UN PENSIERO SENZA TEMPO







Note su una mostra al Museo Pecci di Prato 2012 [1] 
in occasione dell'apertura della mostra la moglie di lot il 21 marzo al Palazzo Ducale di Genova  
e della conferenza al MAXXI di Roma del 25 marzo.



Ci sono piccole mostre a volte che ti fanno dire, questa cosa qui la farei girare per le scuole di architettura italiane, anzi ne renderei obbligatoria la visione a chi vuole intraprendere il viaggio in questo mestiere, non c’è una ragione precisa, è una sensazione o forse una reazione emotiva ad un lavoro straordinario che ho scoperto tardi negli anni 90, fuori la scuola d’architettura che ho frequentato, grazie alla mia tesi di laurea.  Oggi a distanza di anni dalla scoperta, e dopo uno studio attento del lavoro di Superstudio, è stato interessante riguardare il loro lavoro. (il 21 marzo apre una piccola mostra a Genova e il 25 una conferenza radunerà tutti i Superstudio al MAXXI di Roma)
Quella del Pecci è stata una piccola mostra che racconta la nascita di uno di quegli studi collettivi di architettura che si sono dedicati alla ricerca teorica sul progetto. La loro ricerca è cominciata nel 1966 con una mostra autoprodotta ( di cui facevano parte anche gli ARCHIZOOM) dal titolo Superarchitettura, il cui manifesto recitava: La Superarchitettura è l’architettura della superproduzione, del superconsumo, della superinduzione al consumo, del supermarket, del superman, della benzina super. La superarchitettura accetta la logica della produzione e del consumo, operando su di essa un azione di demistificazione [2]







Al nucleo originario, formato da Adolfo Natalini e Cristiano Toraldo di Francia si erano aggiunti in seguito Roberto Magris, che portava la sua esperienza di progettista di interni, e Piero Frassinelli che si era laureato con una tesi che dimostrava il suo interesse per l’indagine antropologica. Nel 1970 l’arrivo di Alessandro Poli e Alessandro Magris completò il gruppo. 
Anni intensi di superproduzione teorica che danno alla luce progetti diversi: Istogrammi d’architettura, Il Monumento Continuo, Architettura interplanetaria, Dodici Città ideali, l’Architettura riflessa, Superficie neutra : visioni così chiare e cariche di significati, che sarebbe stato inutile per il gruppo, dopo anni di lavoro, continuare a collaborare senza mettere in crisi il prorpio modo di operare, la propria integrità teoretica. Nel 1978,con la partecipazione alla Biennale di Venezia il punto di non ritorno era stato toccato, era inutile proseguire inseguendo un’idea di architettura che aveva raggiunto da un punto di vista teorico il suo compimento.
Ed è in questo esatto momento che la produzione di Superstudio si interrompe (anche se la chiusura ufficiale aviene anni dopo) e il pensiero inizia la sua storia, influenzando generazioni di architetti che si sono trovati ad affrontare molti dei temi anticipati dal gruppo fiorentino. I loro progetti oggi, appaiono in tutta la loro sconcertante attualità, sia per l’influenza che hanno avuto su tanti architetti contemporanei di successo,come Rem Kolhaas e Zaha Hadid, sia per il riconoscimento raggiunto quando le loro strade si sono divise.
La mostra racconta con estrema semplicità e completezza il loro percorso creativo, mettendo in scena riti urbani solo apparentemente distanti dalla complessità delle dinamiche contemporanee.




In ogni progetto Superstudio descrive uno spazio che anticipa i modi di produzione contemporanea, le nozioni di rete, cooperazione, informazione, ecologia, la decadenza e l'impoverimento dei centri storici ridotti unicamente a spazi di consumo, che dovrebbero essere reinventati piuttosto che mercificati. La città si smaterializza in una griglia continua in cui la tecnologia assume un un ruolo primario liberando l’uomo dalle costrizioni spaziali dell’involucro. Lo spazio non ha più interruzioni ma assorbe le caratteristiche del paesaggio che diventa figura e sfondo. 




Fino ad oggi nessuna retrospettiva completa aveva resistuito il lavoro di Superstudio in tutta la sua complessità, i loro collage, sono esposti nei musei di tutto il mondo ma il loro pensiero è sempre stato filtrato dal valore iconografico delle immagini, che con la loro capacità evocative, se isolate, toglievano significato alla narrazione.
Adolfo Natalini, in un incontro pubblico organizzato sempre al Pecci durante lo svolgimento della mostra, ha tenuto a sottolineare che questo riconoscimento tardivo, il fatto che i musei di tutto il mondo si contendono i loro disegni, non lo risarcisce di tutta l’indifferenza dimostrata nel corso degli anni di ricerca e di quelli che ne sono seguiti.
Inutile dire che le sue parole apparentemente ciniche e disincantate, mi hanno fatto pensare che quella su Superstudio è una mostra che deve essere letta oltre le mode.
Non è un tributo, ma svela l’innocenza di un’idea di architettura che ha segnato un momento importante della ricerca dell’ avanguardia radicale, che ancora oggi mantiene una forza totalmente antagonista allo strapotere all’accademismo sterile delle nostre università, dove un’idea di architettura priva di visioni continua a provocare danni nelle nostre città. 




Vorrei dire a Natalini, che il riconoscimento non è un risarcimento tardivo, ma un’atto dovuto, fuori dal tempo di chi crede nell’architettura e nel suo essere dispositivo capace di proteggere il mondo dal suo lento disfacimento, vorrei dire a Frassinelli che con la sua cartolina spedita di recente, per il concorso organizzato dalla rivista Domus project heracles che immagina l’Europa unita all’Africa, dimostra che ancora è possibile a distanza di anni, e nonostante tutto credere ad un idea di architettura diversa, vorrei dire a Toraldo di Francia di continuare a raccontare questa storia
Insomma vorrei dire a Superstudio grazie per averci lasciato un lavoro straordinario da continuare a leggere.
Questa lettura e rllettura può essere fatta con il volume Superstudio, Storie con Figure. Scritti 1966-1978 a cura di Gabriele Mastrigli, collana Abitare,Macerata, Quodlibet 2014, un libro di prossima uscita (sarà pronto prima della Biennale di Venezia in concomitanza con la presentazione del lavoro di Superstudio   all'Arsenale con un' istallazione curata dallo stesso Gabriele Mastrigli). il Libro  non cerca di storicizzare, come è già stato fatto in molte pubblicazioni, ma cerca invece di sistematizzare la grande produzione teorica accompagnando le fonti iconografiche con gli scritti del gruppo, per la prima volta raccolti in un unico volume. Il libro, la cui preparazione è durata anni è il frutto di un intenso lavoro di dialogo e condivisione tra il curatore e Superstudio. 
E’ una sorta di autobiografia, in cui le singole parti prendono la forma di un unico grande disegno che trasforma l’architettura in una metafora della vita, un libro da non perdere assolutamente.








[1] Questo testo è stato pubblicato su Arte e Critica n.71 del 2012

[2] Cristiano Toraldo di francia Tra realismo e tradizione  in Superstudio, Storie con Figure. Scritti 1966-1978 a cura di Gabriele Mastrigli, collana Abitare,Macerata, Quodilibet  2014