FRAMMENTI DI UN PENSIERO






















Luigi Ghirri
Pensare per Immagini
Electa 2013

Il significato della mostra, molto ricca ed intensa, è tutto nel titolo Pensare per ImmaginiPer immergersi in questo mondo dai colori innaturali, infatti si deve avere la forza di mettere le fotografie in secondo piano, per concentrarsi sul pensiero. Lo so sembra strano dirlo parlando di un fotografo, ma la cosa più intensa di questa mostra è che mette in scena la costruzione di un sistema di scrittura molto personale, fatto di frammenti.




 Infatti solo apparentemente Ghirri reinventa la fotografia del viaggio, le foto sembrano delle istantanee scattate per fermare un attimo del tutto casuale ma in realtà nascondono un pensiero forte, la volontà di scrivere un testo sul mondo che ci circonda proprio attraverso la costruzione dell'immagine, nulla è lasciato al caso. In mostra l'evoluzione di un linguaggio fatto anche di parole, libri, amicizie che hanno influenzato l'uomo prima che l'artista. Non a caso ogni sezione è accompagnata da una frase, che sempre si smaterializza per diventare fotografia più della fotografia stessa.



L'Atlante è il libro, il luogo in cui tutti i segni della terra, da quelli naturali a quelli culturali sono convenzionalmente rappresentati: monti, laghi, piramidi, oceani, città, villaggi, stelle, isole. In questa totalità di scrittura e descrizione noi troviamo il posto dove abitiamo, dove vorremmo andare, il percorso da seguire. (Atlante 1973)
Divise secondo categorie precise Icone-Paesaggi-Architetture, le immagini ricompongono di continuo i diversi soggetti, in un paesaggio c'è sempre la presenza dell'architettura o è evidente la sua assenza, e sempre il paesaggio è sfondo dell'architettura.
La sua è un'arte ricombinatoria dove un apparente semplicità nasconde sempre significati più complessi che nascono dalla stratificazione e dal montaggio.
Molti...hanno visto o scambiato queste fotografie per fotomontaggi, questi che io chiamerei fotosmontaggi ...la realtà in larga misura si va trasformando sempre più in una colossale fotografia e il fotomontaggio è già avvenuto è nel momento reale. (Kodachrome 1979)











Mai troppo vicino alluomo, sempre osservato da una certa distanza anche quando è sotto il suo obiettivo. Un rispettoso sguardo verso coloro che guardano: la presenza umana, quasi sempre di spalle, o sfuggente, infatti non è mai assalita, ma si sostituisce al suo autore, pronto a cambiare i punti di vista.
Un artista poliedrico, un insegnante, un curatore, che ha scelto di guardare la realtà attraverso la fotografia e pensarla attraverso l'immagine per poi scriverla attraverso le parole.













La mostra raccoglie foto, frammenti di testi, depliant, libri e stampe che documentano la vita di un appassionato d'arte che ha saputo trasformare questa passione in un ricerca che si è mossa  in diversi campi del sapere e della cultura, dall'architettura alla letteratura alla musica, con la sua macchina fotografica ha cercato e trovato un posto nell'atlante geografico di una realtà sempre sfiorata, e mai intenzionalmente afferrata.
Le figure umane sono guardate a distanza, anche quando in realtà la distanza non era necessaria, perché Ghirri usa questo spazio per individuare un altro sguardo, cerca di sostituirsi al soggetto delle sue foto, per guardare il mondo con altri occhi.
Un inversione dello sguardo comune a tanti artisti dell'arte concettuale, che ancora non conosceva, ma che ha anticipato.
In mostra non c'è solo il fotografo ma anche la sua maturazione in campo curatoriale e editoriale. Libri, cataloghi e libri d'artista mostrano come Ghirri sia una figura completa, e di come la sua forza sia proprio la curiosità ad esplorare, per capire ...che il nostro lavoro sia solo il momento di partenza per l'avventura di un altro.



Tra le tante foto ce ne sono tre che rimangono impresse, la prima (nel catalogo a pag.159) di una donna seduta su una panchina, Parigi, lo sguardo coperto dal fumo di una sigaretta, una scena sospesa, non si capisce bene cosa guardare, ma sentiamo i pensieri, le domande che la donna si pone, domande a cui non trova e non troviamo risposta, e così restiamo a pensare a lei e a noi stessi, persi nel tempo e nello spazio aspettando che il fumo scompaia di fronte allo sguardo.
La seconda è scattata a Lucerna 1971 (pag. 150), una famiglia dietro la vetrina di un caffè, i gesti   interrotti dal fotografo,  una delle poche immagini in cui gli sguardi si incrociano, non c'è costruzione ma inversione, ognuno con lo stesso pensiero, la stessa domanda ripetuta, i quattro protagonisti e Ghirri sono tutti nella scena.
L'ultima una carta geografica 1979 (pag. 219) con sopra appoggiate delle fotografie racconta la ricerca infinita, i percorsi che attraversano un territorio, la memoria di un viaggio terminato troppo presto.
Con la mia storia, ho percorso esattamente questo itinerario, relazionandomi continuamente con il mondo esterno, con la convinzione di non trovare mai una soluzione alle domande, ma con l'intenzione di continuarne a porne. Perché questa mi sembra già una forma di risposta.