VIAGGIO AL CENTRO DELLA PERIFERIA
Note sul
limite, la tangenziale est.
Un dialogo tra Laura Federici e Antonio Pascale
In occasione della mostra di laura federici lungo viaggio al centro della periferia alla Casa dell’Architettura di Roma si è svolto un dialogo tra Laura Federici e lo scrittore Antonio Pascale. Questo dialogo anche se interrotto e completato dalle parole dei tanti architetti presenti ha descritto un immaginario, un mondo sospeso tra memoria pop, ricordi d’infazia ed esperienze personali.
I due Autori cercano di capire e raccontare la città, o meglio un punto specifico della città di roma, la tangenziale est, la Federici lo fa attraverso il colore dei sui quadri, Pascale attraverso la parola, mettendo in scena prima il suo arrivo a Roma da Caserta e poi, l’occhio dell’osservatore che trova e ritrova la tangenziale nei film e alla televisione.
Il
dipingere come sistema di scrittura del tempo,
lo scrivere usato per dipingere luoghi nella mente di chi ascolta, risvegliando ricordi.
Un esperienza intima come quella del
viaggio si trasforma in strumento utile
per interpretare la realtà, per leggere quel territorio
sospeso tra centro e periferia, tra
paesaggio ed infrastruttura.
Un medium usato da entrambi come forma di pensiero
altro.
Laura
Federici trasforma e deforma un'esperienza fisica attraverso medium diversi, video e pittura scrivono il
viaggio attraverso il colore che impressiona la pellicola prima, la tela poi.
Il movimento ripetuto attorno ad un pezzo di città, limite tra condizioni
spaziali diverse, è il risultato della sovrapposizione di frammenti, si
combina in uno sguardo continuo per sedimentarsi e depositarsi
attraverso la pittura nella mente dell'osservatore.
La pittura non è
rappresentazione ma strumento di conoscenza restituzione della percezione dello
spazio.
La cosa
più interessante è che Laura Federici utilizza supporti artistici diversi per
raccontare il suo viaggio, viaggi urbani i suoi, che non coprono lunghe
distanze, ma che dilatano il tempo, in un loop infinito ad ogni giro tutto
cambia di nuovo.
Senza dimenticare che tutto comincia dalla sua fascinazione da bambina per questi luoghi.
Senza dimenticare che tutto comincia dalla sua fascinazione da bambina per questi luoghi.
Gli artisti danno accesso ad alcune regioni del visibile...
Non creano più realmente ma
riorganizzano.
Riorganizzano la memoria. Antonio Pascale invece scrive la città, non dico descrivere perché quello l'hanno fatto in tanti, dico proprio scrivere ricostruirla attraverso le parole, i materiali usati per le costruzioni, i sistemi legali e illegali che ne costruiscono la struttura nascosta, i segni, non racconta i fatti urbani, ma le storie che ci svelano l'evoluzione continua di un luogo.
Riorganizzano la memoria. Antonio Pascale invece scrive la città, non dico descrivere perché quello l'hanno fatto in tanti, dico proprio scrivere ricostruirla attraverso le parole, i materiali usati per le costruzioni, i sistemi legali e illegali che ne costruiscono la struttura nascosta, i segni, non racconta i fatti urbani, ma le storie che ci svelano l'evoluzione continua di un luogo.
Il suo è movimento ripetuto attraversa il territorio, fatto tracciandoci sopra una
griglia per non lasciare neanche un frammento inesplorato, ma poi preferisce perdersi,
perché è solo così che riesce a tracciare una
sua mappa di luoghi e persone.
Entrambi giocano con il tempo ed il movimento, attraversano limiti, per mostrarceli in modi completamente diversi. Ecco alcuni frammenti del discorso di Pascale.
Io bambino ricordo questa tangenziale in costruzione nella sigla di una trasmissione televisiva con la voce di Gabriella Ferri che cantava Dove sta zazà, vestita da clown, e naturalmente nella mia memoria queste visioni di Roma erano visioni diverse rispetto all’immagine della città che avevo da Caserta.
La seconda volta la ricordo nel film Roma Violenta con Maurizio Merli, una scena che durava tantissimo, al cinema Esedra di Caserta, matinè con questi film d'azione che poi continuavano nelle pomeridiane con i film porno. La scena partiva con una rapina in banca, sparavano tantissimo e l’aiutante del commissario veniva sparato alle spalle, e qui cominciava l’inseguimento, i banditi fuggivano su una giulietta truccata…. verso la tangenziale.
Roma violenta aveva a che fare con questo luogo astratto che rappresentava un limite un punto di passaggio tra la Roma classica e una Roma sconosciuta….. oltre la quale anche un rapinatore poteva salvarsi.
Poi una volta venendo in città a trovare gli zii passavamo con la machina sulla sopraelevata….e mio padre disse ''ma che robba è questa cosa, vedo nelle case'' le persone stavano mangiando e noi le vedevamo, entravamo nella loro vita.
Questo per mio padre era uno scandalo un sinonimo di uno sguardo moderno invadente, caotico, disordinato…mentre mio zio al contrario sosteneva la forza della tangenziale che rappresentava un idea semplice di modernità…ricordo questi discorsi...
Quadri e parole, immagini ripetute, dove luci e ombre raccontano il paesaggio della modernità descritto attraverso esperienze, molto private.
Ce ne dovrebbero essere di più di queste occasioni per creare interferenze tra città, arte e scrittura per capire meglio come l’architettura sia sedimentata nella nostra memoria e possa riuscire fuori nel tempo lento che ci accompagna, nonostante tutto.