LA RICERCA DI POSTMEDIA
Postmedia è una casa editrice dal catalogo ricco, si occupa di sconfinamenti, i libri scelti da Gianni Romano segnano il limite tra le discipline artistiche, arte e architettura sotto la lente della critica e della teoria.
Allora capita di passare dall' autobiografia di Mimmo Rotella, alle teorie di Stefano Mirti che descrive il nuovo mondo. Un artista che riflette sulle sue esperienze quotidianamente ed un architetto che fa delle esperienze condivise real time una ragione d'essere prima che di apparire in questo mondo che cambia. Tra questi due estremi tutta la produzione di questa casa editrice.
Il lavoro di questo editore è un lavoro di ricerca costante che lo porta a tradurre molti libri da altre lingue, per permettere anche ai lettori più pigri di seguire la contemporaneità. Ho avuto la fortuna di scrivere per questa casa editrice, o meglio Gianni Romano ha tradotto il mio libro Artscape, acquistando i diritti dalla Gustavo Gili di Barcellona.
In Italia sono pochi gli editori indipendenti così, che cercano e selezionano, in gran parte chi vuole fare un libro se lo deve anche produrre, si investe poco e questo è un errore, perché in questo modo perdiamo qualcosa, perdiamo una tradizione, l'Italia occupava un ruolo importante nella saggistica, mentre oggi chi vuole fare un libro se lo deve auto produrre o deve cercare editori stranieri.
Ho raccontato recentemente il bel libro di Stefano Mirti sul nuovo mondo, ma nel ricco catalogo si trovano altri testi interessanti che mi piacerebbe segnalarvi, e commentarvi in questa lista ragionata di sensazioni.
L'architettura del fallimento di Douglas Murphy è un libro strano, che apre una serie di riflessioni critiche sull'architettura partendo da momenti diversi della storia del novecento, una rilettura storica attraverso i concetti di fallimento e rovina. Partendo dall’analisi degli edifici contenitori, progettati per le Expò, Murphy cerca di immergersi nelle promesse mancate, attribuendo a queste gran parte dei fallimenti dell'architettura contemporanea.
Pensati come contenitori indifferenti di programmi di intrattenimento, i Palazzi di vetro, avevano già radicata nel loro dna l’idea di fallimento di una particolare idea di modernità, fallimento a mio avviso non legato come l’autore sembra volerci fare intendere in alcuni momenti, al linguaggio e al valore iconico di questi edifici, ma alla loro interpretazione e alle trasformazioni negli anni, al loro valore economico legato alle possibilità intrinsiche dei loro spazi, alla natura stessa dell’edificio che non appartenendo a nessuna tipologia era per forza colonizzato da programmi funzionali diversi con un carattere troppo poco definito, erano contenitori indifferenziati di attività.
Pensati come contenitori indifferenti di programmi di intrattenimento, i Palazzi di vetro, avevano già radicata nel loro dna l’idea di fallimento di una particolare idea di modernità, fallimento a mio avviso non legato come l’autore sembra volerci fare intendere in alcuni momenti, al linguaggio e al valore iconico di questi edifici, ma alla loro interpretazione e alle trasformazioni negli anni, al loro valore economico legato alle possibilità intrinsiche dei loro spazi, alla natura stessa dell’edificio che non appartenendo a nessuna tipologia era per forza colonizzato da programmi funzionali diversi con un carattere troppo poco definito, erano contenitori indifferenziati di attività.
L'autore racconta quel mondo migliore che non si è mai realizzato attraverso edifici costruiti sull’onda dell’ottimismo che si sono rivelati dei patetici fallimenti.
Fallimento non del tutto dovuto alla tecnologia ma allo sfruttamento iconografico che se ne è fatto nel corso degli anni.
Fallimento di un linguaggio e non delle loro potenzialità spaziali.
