CONVERSAZIONI NOTTURNE



Stefano Graziani
Conversazioni Notturne/Late night conversations
a cura di Alessandro Dandini de Sylva
19 giugno - 26 luglio 2013
Fondazione Pastificio Cerere, Roma

 
Una mostra che riflette sull'atto del vedere. Vedere come strumento di conoscenza ed interpretazione della realtà. 
Oggetti, forme di vita, spazi, isolati ed organizzati in modo da formare un archivio del reale, un enciclopedia del mondo conosciuto utile per comprendere, assimilare ed interpretare i segni nascosti, ma anche quello che guardiamo tutti i giorni, e a cui troppo spesso siamo indifferenti.
Una serie di fotografie senza nessun apparente relazione tra loro, se non quella di una lunga lista capace di generare un processo conoscitivo e di approfondimento Stefano Graziani trasforma il documento fotografico in un potente strumento di stimolo dell'immaginazione e grazie a questo, di rigenerazione poetica.
La foto viene scattata in un momento e poi con il tempo assume diversi significati.









Ogni immagine racconta una storia, storia che si trasforma e assume significati diversi per ogni visitatore. Non necessariamente la mente del fotografo e la sua immaginazione coincidono, con quella dell'osservatore, che anche se distratto immagina ed inventa storie. Si crea un sistema di relazioni nascoste, tra i visitatori e l'artista, un gioco di rimandi conoscitivi e interpretativi dove i significati assumono strutture diverse tra loro.
La fotografia quindi non è più spechio della realtà ma specchio dell'anima. Un enciclopedia visiva capace di rigenerare di continuo la propria struttura.









Quell'immaginazione geologica che Anselm Franke definisce come un delirio che risveglia i sogni, attraverso i quali, il più estremo passato e il più lontano futuro, diventano ancora una volta la stessa cosa.
La cosa più interessante della mostra è che nel suo compilare una lista, non genera priorità non da un ordine precostituito degli elementi, crea interferenze. Queste interferenze rompono l'equilibrio tra realtà ed atto interpretativo ed alcune foto restano impresse a lungo, senza un effettivo perché, una reazione sensoriale, uno stimolo mnemonico. Come il protagonista di Memento che ricordava attraverso la lettura di messaggi tatuati sul suo corpo, il visitatore riscopre se stesso attraverso oggetti, ed elementi apparentemente sconosciuti ma che in realtà gli appartengono da sempre.
Forse questi scatti nascondono attimi della nostra vita che vengono così riscoperti dall'inconscio per apparire sotto una forma completamente nuova.
E restano li, sono giorni che mi giro per cercarle, ci sono e non ci sono, qualcosa mi spinge a tornare ancora a visitare la mostra, e forse cercare quel testo incompleto che ancora non c'è, un' infinita raccolta di ricordi.






Mi sono chiesto spesso se si può usare la fotografia per scrivere un testo, o meglio se una serie di fotografie diverse come queste prodotte da Stefano Graziani possano essere considerate alla pari di un lavoro testuale, una riflessione  in cui il medium fotografico è reinventato, e viene utilizzato non come sistema di produzione di immagini ma piuttosto come produzione teorica legata all'idea di quella che Jeff Wall considera come scrittura a specchio (parzialmente riflettente) che definisce appunto  storie.
Non è un caso che Graziani abbia curato la raccolta di scritti di Wall  immergendosi in un periodo ben definito dell'arte, la nascita dell'arte concettuale, momento in cui la fotografia assume significati nuovi e diversi. Il suo lavoro si carica di significati, e la fotografia non è più tale.
Un punto di fuga nella logica dell'estetica, un punto di fuga che potrebbe in effetti essere fuggito-dal momento che è ormai raro lo si prenda seriamente - ma che ciononostante, pervade l'intero spettro delle pratiche contemporanee in cui virtualmente tutto (qualsiasi oggetto, gesto, evento o azione) può essere (ed è) considerato un'opera d'arte.........(1)






Nelle note della raccolta di scritti di Jeff Wall Stefano Graziani riflette spesso sulla fotografia  come sistema di pensiero, lo fa citando Clement Greenberg L'utilizzo di metodi caratteristici di una disciplina per caratterizzare la stessa, non per sovvertirla, bensì per rafforzarla con maggior decisione nella sua area di competenza.
Sono sicuro, e lo spero,  che questa piccola mostra si rafforzerà con un libro e diventerà racconto di un esperienza, siamo solo all'inizio di un percorso di ricerca interessante e singolare, ma è un buon inizio.


(1)  Jeff Wall  GESTUS scritti sulla fotografia  quodilibet Abitare 2012 a cura di stefano graziani
il riferimento è al saggio scrittura a specchio (parzialmente riflettente)