MANIFESTO DEL DOPOFUTURISMO








Dopo il futuro 
Dal futurismo al Cyberpunk
L'esaurimento della Modernità
Franco Berardi Bifo
Derive e Approdi aprile 2013






Nessuna Immagine per il dopofuturo.

Tutto ha inizio con il Manifesto Futurista di Marinetti, punto finale di quella che può essere considerata come l’ultima grande trasformazione culturale  della modernità. 
Un saggio, un racconto, ma anche un romanzo sulla storia del futuro, o meglio su un idea di futuro, che descrive l’evoluzione della cultura, della società e dell'economia. Questo libro parla di tante cose con semplicità e chiarezza ma prima di tutto descrive la lenta dissoluzione dell’immaginazione avvenuta negli ultimi cento anni (il libro infatti è stato scritto in occasione del centenario del Manifesto Futurista). 
Quale è l’idea di futuro oggi? Perché il futuro non finisce mai semplicemente non siamo più capaci di immaginarlo sostiene Bifo.  E questo perché oggi il progetto del futuro è il progetto del potere finanziario, capace unicamente di creare falsi bisogni. 
Il Futuro non è una dimensione naturale della mente umana, è una modalità del percepire e dell’immaginare, una modalità dell’attendere e del protendersi. E questa modalità si forma e si trasforma nel corso della storia. 
Bifo ci prende per mano e ripercorre la storia, isola i momenti fondamentali, elenca i punti di passaggio, gli eventi che li hanno caratterizzati racconta quello che è stato il futuro attraverso l’analisi del passato, un lavoro di selezione di tempi e modalità che producono variazioni. 
Lo fa attraverso parole chiave che isolano frammenti d’immaginazione, arte e cultura, la nascita della pubblicità e degli strumenti attraverso i quali il Futuro ha preso forma. 
Utopia, Guerra, Progetto, Futuro e possibile, la lenta dissoluzione dell’imaginario e la crescita dell’immagine che con la forza delle visioni (penso ai movimenti radicali in architettura non presenti all’interno di questa storia, ma importanti per noi architetti) danno inizio proprio all’ascesa dell’immagine che attraverso una sostituzione di senso (l’immagine sostituisce l’immaginazione) apre le porte al periodo attuale dove tutto diventa icona da consumare, lo spazio perde valore, il tempo si contrae e quando il tempo perde il suo senso reale il futuro si dissolve. 
Tutto fino alla biforcazione del 1977 quando l’immaginazione utopica diventa una distopia reale. 
E’ il momento in cui l’economia liberista produce le condizioni di mutamento dell’organismo, non agisce più sulle forme di comportamento, non sono più le azioni prodotte da scelte di mercato che creano modificazioni delle relazioni, agiscono nel profondo del corredo biologico dell’individuo, comincia così la lenta modificazione dei comportamenti, cambia quella che lo stesso Bifo chiama la composizione chimica della società. 
Pochi si accorgono di questi cambiamenti biologici, non ci riescono i movimenti, non ci riescono i lavoratori che iniziano a perdere i valori primari che ne contraddistinguevano l’impegno, solo qualche intellettuale si accorge del mutamento in atto, in Italia Pasolini vedeva emergere un nuovo fascismo dal mutamento tecnologico, dalla mutazione antropologica che si declinava con la diffusione della televisione e dei consumi di massa.[1]
In questo momento preciso succede qualcosa muta il significato di tempo, vediamo gli spazi lontani ma qualcosa impedisce la vista del tempo lontano. 
Il tempo misura la distanza tra passato e futuro, ne amplifica i significati e come riporta Bifo citando Kundera è il passato che cambia, mentre il futuro è impossibile da conoscere e meno che mai da modificare.
il passato cambia, man mano che allontanandoci cambiamo prospettiva...il futuro viene verso di noi ciecamente, impossibile da conoscere  impossibile da modificare.
So che forse sbaglio ma cerco di misurare queste distanze attraverso l’architettura e i libri sono indici attraverso i quali cerco di riflettere sulla disciplina. 
Il futuro per l’architettura è oscuro ma il passato ci concede una chiave di lettura per poter continuare ad immaginarlo in modi sempre diversi, ripeto non è una questione di lingua, recuperare il passato e la storia come matrice figurativa del futuro, ma una questione di possibilità rese interpretabili da una lettura di ciò che è stato. 
Nel passato dobbiamo cercare il momento d’interruzione della visione, e forse questo momento politicamente e culturalmente è stato davvero nel 1977, ma tutto comincia quando Amstrong mette piede sulla luna, il momento in cui il futuro diventava realtà e lo stupore diventava coscienza e come ogni conquista, lo sbarco sulla luna ha interrotto il flusso immaginativo, il tempo dei sogni è finito. 
Per proiettare la profondità temporale la mente ha bisogno di disporre oggetti mentali in prospettiva, di elaborare la relazione, la successione, la potenzialità. La saturazione del cervello sociale da parte degli stimoli informativi tende ad impedirlo. Il futuro diviene inimmaginabile. 
Poi arriva l’ultima utopia, la rete che al principio rafforza l’idea di uno spazio della democrazia, che si infrange nel controllo di un mondo sempre più deterritorializzato. 
Ancora una volta l’utopia produce una distopia controllata dal mercato. L’utopia virtuale si è mangiata il futuro. Ed è ancora il tempo a subire un’interruzione, il tempo del lavoro trasformato dalla rete, modifica il corpo fisico, il lavoro cognitivo sostituisce il lavoro come lo abbiamo sempre concepito. La fine del lavoro è l’inizio della dipendenza, dipendenza delle emozioni e del pensiero dal flusso delle informazioni, il lavoratore non controlla più il suo futuro completamente frammentato per essere controllato.
Insomma il Manifesto Futurista si conferma un medium attraverso il quale raccontare la nostra storia. Naturalmente raccontando questa storia, Franco Berardi, ne da una chiara interpretazione, che offre parecchi spunti per pensare il presente. 
Ecco è proprio dal presente che dobbiamo ricominciare mettendo in moto una resistenza, che attraverso un atteggiamento diverso ci faccia ritornare ad essere critici nei confronti di noi stessi, per fare come diceva Bruno Zevi della crisi una valore. 
Nelle ultime pagine l’autore riscrive un Manifesto del dopo futuro, cercando di riappropriarsi di una nozione di tempo e spazio, unica soluzione per continuare a pensare, cercando di capire che non esistono solo posizioni antagoniste, ma che l’immaginazione è di chi riesce sempre a trovare la propria posizione sospesa nel presente. 







