PASOLINI - ROMA
Balló Jordi , Bergala Alain , Borgna Gianni
Skira 2014
Roma, Palazzo delle Esposizioni 15 aprile - 20 luglio 2014
Fuggii con mia madre e una
valigia e un po’ di gioie che risultarono false….
Comincia così la mostra Pasolini
Roma, che è anche un bel libro, forse più bello della mostra, perché
come sempre in una mostra perdiamo qualcosa, seguiamo un'altra linea, la
sequenza di spazi e tempi la creiamo noi camminando tra gli oggetti esposti.
Il libro racconta Roma
attraverso la vita di Pierpaolo Pasolini, oppure a seconda di come lo si guarda,
Pasolini attraverso la sua idea di Roma, quella che solo il suo sguardo ha saputo svelare.
Una raccolta di frammenti
organizzata secondo una linea temporale precisa dall’arrivo in città nel 1950 fino alla sua prematura scomparsa nel 1975. 25 anni in cui avviene un
cambiamento radicale nella società italiana, e di questo cambiamento Pasolini è
testimone, perchè riesce a comprenderlo prima che avvenga.
Il libro può essere letto come una biografia che suggerisce la crescita e l’evoluzione di un pensiero altro, letto così nella mia testa si sovrappone ad un altra lettura recente Qualcosa di scritto che racconta in modo estremamente originale l’ultimo progetto di Pasolini, Petrolio. Petrolio non era solo un romanzo, petrolio era un inchiesta, una raccolta di pensieri, il soggetto della storia italiana, una raccolta di frammenti.
Emanule Trevi lo racconta indirettamente, apparentemente scrivendo di se stesso attraverso un romanzo non romanzo.
Alcuni libri ti colpiscono, senza un perché, forse per la musica che provocano dentro o forse perchè raccontando una storia ne tratteggiano tante altre, e la cosa più bella della lettura è perdersi, perdersi seguendo queste storie.
Emanule Trevi lo racconta indirettamente, apparentemente scrivendo di se stesso attraverso un romanzo non romanzo.
Alcuni libri ti colpiscono, senza un perché, forse per la musica che provocano dentro o forse perchè raccontando una storia ne tratteggiano tante altre, e la cosa più bella della lettura è perdersi, perdersi seguendo queste storie.
Qualcosa di scritto non appartiene a nessun genere predefinito, non è un
saggio, non è una biografia é con la sua presenza un romanzo sullo spazio vuoto
lasciato da Pasolini nella nostra cultura.
Fare architettura è un’avventura
molto simile alla costruzione di un testo così, preciso nella definizione di
uno spazio, lo spazio tra l'autore ed il mondo che lo circonda.
Non sono un conoscitore profondo
dell'opera Pasoliniana, ho visto tutti i suoi
film e letto i primi romanzi e molti dei sui articoli, ho sempre cercato i luoghi
piuttosto che le storie nei suoi libri e nei sui film, l'ho letto in frammenti
e questo catalogo mi ha aiutato molto a metterli insieme a capire che esistono
relazioni nascoste tra i luoghi e le persone che solo attraverso un progetto
come quello di questa mostra possono essere ricostruite.
Le lettere per esempio mettono in scena l’uomo prima che l’artista, sono note che descrivono con delicatezza stati d’animo e tempi più che luoghi, che invece prendono forma attraverso le opere.
Le lettere per esempio mettono in scena l’uomo prima che l’artista, sono note che descrivono con delicatezza stati d’animo e tempi più che luoghi, che invece prendono forma attraverso le opere.
Ci sono le opere di Pasolini, le sue
storie, le sceneggiature, i film, ma anche i disegni e la tanto amata pittura,
da cui Pasolini fugge e a cui ritorna dopo trentanni.
Ci sono i suoi amori, ma anche i
suoi umori decisamente critici.
Ci sono personaggi importanti
della cultura italiana, ci sono i pensieri dell'autore, le divagazioni che
raccontano un periodo, e come in Qualcosa
di scritto c’è un continuo passaggio tra scritture e generi diversi, è
un indagine un viaggio interiore.
In alcuni momenti mi sembra che Pasolini sia soltanto un espediente per parlare d'altro, descrivere quei rari incontri che davvero, come si dice, lasciano un segno. Parlo di un segno indelebile-più una cicatrice che un sistema di ricordi.
In alcuni momenti mi sembra che Pasolini sia soltanto un espediente per parlare d'altro, descrivere quei rari incontri che davvero, come si dice, lasciano un segno. Parlo di un segno indelebile-più una cicatrice che un sistema di ricordi.
In questo libro – catalogo ogni
capitolo racconta un periodo segnato da un quartiere, da uno spazio vissuto. Perchè Pasolini ha una
forte relazione con diversi quartieri della città ognuno di questi rispecchia uno stato d’animo
legato a una geografia dei luoghi, in ogni luogo scopre qualcosa e comincia a
comporre un atlante che è alla base dei suoi progetti.
Arriva a Roma nel 1950, vive 3
anni nella periferia povera, a Ponte Mammolo, di fronte al carcere di Rebibbia,
da qui si reca ogni mattina a Ciampino dove insegna, un viaggio quotidiano
dentro il corpo della città, in
questo viaggio si sedimentano pensieri e luoghi.
Qui scopre i suoi personaggi, il
sottoproletariato che darà voce al suo immaginario con la sua lingua e la sua
vita violenta.
In questo periodo conosce il suo interprete e amico Sergio Citti.
In questo periodo conosce il suo interprete e amico Sergio Citti.
