IN TEORIA


Il testo Integrale è Pubblicato sull'ultimo numero di Arte e Critica


 

 















Ritorno alla scrittura, sulle possibilità della teoria.
Un dialogo di Luca Galofaro, Sara Marini, Alberto Bertagna.


Ho sul mio tavolo tre volumi dalla copertina nera, edizioni Quodlibet, inizio una lettura incrociata per capire, poi seguirà una riflessione sul singolo volume. Inizio da Compendio di anatomia per progettisti di Massimiliano Giberti, poi proseguo con il testo di Emanale Garbin In Bianco e nero sulla materia oscura del disegno e dell’architettura. Due libri che cercano di indagare le implicazioni dell’architettura con il corpo, il primo, e il rapporto sempre più sfumato tra reale e sua costruzione fatta di segni che si riducono sempre di più, il disegno. Poi ho il terzo volume che in realtà è quello che ha dato inizio alla collana, In Teoria raccolta di frammenti che danno forma a ciò che è prima del progetto d’architettura, il pensiero che la genera.
E’ un buon inizio, per una nuova collana, perché rimette al centro del discorso l’importanza della scrittura per i progettisti, è infatti dalle parole, dagli appunti presi leggendo, che si capisce che la scrittura è il punto di partenza per qualsiasi teoria. Quindi non solo il disegnare crea quei contorni utili alla genesi dell’architettura, come sostiene Garbin, ma anche la parola scritta. Se mettiamo assieme i tre volumi abbiamo l’incipit di un discorso teorico che crescerà con il tempo. Gli Autori di In teoria, Sara Marini ed Alberto Bertagna sono anche gli autori del primo volume e penso sia giusto cominciarlo assieme questo viaggio nella nuova collana. Dalle loro parole, cercando di capire piuttosto che interpretare questo inizio, capirlo attraverso un confronto diretto.




LG- Prima di tutto vi dico che sono contento che la teoria ritorni ad affacciarsi sulla scena italiana, con una collana che spero ospiterà giovani autori.

E vi chiedo quale sono le linee guida editoriali che seguirete?



Sara Marini Alberto Bertagna: I libri della collana sono introdotti da due testi. Il primo è una citazione tratta dal De rerum natura di Lucrezio. "In primo luogo per noi / in ogni senso e dovunque / dall’uno e dall’altro lato / in alto e in basso / non v’è limite al tutto / come dissi / la cosa in se stessa lo grida / e l’essenza stessa del vuoto / risulta evidente." Il secondo è la nostra posizione sulla teoria. “In Teoria già la sola osservazione è un principio di interpretazione: la posizione dello spettatore nel teatro condizionerà la sua lettura dell’opera. In Teoria osservare, speculare, sono due verbi che tendono alla verità inficiandola di realtà. In Teoria alla pratica dà norma la teoria, astraendo. Ma, appunto, solo in teoria.” I principi della collana sono l'essenza delle cose e la loro interpretazione, la realtà e la sua osservazione o, meglio, in Teoria (pronunciato con voce altisonante e perentoria) e in teoria (detto con tono dubitativo e alzando le spalle) ovvero l'affermazione di una posizione e la possibile dubitazione su una questione. Questo è un punto centrale del progetto: i libri devono raccontare un percorso teorico in un solco preciso e poi una deriva o una possibile piega che si enunci come un'apertura. Ad esempio il primo libro (firmato Bertagna Marini) si apre con un'elegia che raccoglie "una personale e parziale Storia delle Teorie", procede con un capitolo dedicato al problema della catalogazione, si chiude con la storia di un cantiere di un nostro progetto realizzato.

Altro elemento connotante la linea editoriale è il comitato scientifico della collana di cui fanno parte Emanuele Garbin architetto, Dario Gentili filosofo, Fulvio Cortese giurista, Alessandra Vaccari storica dell'arte e della moda. I quattro componenti del comitato sono autori che producono teoria nel loro settore ma non solo, li accomuna la disponibilità e l'interesse ad interloquire con i campi di altre discipline o arti restando nel solco della proprio ricerca.