MANIFESTO DEL DOPOFUTURISMO 

Di Franco Berardi (Bifo) 


1. Noi vogliamo cantare il pericolo dell'amore, la creazione quotidiana dell'energia dolce che mai si disperde. 

2. L'ironia, la dolcezza e la ribellione saranno elementi essenziali della nostra poesia. 

3. L'ideologia e la pubblicità hanno esaltato finora la mobilitazione permanente delle energie produttive e nervose dell'umanità per il profitto e per la guerra, noi vogliamo esaltare la tenerezza il sonno e l'estasi, la frugalità dei bisogni e il piacere dei sensi. 

4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza dell'autonomia. Ciascuno ha il suo ritmo e nessuno deve esser costretto a correre a velocità uniforme. Le automobili hanno perduto il fascino della rarità e soprattutto non possono più svolgere il compito per il quale furono concepite. La velocità è diventata lenta. Le automobili sono immobili come tartarughe stupide nel traffico cittadino. Solo la lentezza è veloce. 

5. Noi vogliamo cantare l'uomo e la donna che si accarezzano per meglio conoscersi e per meglio conoscere il mondo. 

6. Bisogna che il poeta si spenda con calore e prodigalità per aumentare la potenza dell'intelligenza collettiva e per ridurre il tempo del lavoro salariato. 

7. Non vi è più bellezza se non nell'autonomia. Nessuna opera che non esprima l'intelligenza del possibile può essere un capolavoro. La poesia è un ponte gettato sull'abisso del nulla per creare condivisione tra immaginazioni diverse e liberare singolarità. 

8. Siamo sul promontorio estremo dei secoli… Dobbiamo assolutamente guardare dietro di noi per ricordare l'abisso di violenza e di orrore che l'aggressività militare e l'ignoranza nazionalista possono in ogni momento scatenare. Viviamo da molto tempo nella religione del tempo uniforme. L'eterna velocità onnipresente è già dietro di noi, nell'Internet, perciò ora possiamo dimenticarla per trovare il nostro ritmo singolare. 

9. Noi vogliamo ridicolizzare gli idioti che diffondono il discorso di guerra: i fanatici della competizione, i fanatici del dio barbuto che ci incita al massacro, i fanatici terrorizzati della disarmante femminilità che c'è in noi tutti. 

10. Vorremmo fare dell'arte forza di cambiamento della vita, vorremmo abolire la separazione tra poesia e comunicazione di massa, vorremmo sottrarre il dominio sui media ai mercanti per consegnarlo ai sapienti e ai poeti. 

11. Canteremo le folle che possono infine liberarsi dalla schiavitù del lavoro salariato, canteremo la solidarietà e la rivolta contro lo sfruttamento. Canteremo la rete infinita della conoscenza e dell'invenzione, la tecnologia immateriale che ci libera dalla fatica fisica. Canteremo il cognitario ribelle che si mette in contatto con il proprio corpo. Canteremo l'infinità presente e non avremo più bisogno di futuro. 




[1] Pasolini scriveva sul corriere della sera nel dicembre del 1973 Il fascismo non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo Italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specialmente la televisione) non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata,  per sempre. 
Per un attimo scordatevi di questo libro fate lavorare l’immaginazione e pensate a quello che i social network e il digitale ha prodotto negli ultimi anni, dall’ubriacature tecnologica siamo passati ad un periodo in cui sono i nuovi paradigmi a dettare l’evoluzione dello spazio urbano. 
Le sperimentazioni sono importanti e fondamentali per prefigurare il futuro ma non devono sostituire l’immaginazione, sono solo strumenti di pensiero e ricerca.