SEPTEMBER LIST






Mark Wigley 
Cutting Matta-Clark
The Anarchitecture Project
Edited by James Graham
In Collaboration with Columbia GSAPP Books 2014



Of the many shows at the fabled 112 Greene Street gallery—an artistic epicenter of New York’s downtown scene in the 1970s—the Anarchitecture group show of March 1974 has been the subject of the most enduring discussion, despite a complete lack of documentation about it. Anarchitecture has become a foundational myth, but one that remains to be properly understood. Stemming from a series of meetings organized by Gordon Matta-Clark and refl ecting his long-standing interest in architecture, the Anarchitecture exhibition was conceived as an anonymous group statement in photographs about the intersection of art and building. But did it actually happen? It exists only through oblique archival traces and the memories of the participants. Cutting Matta-Clark investigates the Anarchitecture group as a kind of collective research seminar, through extensive interviews with the protagonists and a dossier of all the available evidence. The dossier includes a collection of Matta-Clark’s aphoristic “art cards,” the 96 photographs that were produced by the various participants for possible inclusion in the exhibition, and images from a recently unearthed video of Matta-Clark’s now famous bus trip to see Splitting in Englewood, New Jersey.
Interviews with: Laurie Anderson, Liza Béar, Jane Crawford, Susan Ensley, Tina Girouard, Dan Graham, Jene Highstein Bernard and Susan Kirschenbaum, Jeffrey Lew, Richard Nonas.





Christian Vogt
 It has always been there, it has only grown stronger
Lars Muller 2014

Over the now more than forty-five years that he has been studying and exploring photography, Christian Vogt has discovered new visual vocabularies again and again. His new work, It has always been there, it has only grown stronger, consists almost exclusively of contrasting pairs of pictures. In it he also questions the relationship between visible reality and its photographic reproduction, between image and text, between seeing and knowing. Deliberately dispensing with digital photography and occasionally working with a pinhole camera, he deals with the “necessary nonsense,” with unifying opposites, with actual and supposed paradoxes, defining some things through exploration and allowing others to remain undefined.






Léopold lambert
The Funambulist Pamphlets:
 punctum books, 2014.

The Funambulist Pamphlets is a series of small books archiving articles published on http://thefunambulist.net/, collected according to specific themes. These volumes propose a different articulation of texts than the usual chronological one. The first twelve volumes are respectively dedicated to Spinoza, Foucault, Deleuze, Legal Theory, Occupy Wall Street, Palestine, Cruel Designs, Arakawa + Madeline Gins, Science Fiction, Literature, Cinema, and Weaponized Architecture. As new articles are published on The Funambulist, more volumes will be published to continue the series. 
The Funambulist Pamphlets is published as part of the Documents Initiative imprint of the Center for Trasformative Media, Parsons The New School for Design, a transdisciplinary media research initiative bridging design and the social sciences, and dedicated to the exploration of the transformative potential of emerging technologies upon the foundational practices of everyday life across a range of settings.
The blog The Funambulist: Architectural Narratives , a daily architectural platform written and edited by Léopold Lambert, finds its name in the consideration for architecture’s representative medium, the line, and its philosophical and political power when it materializes and subjectivizes bodies. If the white page represents a given milieu — a desert for example — and one comes to trace a line on it, (s)he will virtually split this same milieu into two distinct impermeable parts through its embodiment, the wall. The Funambulist, also known as a tightrope walker, is the character who, somehow, subverts this power by walking on the line. 





Krzysztof Nawratek
Holes in the whole
Zero books

Demonstrates the urgent need to expand the sphere of urban activity - to define the city not only as a territory of exploitation, but as space of human existence in its fullest dimension. This book defines the conditions under which the city can develop as an entity without falling into the trap of arrogant self-sufficiency.




Belinda Tato, Jose Luis Vallejo
Networked Urbanism
Design Thinking Initiatives for a Better Urban Life was a series of studios in the Urban Planning and Design Department at the Harvard University Graduate School of Design taught between 2010 and 2014.  





Alberto Bertagna, Sara Marini
In teoria
Assenze, collezioni, angeli
Quodlibet 2014 

Scritto in forma di manifesto frammentario, questo è il primo volume di una collana che si propone di esplorare il progetto dal punto di vista della teoria. L’intento è quello di fare emergere la parte del pensiero che si produce a volte come innesco e a volte come sintesi, o che si dissemina nel processo progettuale, concretizzandosi e traducendosi in esso. Sono quindi i fantasmi della realizzazione a essere qui considerati protagonisti: non perché scindibili dal dato reale, ma perché definibili come autonomi in un procedere che non fa della linearità una stretta necessità.
La collana e i testi sono costruiti secondo un’idea polifonica: non una sola voce narrante ma l’intreccio di più posizioni decreta in questo modo la possibilità di esercizi di stile che vadano al di là della rumorosa solitudine del singolo autore.
La teoria è osservazione, è collezione, è costruzione. Tre differenti storie – diverse per assunti o sorgenti, per natura o linguaggio – cadenzano un procedere né consecutivo né progressivo dentro la teoria del progetto, facendosi progetto di teoria. La sequenza dei tre racconti non è qui ordine ma modulazione e frequenza temporale. Tutti i percorsi sono costruiti dentro lo spazio «del contemporaneo», sfidando quella cecità, da cui mette in guardia Giorgio Agamben, che può colpire chi decide di osservare il proprio tempo. 
L’atteggiamento richiesto è quello da riservare ad un inatteso – non solo per l'osservatore ma anche per l’osservato – al quale è chiesto di disvelarsi, di manifestarsi: «È buffo cogliere di sorpresa una stanza altrui. I mobili, quando accesi la luce, rimasero di sale, allibiti» (Vladimir Nabokov).