Lettere, poesie e poi la pittura,
comincia l’ esplorazione della periferia, Citti era la sua guida.
Pasolini si trasferisce poi a
Monteverde Vecchio, prima a via Fonteiana, poi a via Carini un altro quartiere,
altre amicizie, cominciano le frequentazioni di intellettuali, scrittori ed
artisti. In questi anni
diventa l’unico capace di tradurre e raccontare l’altra Roma che scrittori e
registi non potevano fare perché a loro mancava la curiosità dei luoghi da
esplorare, mancava il tempo di perdersi. Pasolini invece leggeva la città. La
città era il suo testo. La città era il suo progetto, e con la città i suoi
abitanti. Nel 1955 esce Ragazzi di Vita, irrompe così nella scena artistica ed
intellettuale, comincia a frequentare il centro, può così leggere un altro
mondo un’altra città quasi per contrasto scrive: la maggior parte della mia vita la
trascorro al di là del confine , oltre i capolinea…
Con Accattone (1961) lo scrittore diventa regista, il lavoro attorno al progetto rimane costante, col grande entusiasmo che si riversa su una nuova avventura e un nuovo linguaggio che racconta il reale. E’ il periodo in cui Roma è sempre più al centro del suo lavoro ma è anche la prima volta in cui lo scrittore capisce che la città sta cambiando. Mentre altri registi raccontano storie, Pasolini racconta spazi, racconta quartieri. Testaccio, Vigneto, Tuscolano, il parco degli Acquedotti diventano i veri protagonisti.
Per il suo secondo film Mamma Roma, secondo me il più bello, per la prima volta sceglie un Attrice professionista, sceglie il volto di questa città. Il film racconta un’ umanità che cerca di cambiare, e lo sfondo di questo cambiamento è un nuovo quartiere fatto dall’ INA casa. Per vivere si sposta ancora, sceglie una zona residenziale dell'EUR, dove cerca una casa da acquistare la casa della mia sepoltura.
In questa ricerca, nei frammenti
delle sue lettere agli amici si capisce che cerca un luogo di passaggio un luogo con una storia da cui si possa
guardare in due direzioni verso il centro con il suo passato, ma anche verso i grandi cantieri edili della
periferia che verrà.
Roma è ancora il centro della sua
vita, ma il suo interesse si muove verso il Sud, il suo sguardo scivola sopra
un’Italia che sta cambiando troppo rapidamente, arriveranno altri luoghi e
altri paesaggi.
Nel 1966 continua il suo disamore
per la città , non è un tradimento ma quasi una delusione provocata dal
cambiamento dei luoghi e delle persone che ci vivono. La città si distrugge
lentamente sotto l’avanzare della società dei consumi e della televisione che
comincia a formare un nuovo proletariato. Con molti dei luoghi da lui amati,
muore anche quel sottoproletariato che poteva rappresentare invece una speranza,
non esistono più i posti e le persone che lo avevano ispirato.
L’ultimo capitolo parte nel 1971,
il momento in cui la città diventa difficile da vivere, Pasolini
cerca rifugio fuori, si costruisce due case una vicino Viterbo, la torre di
Chia, incarna la fuga da Roma e dai suoi mutamenti e un ritorno immaginario
al medioevo e alla campagna degli anni friulani. La seconda casa è la casa che divide con Moravia sulle dune di
Sabaudia, la userà poco comincerà abitarla solo nel corso della sua ultima
estate nel 1975.
Per capire meglio lo sguardo unico di
Pasolini sullo spazio urbano consiglio
un piccolo libro curato da Gianni Biondillo dal titolo Pasolini il
corpo della città uscito nel 2001 per le
Edizioni Unicopli. E’ un altro libro costruito per
frammenti che combina brani estratti da opere diverse ma messi assieme secondo
una linea di pensiero molto precisa, che forse solo un architetto scrittore
molto attento alla città come sfondo (Biondillo) poteva mettere assieme.
Si può parlare di un Pasolini
scrittore, poeta, saggista, regista, ma anche di un Pasolini disegnatore,
filologo, calciatore, ballerino e tante altra cose ancora (se non tutte
assieme) Si può scegliere…ed io ho scelto di parlare di un Pasolini poeta della
città, lettore della metropoli… lo spazio urbano infatti non è un argomento
periferico nella produzione di questo artista; la poetica pasoliniana esiste grazie
allo scambio tra due elementi fondamentali del reale: l’uomo e il suo intorno.
Scrive Pasolini in Scritti
Corsari nessun etnologo o antropologo si è mai occupato, con la stessa
precisione e assolutezza scientifica usata per le culture popolari contadine,
delle culture popolari urbane… Per Pasolini
quindi Roma con le sue periferie in formazione è il punto di osservazione
privilegiato per capire le trasformazioni della società operate dal
capitalismo, per sperimentare e leggere un luogo dove ancora i valori borghesi
non sono entrati a far parte della struttura sociale. Nel descrivere tutto
questo Pasolini non idealizza
questi luoghi cerca di descriverli dall’interno, una descrizione fisica
la sua che sfugge al linguaggio neorealista e che invece diventa scrittura iperrealista, descrive itinerari
piuttosto che sfondi, ecco quindi che la sua non è una periferia astratta ma è
semplicemente una città Roma.
Da Monteverde vecchio ai
Granatieri la strada è corta: basta passare il Prato, e tagliare tra le
palazzine in costruzione intorno al viale dei Quattro Venti: valanghe di
immondezza, case non ancora finite e già in rovina, grandi sterri fangosi,
scarpate piene di sozzeria.[1]