, in realtà furono scritti da Lawrence Ferlinghetti, in occasione del cinquantenario della pubblicazione di “On the Road” di Jack Kerouac, manifesto della Beat Generation, ispirandosi ai versi del poeta libanese Kahlil Gibran.



Pietà per la nazione



Pietà per la nazione i cui uomini sono pecore
e i cui pastori sono guide cattive
Pietà per la nazione i cui leader sono bugiardi
i cui saggi sono messi a tacere
Pietà per la nazione che non alza la propria voce
tranne che per lodare i conquistatori
e acclamare i prepotenti come eroi
e che aspira a comandare il mondo
con la forza e la tortura
Pietà per la nazione che non conosce
nessun’altra lingua se non la propria
nessun’altra cultura se non la propria
Pietà per la nazione il cui fiato è danaro
e che dorme il sonno di quelli
con la pancia troppo piena
Pietà per la nazione – oh, pietà per gli uomini
che permettono che i propri diritti vengano erosi
e le proprie libertà spazzate via
Patria mia, lacrime di te
dolce terra di libertà!



Pity the nation whose people are sheep,
and whose shepherds mislead them.
Pity the nation whose leaders are liars, whose sages are silenced,
and whose bigots haunt the airwaves.
Pity the nation that raises not its voice,
except to praise conquerors and acclaim the bully as hero
and aims to rule the world with force and by torture.
Pity the nation that knows no other language but its own
and no other culture but its own.
Pity the nation whose breath is money
and sleeps the sleep of the too well fed.
Pity the nation — oh, pity the people who allow their rights to erode
and their freedoms to be washed away.
My country, tears of thee, sweet land of liberty.




Lawrence Ferlinghetti