BE....LONGING















Fouad Elkoury
Be.....Longing
Steidl 2011

Non ho mai capito perché le fotografie di Gabriele Basilico non mi hanno mai emozionato. Ho molti dei suoi libri, il suo raccontare la città mi ha sempre interessato, le foto hanno una loro perfezione estetica, ma poi sono libri che non sfoglio mai, non mi accompagnano nei miei viaggi nella memoria, o quelli in cui cerco dei frammenti da riutilizzare. 




Me lo chiedevo di nuovo leggendo il capitolo dedicato a lui sul libro intervista di Calabresi (A occhi Aperti). Quando dice avevo un problema etico, non volevo fare il Piranesi della situazione, non volevo fare un lavoro estetizzante…. eppure a me sembra esattamente quello che ha fatto, non è riuscito ad essere neutrale, forse perchè dietro le sue fotografie è difficile leggere delle storie, leggere il tentativo di un interpretazione, se non quello di rappresentare frammenti di città come oggetti isolati dal contesto, non capivo perché queste foto non mi emozionavano. 


gabriele basilico - beirut 1991

Poi all'improvviso una settimana fa ho capito perché, dopo essermi imbattuto per caso nel lavoro di Fouad Elkoury (un' altro architetto  poi  diventato fotografo). Il soggetto era lo stesso, Beirut, le foto sempre in bianco e nero ritraevano una città martoriata, ferita dalla guerra, il vuoto che Basilico ha sempre atteso così bene, qui in una città davvero svuotata da ogni forma di vita, era reale mentre proprio in quell'attesa a cui mi aveva abituato Basilico tutto sembrava artificiale. 


Fouad Elkoury


Fouad Elkoury

Elkoury guarda le stesse ferite inflitte dalla guerra ad una città, ma lo fa per cercare la vita e non rappresentare qualcosa che non c'è più, non c'è nessuna traccia del passato, ma solo un immagine di futuro. Ecco Elkoury racconta il tempo, cerca di prefigurare il futuro, le rovine spariscono, o meglio io non le vedo più, ci sono gli abitanti, mai in gruppo, il più delle volte solitari. In quell'unico abitante che sembra ignorare tutta la distruzione che lo circonda è racchiusa la storia di una città, quell'unico soggetto che si muove al suo interno segna il trascorrere del tempo, è storia. Come è apparso questo pensiero è svanito con la stessa velocità, non avevo il coraggio di ammettere che non capivo le fotografie di Basilico. Poi per puro caso sono entrato in una libreria in un altra città dopo pochi giorni, è ho trovato un libro, in realtà un catalogo di una mostra di Elkoury Be… longing, ho cominciato a sfogliarlo, e poi dopo a casa a leggerlo, non ci sono parole al suo interno, anzi si poche frasi nascoste, stampate bianco su bianco, pochi testi segnano alcune fotografie. Eppure le storie le riconoscevo senza bisogno di cercare le parole, passando da una città all’altra leggevo il trascorrere del tempo. Immagini straordinarie le sue perché amplificano la realtà, scavano nel mondo cercando di metterne in luce, aspetti incosueti. Nel libro ci sono molte cittá, attraversate ed osservate cercando sempre lo stesso tempo. Ha documentato la guerra, Beirut, ma poi ha cercato altro e questa ricerca è continuata anche in altri luoghi. Realtà e immaginario si fondono assieme, Elkoury cerca la stessa materialità in tempi diversi ed in città diverse, a volte Roma si confonde con Parigi o Atene, lo stesso sguardo, un'estetica surreale, sicuramente la guerra ha segnato il suo sguardo, dietro ogni immagine resta il dubbio, qualcosa di incerto segna un limite tra due condizioni, realtà e sogno. In questo libro Elkoury investigates these themes comments on the ontology of photography itself. By reflecting on the visual representation of fake, real, and imaginary cities, Elkoury’s works pose questions about what photography is and how we should conceive of it as an art form


Fouad Elkoury



Fouad Elkoury



Fouad Elkoury

C’è comunque un filo autobiografico che tiene assieme Beirut e Parigi, il Cairo e Istanbul, il suo ritratto viene fuori più dello sguardo, perchè è dalla contrapposizione di momenti di vita diversi che l’immagine diventa narrazione, prima di raccontare lo spazio Elkoury racconta se stesso. Attraverso una serie di immagini provenienti da diversi paesi e culture che mostrano ciò che egli definisce itineranza. Be…longing  è anche una mostra  a retrospective that delves into his archive, shedding light on his renowned works by presenting them in the context of never-before-exhibited images. 


Fouad Elkoury


Di nuovo per caso di passaggio a Beirut sono passato a casa di un amico che aveva una foto di Elkoury in soggiorno, ci credo a questi continui ritorni della memoria che mette assieme i pezzi,  in questa fotografia leggiamo diversi momenti, leggiamo il sovrapporsi di tutte le letture possibili del lavoro di questo fotografo. E' una foto a colori, racconta Beirut, ma potrebbe essere un' altra città sul mediterraneo, c'è il mare, c'è la città, ci sono due uomini. Uno è comodamente seduto in una poltrona, è chinato un poco in avanti, forse sta pescando mi chiedo, l'altro con una canottiera rossa sembra fare jogging, una normale scena da lungomare in primavera. Ma poi guardando bene la fotografia, ci accorgiamo dei sacchi di sabbia  davanti la poltrona, del fucile mitragliatore appoggiato a terra, come se fosse il tempo di una pausa nell' ordinaria follia quotidiana,  la realtà della guerra che disegna la città.
La cosa incredibile è che la foto mi rilassa, non contiene nessuna violenza, e forse è prorpio questa incredibile quiete a far paura questa normalità.

Per dirla sommariamente, se Elkoury voleva che la scena riflettesse la rovina di una città, egli vede anche se stesso in quel modo, qualcuno che semplicemente sta a guardare lontano, oltre il limite rappresentato dai confini. E’ questa ambiguità ripetuta e condensata che riesce a salvare l’immagine dalla durezza  che la minaccia, questo è Fouad Elkoury.


Fouad Elkoury