UNA COLLEZIONE D'ARCHITETTURA














Naturaliser l'architecture
ArchiLab
Marie Ange Brayer
Fredric Migayrou
HYX  2013

Un incredibile collezione di architetture tra presente, passato e futuro:

Lo scopo delle ventitre sedi del Frac (fondi regionali d’arte contemporanea) una per ogni regione, è quella di creare una rete di strutture sul territorio che promuovono la cultura, con organizzazione di mostre convegni e collezioni dedicate ai temi più vari. Sei di queste strutture sono in corso di realizzazione altre sono state appena terminate da architetti importanti, tutti aggiudicati tramite concorso (BIG associati con Freaks hanno progettato la sede di Bordeaux, Odile Decq + Benoît Cornette quella Rennes; Jakob+MacFarlane Orléans; Kengo Kuma & Associates a Marsiglia e Anne Lacaton and Jean-Philippe Vassal a Dunkirk). L’ultima apertura in ordine di tempo è quella del Frac Center di Orleans, che ha come tema della collezione L’architettura sperimentale dal 1950 ad oggi. Forse una della collezioni più interessanti nel circuito dei grandi musei nazionali, inferiore solo a quella del MOMA di New York, del centro Pompidou di Parigi, e del canadese CCA .











Il Museo è diretto da Marie Ange Brayer, e ha aperto nel mese di settembre con un progetto a firma della coppia Jakob + Macfarlane. Tema del progetto costruire un ampliamento dell’ edificio militare del 1837, una bella sfida in cui un edificio contemporaneo si confronta con una struttura storica. Un occasione per il Frac di Orleans di rappresentare la propria collezione, attraverso un progetto realizzato. Il concept è basato sulla manipolazione di una griglia esistente che deformandosi da forma ad uno spazio aperto il cortile e ad uno coperto, il padiglione d’ingresso. La piazza di ingresso raddoppia il suolo creando un sistema di relazioni molto interessante con lo spazio urbano, ad una continuità visiva tra città e museo corrisponde una discontinuità formale, il terreno si solleva e diventa una sorta di terrazza sullo spazio urbano. Il volume del padiglione è formato dalla griglia deformata che costruisce il piano del cortile che con un semplice cambio di materiale si deforma e diventa la pelle di un edificio, realizzato con pannelli in lamiera microforata. Una deformazione del terreno che produce un effetto coinvolgente, un segno che definisce la propria complessità attraverso il contrasto con la struttura esistente. Ma è all’interno che l’edificio delude, perché la forma della tecnologia usata contrasta con le parole chiave dell’architettura digitale, la fluidità è interrotta dalla dimensione della struttura, la complessità formale si riduce ad uno spazio molto tradizionale, molti progetti della collezione risalenti agli anni 50 hanno sicuramente prodotto spazi molto più interessanti, i parametri attraverso cui la griglia si deforma restano concettualmente molto interessanti ma praticamente completamente disconnessi dalla realtà del luogo, insomma il diagramma non fa il progetto, e l'architettura che segue il paradigma digitale continua a produrre spazi molto tradizionali. Un edificio un po’ vecchio nel momento stesso in cui viene completato, ma che sicuramente rappresenta un punto di partenza per una riflessione sull' architettura non standard. Di notte  la pelle dell’edificio si trasforma in un segnale luminoso attraverso la collaborazione con gli artisti Electronic Shadow, che hanno pensato un sistema computerizzato per il controllo delle informazioni che accendono i pixels luminosi. Un software in tempo reale controlla il sistema, articola e rielabora una serie di informazioni legate al clima e alle mostre in corso, trasformando l’edifico in una nuvola di dati.







Il nuovo museo apre con due mostre molto importanti, la nuova edizione di Archilab interamente dedicata, al rapporto tra natura e artificio, che presenta quanto di meglio offre oggi il panorama di architettura digitale. Il design parametrico si confronta con lo spazio della natura, il parametrico crea il suo mondo parallelo, uno spazio nello spazio, un’incessante esercizio sulle forme. 

Nella seconda mostra quella sull’architettura sperimentale viene presentata una selezione dei progetti della collezione, qui le sperimentazioni degli ultimi cinquanta anni di storia mettono in scena un immaginario in cui la forma si confronta sempre con lo spazio domestico o con quello della città.







La ricerca sull’architettura racconta sempre una storia, legata a doppio filo con l’uomo, con il suo presente e il suo futuro, la mia difficoltà di fronte alle sperimentazioni presentate a questa edizione di Archilab è proprio nella totale assenza dell’uomo, nel pensare ad una natura artificiale che cresce indipendentemente dal suo uso reale, e da chi la vive, una seconda pelle, un vestito, un’architettura danno forma al nostro futuro ma allo stesso tempo ci allontano troppo dal nostro passato, da un’idea di spazio per vivere. Poi osservando la collezione si capisce che la vera ricerca deve sempre investire la città il suo spazio e la realtà del mondo che lo circonda, l’insieme delle cose esistenti prima ancora di ciò che le contiene. Questi sono solo alcuni dei dubbi che hanno attraversato la mia mente durante la visita della mostra, la cosa interessante è che un museo, le mostre e i libri collegati, mettono in moto delle riflessioni, e questa è una cosa bella, è il vero motivo che dovrebbe spingere tutti a visitare questi ventitre musei francesi, ognuno in una regione diversa, ognuno con delle storie da raccontare.



Per approfondire consiglio i libri usciti in occasione della mostra, dal confronto dei quali prenderà forma una nuova visione del presente. Naturalizing architecture - Archilab 2013, Architecture experimentales 1950-2012, Art & Architecture collection du frac center, Chronomanifestes 1950-2010 by Bernard Tschumi.





Chronomanifestes 1950-2010 è una selezione operata da Tschumi sulla collezione del Frac, una scelta di progetti manifesto anno per anno, un modo per interpretare una collezione di architettura. 

Uno strumento per riflettere sull'importanza di progetti realizzati e non e sull'influenza di questi progetti sulla realtà.

Una collezione serve a questo, a molteplici interpretazioni, perchè una volta che viene catalogata e organizzata è uno strumento importantissimo per pensare il futuro.
Discorso diverso per gli altri due volumi, Architecture Experimentales 1950-2012, Art & Architecture Collection du frac Center, che non cercano nessun tipo di interpretazione ma registrano il valore di una collezione, i progetti sono divisi per autore, e ogni autore è accompagnato da un testo critico che ne individua le linee di ricerca. Un volume davvero imprerdibile, come la visita alla collezione (da sola vale il viaggio ad Orleans).