LG- La mia generazione, almeno parte di quelli rimasti fuori dall'Accademia per scelta, (lo dico dato che insegno da quindici anni in diverse università estere, e quindi mi sento un ricercatore ed educatore anche io) ha cominciato a scrivere grazie alla collana diretta da Bruno Zevi Universale di Architettura, rispondendo ad un semplice annuncio pubblicato su riviste specializzate, e sulla stampa generalista, e cominciando a proporre. (Poi tanto il mio primo titolo l'ha scelto Zevi), voi come sceglierete gli autori e i testi?

Saranno evoluzioni delle tesi di dottorato o ricerche indipendenti? Questo per me fa una grande differenza nel posizionare la collana.



SM-AB: Fino ad ora non è stato necessario scegliere gli autori ma sono stati loro a riconoscersi nella collana. Si tratta di identificarsi nella produzione teorica come intento, nel nero della copertina che sancisce una posizione chiara, discutibile ma netta (non è grigia, non si accettano posizioni intermedie piuttosto è benvenuto un titolo quale "In pratica"), nella struttura disarticolata del primo libro (dichiaratamente un manifesto o meglio una manifestazione della collana). Questo non significa che i libri di Emanuele Garbin (In bianco e nero. Note sulla materia oscura del disegno e dell'architettura) e quello di Massimiliano Giberti (Compendio di anatomia per progettisti) disegnino un paesaggio uniforme tra di loro e con il nostro (In teoria. Assenze, collezioni, angeli). Anzi, le posizioni possono non essere allineate ma l'atteggiamento si attesta su urgenze comuni. Anche il lavoro sulle “teorie portate in città” di Simone Gobbo (dottorando e fondatore dello studio Demogo), prossima uscita della collana, rientra pienamente nel progetto e nella ricerca di una coincidenza tra contenuto e struttura del testo, in sostanza nella volontà di progettare un libro come si progetta un edificio, cercando rimandi tra disegno e costruzione, dove la personalità dell'opera riecheggia nella personalità del suo racconto. Il lavoro di Simone non coincide con la sua ricerca di dottorato, è un affresco prodotto nel solco di una ricerca personale. I libri della collana possono coincidere o meno con prodotti accademici, non ha importanza, ciò che conta è che si tratti di percorsi che mettano in luce posizioni.





LG- Finalmente la scrittura sta tornando ad essere centrale nella vita degli architetti, pensate che la scrittura possa produrre teoria senza progetto?



SM-AB : La teoria produce progetti che possono rimanere anche solo sulla carta, possono essere anche in forma di libro, questo non significa evitare la realtà anche se non si può dimenticare, e da qui il titolo così esplicito della collana, quanta ambiguità anche tendenziosa si annida nel concetto di realtà. La scrittura è uno strumento potente, può produrre qualsiasi cosa, è una forma di disegno del mondo, può essere fantascienza o storia, scrive il tempo così come lo spazio.





LG- Perché una collana di libri e non una rivista?



SM-AB: La rivista presuppone tempi celeri e lavoro di squadra, i libri tempi e lavoro autonomi autocentrati, sono due strutture antitetiche. Nei libri della collana non si prevedono compartecipazioni di autori diversi se non intromissioni che facciano da controcampo (solo noi abbiamo fatto eccezione raccontando un percorso comune). Di una rivista la parte più esaltante e proficua è il lavoro della redazione ma questa dovrebbe essere fisica, reale, concreta. Un lusso, oggi. Cinque, dieci persone che discutono nella stessa stanza, un'utopia, forse, visto che ormai molte redazioni sono virtuali. Quindi il lavoro per una rivista può essere scrittura solitaria ma sempre all'interno di una rete di rimandi o all’opposto è simile ad una piattaforma, ad un blog dove tutto naviga in mare aperto. Sicuramente può essere interessante ma è un altro progetto. In un libro, certamente, la partita è tra l'autore e il testo, è una partita a scacchi alla Bergman. E poi il tempo: la collana vuole accogliere progetti sommersi, prodotti grazie a quella mosca che ti ronza intorno per anni e che poi puoi anche scrivere in poco o tanto tempo ma che se non la traduci in testo ti fa venire il mal di testa.





