LA FINTA BELLEZZA

La Grande Bellezza
Paolo Sorrentino
Umberto Contarello
Skira 2013






Il cinema è una possibilità di sopravvivenza di fronte alla delusione che offre tutti i giorni la realtà.

In verità, è il tempo che, determinando la realtà, la rende deludente. Ma la realtà se scomposta, frantumata, ripensata, rielaborata, può diventare un grande spettacolo.
Il   Maestro

Ecco non volevo perdere l'attimo per scrivere un commento immediato, sono appena uscito dal cinema, la grande bellezza raccontata in questo film è in realtà la finta bellezza di Roma ...per quanto Sorrentino sia un grande narratore, il film è debole proprio perché nasconde la storia dietro un linguaggio di maniera. Non racconta Roma ma un'idea consumata della bellezza della città, un giro turistico che toglie il fiato solo a chi Roma non la sa guardare, Fellini era riuscito limitando il campo a raccontare, un periodo ed uno scorcio di questa città, nella Dolce Vita  Roma era sfondo ma non figura. 
Anche Servillo purtroppo recita Servillo.
Unica grande verità che Sorrentino coglie (non ha caso poi lo fa dire ad un romano) è che Roma brucia e consuma il tempo, e non te ne accorgi, e quando lo fai forse è troppo tardi, o forse magari no.
Un lungo video clip, tecnicamente perfetto, anche se la carrellata di facce e personaggi, è scontata lo stesso Jep Gambardella / Servillo è esattamente come  vorremmo  che fosse, quasi  sempre sopra le righe.
Se Sean Penn è stato il filo che ha tenuto assieme la storia di This must be the place, Servillo non riesce a tenere, proprio per la sua bravura.
Il film precedente era molto più poetico, proprio perché l'America è lontana da Sorrentino e quindi spariva dietro la storia qui purtroppo sono la storia e le storie a sparire, manca qualcosa.
E forse a risentire di questa mancanza è proprio la grande bellezza.










Prima di dirottare l'idea su un film avevo pensato di fare di Jep l'eroe di un libro. Nei romanzi (almeno per come li concepisco) si può essere molto più liberi. Solo facendo i primi sopralluoghi, le immagini hanno preso il sopravvento sui personaggi e sull'intreccio. (1) 

Questo è vero, le immagini hanno preso il sopravvento, anche sulla città stessa, Sorrentino  al pari di tanti (ahimè) registi stranieri, ma Sorrentino vive a Roma, racconta la superficie di una città che non esiste, fatta di tramonti, luci e ombre. Di personaggi stereotipati, preti e suore attraversano la scena di continuo, la romanità lasciata ad un paio di battute sparse qui e là a farci credere che che siamo a Roma e non su un set di  Cinecittà, mentre la città è altrove, nascosta in quegli angoli che lo stesso Sorrentino sa che esistono ma in realtà  tiene nascosti, per proteggerli forse, ci sono luoghi nel centro storico,-chiese, piazzette vicoli- che pur essendo antichissimi, sembrano completamente privi di identità, svincolati dal contesto come la lounge di un aeroporto. Non conducono da nessuna parte sono disabitati. Non servono a niente e a nessuno. Capisci quanto questo sia eccitante per chi fa cinema?
E allora perché non dare spazio a questi luoghi? Perchè non lasciare spazio a Roma?

















Uscito dal cinema mi sono chiesto con insistenza cosa voleva rappresentare Sorrentino con questo film, ovvio per la critica forse legittimare una linea di continuità con Fellini, glorificare il prorpio sguardo,  ma Fellini era altro.
Volevo raccontare la fatica di vivere. E se questa fatica in un periodo come quello che stiamo vivendo è un uomo che nuota contro una corrente artificiale in una villa romana, ed una serie di feste in terrazza, qualcosa di sbagliato, in questa visine  c'è.
Io penso che forse il riferimento più diretto è il film di Ettore Scola Brutti Sporchi e Cattivi, una Roma ai margini, cinica cattiva, una lotta per la sopravvivenza che guardava S.Pietro da lontano. Questa Roma si è evoluta, ci siamo avvicinati a S.Pietro, ma il suo cinismo e la sua cattiveria è inalterata. 
Solo la ricchezza, forse, l'ha cambiata definitivamente.
Il film è un grande spot  e forse l'immagine più emblematica è quella dell'unico cartellone  illuminato, Martini,  in una scena che ci dice che Roma più che città è  oramai solo un prodotto come tanti, da vendere e consumare.
Sono rimasto con uno strano sapore allora il giorno dopo sono corso a comprarmi la sceneggiatura per cercare di capire. Più ricca con tante scene e tanti monologhi e personaggi, poi spariti nel film, come il maestro della citazione che apre questo scritto.










Il libro è un altra cosa, un teorema alla ricerca di un se stesso perduto, ovvero di ciò che si è diventati e di cosa sia rimasto del talento di un tempo, la grande bellezza è invece nella testa e nella memoria di chi legge, ognuno vede la sua Roma, perchè qui finalmente il racconto prende il sopravvento sulle immagini.
La sceneggiatura scritta con Umberto Contarello rivela un aspetto non troppo scontato, che Sorrentino prima di tutto é scrittore straordinario che conferma tutte le promesse del suo primo e secondo romanzo.
Come é stato per  Tony Pagoda, qui è Jep Gambardella il distaccato e disincantato protagonista che sa guardare, e di più sa raccontare il mondo.
Roma è uno dei personaggi, non è una straniera, è sfondo al movimento di tante figure diverse che la popolano con distacco.
Questa raccontata nel libro al contrario del film è la dolente confessione di un uomo che potrebbe dire di aver ballato sui bordi del vuoto, di aver intravisto la grande bellezza, il senso della vita, magari nei suoi ritorni a casa dalle feste, allalba, quando la città eterna si sveglia, e di non averla né rappresentata né descritta. (2) 


La cosa migliore la dice proprio un grande regista italiano intervistato da Jep (non penso sia un caso che questa scena non è inserita nel film): vorrei dire ai miei spettatori:abbiate rispetto per la vostra curiosità. Assecondatela. Molti la frenano.

È indubbiamente tra queste righe la semplice bellezza, è qui nel racconto di Roma e dei suoi personaggi, nella curiosità nascosta, nel suo tempo lento  e non nella sua immagine.






(1) tutte le Citazioni di Sorrentino sono riprese da un intervista rilasciata ad Alessandro Piperno sul corriere della sera 9/06/2013


(2)Una bella recensione di Carlo Di Stanislao anche se non condivido affatto l'entusiasmo per il film che cerca di sovrastare con la sua retorica la ricerca della bellezza fatta attraverso le parole scritte, che leggiamo con una voce dentro. La Voce di Tony Servillo finalmente libera dalla sua maschera e anche lei come Roma sedimentata nella nostra memoria.
http://www.improntalaquila.org/2013/la-grande-bellezza-il-libro-59725.html