LA SOTTILE LINEA ROSSA
Ecco un articolo pubblicato precedentemente su Pag 99 che Manuel Orazi mi ha permesso di ripubblicare, apre molti spunti di discussione e rimanda a future recensioni sul tema del Design, primo fra tutti Strange design Du design des objets au design des comportements curato da Jehanne Dautrey e Emanuel Quiz che sarebbe bello veder tradotto presto anche in Italiano.
Il design dello spazio pubblico è prorpio quella sottile linea che divide pubblico e privato e che sempre di più è assente nelle nostre città, perchè è diventato uno strumento di controllo invece che uno strumento di pensiero e progetto.
Gli spuntoni anti-clochard e la sottile linea rossa fra spazio pubblico e privato
di Manuel Orazi
In principio furono le panchine. Le care, vecchie, dolci panchine ottocentesche poste lungo i viali alberati che dalle moderne stazioni ferroviarie conducevano ai centri storici italiani come nell'incantato quadro di Vittorio Matteo Corcos del 1896. Un secolo dopo cominciarono a essere divelte da Giancarlo Gentilini, novello sceriffo leghista, che nel 1997 intese risolvere così l'assembramento di immigrati e sfaccendati vari intorno alla stazione di Treviso, subito imitato da decine di altri sindaci.
In seguito, a Trieste nel 2006, la giunta di centrodestra ne segò altrettante e ci fu subito una levata di scudi triveneta e contraria: Claudio Magris, Marco Paolini, Paolo Rumiz, Mauro Corona, "giù le mani dalle panchine" scrissero tutti con accenti più o meno differenti, viva lo spazio pubblico, abbasso i tavolini dei bar e le panchine dei centri commerciali (privati e quindi malvagi). Ecco allora che qualcuno nel frattempo ha inventato una soluzione per salvare capra e cavoli, meno drastica ma efficace: mantenere le panchine aggiungendo però un bracciolo o due per impedire ai barboni, ma anche ai turisti o a chi abbia alzato un po' il gomito, di stendersi e sonnecchiare. E quest'ultima soluzione ha proliferato in Italia e altrove. Nuove levate di scudi: "Le panchine anti-clochard rappresentano un provvedimento incivile" ha tuonato la presidentessa della Camera Laura Boldrini a "Bergamo News" lo scorso 10 maggio, per fare un solo esempio. Poi, all'inizio di giugno un tweet inglese ha fatto il giro del mondo spostando l'attenzione sugli spuntoni anti-clochard posizionati all'ingresso di un condominio e un supermercato londinesi ma anche di una libreria del centro di Montréal in Canada - dove i barboni sono aumentati considerevolmente negli ultimi anni, per la verità. Le immagini hanno trovato subito un'enorme diffusione e sono nate petizioni online di protesta a cui sono seguite altrettanto dure prese di posizione del sindaco conservatore di Londra, Boris Johnson, "sono brutti, controproducenti e stupidi" e di quello centrista ma liberal canadese, Denis Coderre, "inaccettabili e pericolosi per i ciclisti e per i bambini". E infatti gli spuntoni sono stati presto rimossi a furor di popolo. Quindi un articolo di Robert Rosenberger, assistente di filosofia presso il Georgia Institute of Technology, su "The Atlantic" ne ha tratto la conseguenza che sempre di più le città usano il design per allontanare barboni e vagabondi dalla vista. In altri termini, l'urbanistica si fa ormai col design invece che con le lungaggini dei piani regolatori, pubblicando a riprova tutta una casistica di panchine situate nei parchi americani, nelle metropolitane o nelle stazioni di bus: sempre più scomode, più appoggi momentanei che sedute per riposarsi. Ma possiamo parlare davvero di design? Si tratta certo di oggetti prodotti industrialmente che, essendo specifici per ambienti urbani o meglio ancora metropolitani inclusi i parchi, vengono classificati sotto il termine di town design. Ed è effettivamente notevole la crescita recente della loro varietà e quantità, anche se solo ora ce ne accorgiamo in seguito a questa vicenda che riguarda lo strato più disgraziato della società, mentre quasi nessuno aveva protestato per il dilagare degli spilloni anti-piccioni che affollano ormai i cornicioni e le statue di tanti monumenti italiani o per i deterrenti anti skateboard, più diffusi nei paesi anglosassoni (come si può vedere sul sito http://stopagrind.com/) e applicabili a corrimano, muretti, tavoli da picnic e alle stesse panchine. Il punto però secondo Rosenberger è che tutto questo armamentario non è solo un repertorio di nuovi ritrovati tecnici ma il frutto di una politica consapevolmente