Partendo da lontano quindi Murphy procede con una critica nei confronti dei movimenti più ricenti (high-tech, decostruzionismo, architettura iconica e parametrica) la cui ingenua fede nel nuovo e nella tecnologia ci ha allontanato da preoccupazioni sociali e politiche più ampie, senza trarre vantaggio dalla lezione modernista.
Qui Murphy centra in pieno alcune delle problematiche che fanno dei paradigmi più recenti generatori di un' architettura senza consistenza, in questo senso la lezione del modernismo per Murphy è stata vana. Quello che ci promettono questi falsi profeti mette in discussione la disciplina stessa ridotta ad una performance formale senza precedenti.
Molto meno interessanti i saggi sulle figure di Buckminster Fuller e Cedric Price perché Murphy compie un errore imperdonabile, non capisce il ruolo di questi pensatori che non devono essere giudicati alla stregua di progettisti fantasiosi, ma di osservatori inteligenti di un mondo che cambia, convinti sostenitori del fatto che l’architettura dovrebbe cambiare e disegnare il mondo.
Cedric Price non disegna il Fun palace in quanto oggetto, Price immagina un mondo diverso ed un edificio la cui forma non è importante quanto il sistema di relazioni che mette in modo. Un edificio mondo che definisce una nuova forma del vivere associati, che nel tempo ridisegnerà lo spazio urbano che lo circonda.
Il fun palace non è un palazzo di vetro, il fun palace è un architettura debole che si adatta ai cambiamenti sociali. Un'idea completamente opposta agli esempi fin a questo momento raccolti da Murphy. L’idea che questi progettisti siano stati dei "risolutori" che sostenevano la fiducia modernista nella novità e nel progresso con ingenuità è un errore, che fa precipitare l'autore nelle maglie della stessa rete che lui ha tessuto.
Continuando nel catalogo di architettura non possiamo non soffermarci sul Ritorno del reale L'avanguardia alla fine del Novecento di Hal Foster.
Questo libro ripercorre la nascita di alcune tendenze e teorie dell’arte a partire dal 1960, ma lo fa con l’intenzione di comprendere l’attualità; cosa produce un presente così diverso, in che modo il presente, a sua volta, rilegge il passato? Questa domanda coinvolge anche il rapporto tra lavoro critico e storico, e qui nessuno può scappare dal presente, nemmeno gli storici dell’arte. L’analisi storica non dipende dalle posizioni di oggi, ma un impegno che ci costringe a leggere ed interpretare la realtà che ci circonda .
"Il ritorno del reale" è un libro essenziale perché indaga quella linea sottile che esiste tra il mondo e la sua rappresentazione. Hal Foster non rinuncia ad un ruolo attivo della critica d'arte e rilegge l’arte dal dopoguerra ad oggi svelando i retroscena e le strategie di una società globale che ha favorito “una cultura visiva sempre più amministrata da un mondo dell'arte dominato da figure promozionali con scarso spirito critico, e da un mondo mediale di aziende di comunicazione e intrattenimento che non ha alcun interesse per qualsivoglia analisi critica”.
Ecco che allora questo libro descrive indirettamente il lavoro che la casa editrice cerca di sbrogliare con grande forza, l’idea che quasi non esiste un confine tra le diverse discipline artistiche.
Il design è inflazionato a tal punto che l’involucro rimpiazza del tutto il prodotto. Che l’oggetto del design sia la ….la trasfromazione in logo di un nome-prodotto per un pubblico in deficit di attenzione, è fondamentale per molte sfere della società, compreso il design.
Dagli aspetti teorici e critici arriviamo ai libri che raccontano l’architettura dall’interno Storie di architettura attraverso i sensi di Anna Barbara è uno di questi, un libro che vuole sottolineare l'importanza del coinvolgimento dei sensi nel progetto di architettura.