Daniel Libeskind
La linea del fuoco
Scritti, disegni, macchine
A cura di Dario Gentili
Introduzione di Lev Libeskind
Con un testo di Aldo Rossi

Daniel Libeskind è molto noto per l’intensa attività professionale degli ultimi anni, quelli seguiti al completamento del suo opus magnum, il Museo ebraico di Berlino, salutato per primo da Bruno Zevi come l’opposto di un edificio tradizionale, «corpo guizzante a zig-zag che taglia, scudiscia la città, ne calamita le strettoie e gli slarghi, li elettrizza contestando stasi e quiete. Espressionismo a scala metropolitana, non più pago di urlare, deciso a rievocare l’orrore in modo gelido, tagliente, spietato».
Il primo abbozzo del celebre progetto ha il titolo provvisorio di Linea del fuoco, in riferimento all’origine dell’architettura narrata nel mito vitruviano, e questa antologia intende restituire il lato nascosto, più intimo e inedito del lavoro di Libeskind. La sua formazione è avvenuta anche grazie alle esperienze musicali avute fin dalla più giovane età, al dialogo a distanza con filosofi di prima grandezza, quali Jacques Derrida – come ricorda Dario Gentili nella postfazione –, e soprattutto all’arte del disegno, verso la quale la cultura architettonica manifesta oggi un’imprevista rinascita di interesse. Le virtuosistiche serie di disegni Micromegas (1979), Anatomia della melanconia (1981), Chamber Works (1983), Theatrum Mundi (1985), Sonnets in Babylon (2011), per lo più inedite, sono infatti inseparabili dalla riflessione sui grandi temi che riverberano nella sua architettura: la memoria, lo spazio e il suo negativo, il vuoto, sono il fuoco concettuale di questi scritti rapsodici. Per via del poco noto sodalizio, «quasi lunatico», con Aldo Rossi – a cui è dedicata l’appendice corredata delle «macchine» costruite da Libeskind per la Biennale del 1985 –, si è trasferito per alcuni anni in Italia. Oggi, nonostante tutti gli sconfinamenti disciplinari dall’architetto americano, restano valide proprio le parole che il maestro milanese gli dedicò trent'anni or sono: «guardando alcune cose, e anche i disegni di Daniel Libeskind, penso che non vi sia una strada del traguardo attraversata da molte deviazioni, ma semplicemente un percorso. L’insieme di questo percorso sarà ancora la tecnica o l’arte o l’architettura o qualcosa d’altro che chiamiamo il nostro mestiere».






Jehanne Dautrey & Emanuele Quinz 
Strange Design — du design des objets au design des comportements
it:editions 2014


Depuis quelques années ont fait leur apparition dans le monde du design des objets étranges : des objets dysfonctionnels, énigmatiques, compliqués. Ces objets relévent d’une posture que les designers anglais Anthony Dunne et Fiona Raby ont défini Critical Design (design critique) : un design spéculatif, réflexif, qui ne veut pas proposer des solutions, mais plutôt poser des questions, qui veut défier les affirmations rapides, les préjugés et lieux communs sur le rôle des produits dans la vie de tous les jours. Un design qui ne se veut pas affirmatif, c’est-à-dire soumis aux impératifs des systèmes de pouvoir, mais au contraire critique.

Cette « attitude » n’est pas nouvelle, mais a, au contraire, une histoire, qui longe la frontière entre art et design.






Bruno Messina
Villa Savoye
e la poetica dell'ossimoro
LetteraVentidue 2014
 
Villa Savoye è una delle icone dell’arte del XX secolo; costituisce, nell’immaginario collettivo degli architetti, uno dei principali paradigmi della modernità. La sua attualità è funzione della molteplicità di significati e interpretazioni possibili, dell’impulso ermeneutico che, nel corso del tempo, ha suscitato e continua a suscitare: ogni generazione ha potuto leggervi, dalle proprie diverse prospettive culturali, infiniti temi e infinite lezioni.







Isabella Inti, Giulia Cantaluppi, Matteo Persichino
Temporiuso
Manuale per il riuso di spazi in abbandono, in Italia.
Edito da Altreconomia 2014
con il sostegno di Fondazione Cariplo

 Uno sguardo attento e ravvicinato a alcune città europee ci mostra come, in assenza di sviluppo commerciale, molte aree abbandonate sono diventate un terreno di sperimentazione per differenti popolazioni, nuove forme di arte, musica, cultura pop, come pure il luogo di avvio per associazioni legate al sociale per l’abitazione temporanea, o ancora associazioni per eventi ludici, per il giardinaggio, per il commercio informale dei mercatini. L’incertezza e apertura di questi luoghi ha attratto e ispirato economie informali, nuovi servizi autorganizzati per la città. Spazi e terreni vuoti che non trovano ancora un nuovo utilizzo, potrebbero trovare un uso temporaneo in quel tempo di mezzo di anni, e spesso decenni, che intercorre tra vecchia e nuova destinazione d’uso? Da alcune stime a Milano si conta oggi un’offerta di oltre 1 milione di mq di scali ferroviari abbandonati, circa 50 cascine e capannoni agricoli in disuso, oltre 70 edifici vuoti in città, e le agenzie immobiliari lamentano che circa 885.000 mq di uffici risultano sfitti…