discriminatoria verso barboni, mendicanti e vagabondi che da sempre popolano il paesaggio metropolitano e ne inquietano le folle, almeno dagli albori della modernità vale a dire da "Charlot vagabondo" (1915) ai quasi coevi naufragi metropolitani di Malte Laurids Brigge (1910), di Knut Hamsun, Siegfried Kracauer o Walter Benjamin. In particolare, secondo Rosenberger in molte città il fiorire di regolamenti comunali restrittivi contro il vagabondaggio, la questua per l'elemosina o il dormire all'aperto hanno rafforzato la possibilità di arrestare i senzatetto anche solo per il fatto di essere in circolazione. Pensiamo solo alle sciagurate ordinanze nostrane anti lavavetri e anti mendicanti dell'assessore PD Graziano Cioni a Firenze del 2007, arrivato al punto di vietare ai mendicanti di elemosinare sui sagrati delle chiese (e dove sennò?) per risibili "motivi di sicurezza" a cui si devono sommare le infinità di provvedimenti contro l'uso dei bicchieri di vetro, il fumo nei locali - memorabile anche l'attività di sceriffo dei regolamenti svolta dalla peraltro non memorabile, per usare un eufemismo, amministrazione Cofferati a Bologna, sempre PD. In pochi ricordano infatti che il giovane Matteo Renzi vinse le primarie per l'elezione a sindaco del 2008 contro il dalemiano Cioni anche proponendo di abolire quella serie di odiosi e ridicoli divieti - fra cui quello di consumare panini e alcolici all'aperto sempre "per motivi di sicurezza", per di più in una città a vocazione turistica planetaria come Firenze. Ma torniamo a Rosenberger: il primo passo sta nel riconoscere il carattere politico dei dispositivi che ci circondano. E i dispositivi non sono solo fisici come appunto gli spuntoni o gli skatestopper ma anche dispositivi di legge, appunto. Un altro filosofo, Giorgio Agamben, in un saggio fin troppo fortunato di qualche anno fa ha scritto che "Il mondo si presenta come una gigantesca proliferazione di dispositivi – cellulare, televisione, PC, automobile – al punto che non vi è un solo istante della vita degli individui che non ne sia modellato, controllato o contaminato" soffiando sul fuoco della paura per i tempi in cui viviamo che Rosenberger ora estende ulteriormente. Ma è pur vero che il governo delle città è molto cambiato dapprima dopo il 1994 e l'avvento della "tolleranza zero" di Rudolph Giuliani quindi dopo l'11 settembre. L'olandese Rem Koolhaas, direttore della 14 Mostra Internazionale di Architettura appena inaugurata alla Biennale di Venezia, in una conferenza del 2007 ha provato a descrivere diversamente questo stato di cose: "Abbiamo trasformato la città in una superficie dove non c'è un metro quadrato lasciato libero all'interno di un contesto che preveda un qualche tipo di visione. In uno scenario come questo, non dovremmo comportarci in maniera sconveniente, morire, elemosinare, fare a botte, ubriacarci o persino protestare". Ciò che è problematico al momento è che il linguaggio del pubblico e del privato stanno diventando intercambiabili. C'è infatti solo una piccolissima differenza nella retorica dei consiglieri governativi per l'architettura e quelli dei developer commerciali o dei grandi gruppi immobiliari. Una sottile linea rossa di vergogna.
Libri per approfondire:
Sulle panchine come punti di vista privilegiati possiamo ricordare il libro di uno scrittore come Beppe Sebaste, Panchine,come uscire dal mondo senza uscirne, Laterza 2008 e quello appena uscito di un paesaggista francese, Michael Jakob, Sulla panchina. Percorsi dello sguardo nei giardini e nell'arte, Einaudi, 2014. L'articolo di Robert Rosenberger, How Cities Use Design to Drive Homeless People Away, è disponibile online qui: http://www.theatlantic.com/business/archive/2014/06/how-cities-use-design-to-drive-homeless-people-away/373067/. Il tema del vagabondaggio è vastissimo e ha toccato quasi tutte le arti, ma vale la pena di ricordare I quaderni di Malte Laurids Brigge di Rainer Maria Rilke nell'edizione Garzanti a cura di Furio Jesi e la vecchia edizione di Knut Hamsun, Vagabondi, Mondadori 1941 tradotta da Ervino Pocar. In ambito filosofico vanno ricordati Giorgio Agamben, Che cos'è un dispositivo?, Nottetempo 2006 e il recentissimo Marco Filoni, Lo spazio inquieto. La città e la paura, Edizioni Di passaggio 2014. Infine la conferenza di Rem Koolhaas è disponibile all'indirizzo: http://www.bdonline.co.uk/dilemmas-in-the-evolution-of-the-city-by-rem-koolhaas/3089735.article.