L'uso di luce, colori, materiali, odori, suoni… non è una novità progettuale, tuttavia non sembra che il contributo di questi ingredienti progettuali sia stato considerato e valorizzato dalla critica ufficiale. Eppure si può attraversare la storia dell'architettura dalla Grecia Antica fino ad oggi e tracciare dei percorsi estetici e progettuali che hanno fortemente impiegato i sensi, che ne hanno sfruttato le potenzialità, per produrre luoghi e sensazioni memorabili.
L'uso di luce, colori, materiali, odori, suoni… non è una novità progettuale, tuttavia non sembra che il contributo di questi ingredienti progettuali sia stato considerato e valorizzato dalla critica ufficiale. Eppure si può attraversare la storia dell'architettura dalla Grecia Antica fino ad oggi e tracciare dei percorsi estetici e progettuali che hanno fortemente impiegato i sensi, che ne hanno sfruttato le potenzialità, per produrre luoghi e sensazioni memorabili.
Ho lasciato per ultimo uno dei miei titoli preferiti perché mette in scena un tema a me molto caro quello della mappa, intesa come sistema descrittivo di un sistema di relazioni, un archivio, uno strumento attraverso il quale registrare e leggere la realtà che ci circonda Mind the Map Mappe, diagrammi e dispositivi cartografici curato da Lorenza Pignatti.
Il libro contiene saggi di autori diversi che mettono insieme letture di mappature diverse: da quella dei sogni degli indiani Beaver, a quelle dei situazionisti, alla geopolitica artisitca di Boetti. Arte architettura sociologia geografia, un viaggio trasversale che racconta la mente degli uomini, un geografia molto personale tra carte e territori concettuali diversi.
Note: due libri che ancora non ho letto perchè usciti nel 2014 ma che mi incuriosicono per ragioni diverse, il primo racconta un'artista la cui mostra è stata ospitata recentemente al MAXXI di Roma, e a cui Roma ha rifiutato lo spazio sugli argini del Tevere per due grandi murales, il secondo indaga invece l'estetica della globalizzazione.
Note: due libri che ancora non ho letto perchè usciti nel 2014 ma che mi incuriosicono per ragioni diverse, il primo racconta un'artista la cui mostra è stata ospitata recentemente al MAXXI di Roma, e a cui Roma ha rifiutato lo spazio sugli argini del Tevere per due grandi murales, il secondo indaga invece l'estetica della globalizzazione.
William Kentridge
Valeria Burgio
Non è una semplice monografia su William Kentridge, ma un saggio che analizza le sue opere focalizzandosi sui media e sulle tecnologie utilizzate: il risultato è una riflessione teorica sui linguaggi dell'arte che riconsidera il legame implicito tra la struttura della tecnologia e le potenzialità di senso in essa radicate. Le tecnologie pre-cinematografiche dello zootropio e del fenachistiscopio, le macchine anamorfiche, le forme di manipolazione della direzione e della velocità della pellicola cinematografica, il teatro delle ombre, la scatola nera e l'inversione della pellicola positivo<>negativo, la videoinstallazione multipla, sono tutti dispositivi che da una parte rimandano al passato della storia del cinema, dall'altra invitano a trovare un senso proprio nella loro struttura materiale. Il recupero di media arcaici funziona da agente di deviazione che esplora le virtualità insite nella tecnologia al momento della sua origine.
Il radicante
Per un'estetica della globalizzazione
Nicolas Bourriaud
Con "The Radicant" Nicolas Bourriaud arriva alla terza tappa dell'importante percorso teorico iniziato con "Estetica relazionale" e "Postproduction", titoli con i quali aveva già provato un confronto tra la storia dell'arte e quella della produzione culturale e della globalizzazione. Il concetto di arte relazionale a sua volta è davvero entrato in un contesto culturale più ampio, favorendo una maggiore leggibilità delle complessità dell'arte contemporanea e prestandosi a tutti quegli esempi di interazione sociale che a partire dall'arte hanno conquistato la vita quotidiana e l'agire urbano in declinazioni e aspetti che vanno dal puro tempo libero al marketing strettamente inteso.