LG- Secondo voi questa nuova serie come si distingue dalla collana città e paesaggio e come invece si confronta con i classici della collana degli scritti e quella in co-edizione con Abitare?



SM-AB: La collana in realtà (e non solo in teoria) s'intitola Città e paesaggio. In teoria per distinguersi dalla collana gialla ma anche per esserne un controcampo e al tempo stesso per rimarcare uno sfondo che c'è (fatto di città e paesaggio). Di nuovo in realtà (che ancora vince sempre sulla teoria) sul titolo e sulla collocazione della collana rispetto alle altre della Quodlibet si aprì una discussione con la casa editrice. Noi volevamo In teoria e basta, senza dubbi, nella sua autonomia, dall'altra parte ci venne obiettato che il 90% dei libri Quodlibet è o tratta teoria. Lo "scontro" sotto traccia probabilmente era tra una teoria che nasceva dall'architettura (ma che vuole essere a tutto campo, vedi comitato scientifico) e una casa editrice che nasce dalla filosofia. Mentre la collana Città e paesaggio raccoglie studi, saggi e ricerche spesso a partire dalla descrizione delle cose e la collana in coedizione con Abitare insiste su testi e autori nella storia, In teoria è un rifugio per chi crede in questo termine (prendendosi sul serio e al contempo sapendosi guardare da fuori) e nell'ossessione del progetto libro.







LG- Dei tre libri il vostro IN teoria oltre ad aprire la collana si configura come numero zero di una serie di interventi puntuali sui modi di costruire la teoria del progetto. Segue il testo di Garbin sul disegno, non inteso come strumento di costruzione di forma ma come scrittura creativa di linee e vuoti di bianco e nero, che combinandosi tra di loro evocano lo spazio.

O come il  conformarsi dell'architettura al corpo nel compendio di Giberti, sia allo stesso tempo un ripercorrere la storia, ma anche un modo di guardare lo spazio da un altro punto di vista. Non quello dell'architettura.

Il vostro libro Chiarisce da subito l'esigenza di un pensiero complesso ma allo stesso tempo questa complessità, questo scontrarsi con il frammento capitolo dopo capitolo destabilizza, non da punti di riferimento, impedisce il lettore di leggerla con chiarezza questa linea teorica perché?



SM-AB: Il frammento non è nel pensiero né nella cultura italiana. Non appartiene al nostro modo di comporre la storia, né di immaginare il futuro. Le nostre città, i nostri paesaggi sono paesaggi continui, fatti magari di derive, spesso anche di divisioni anche se le nostre sono sempre separazioni tra guelfi e ghibellini, ovvero sempre e inesorabilmente confronti, e dunque rapporti. Il frammento è dissociazione, il frammento è un nesso che sfuma i propri contorni fino a svanire, e noi siamo formati a rintracciare insistentemente nessi tra le cose, a tracciarli anche dove non sono presenti. In questo senso la cultura italiana è ancora, nonostante tutto, pervasivamente presente e agente nel mondo. In fondo abbiamo piegato alla Preservation anche chi del Fuck the context aveva fatto bandiera. Forse il primo libro della collana (Assenze, collezioni, angeli) insiste proprio su questo concetto di frammento, e prova ad esserne elegia. L’Angelo Caduto secondo l’ordine cristiano è l’errore da redimere, o semplicemente il massimo produttore di frattura costretto e riabbracciato in un disegno unitario nella formula dantesca. Questo è stato ed è a nostro avviso tuttora. Ma produrre teoria non significa avallare la realtà. La collana prova a capire se il frammento può essere una nuova e diversa via per il progetto, diventando essa stessa collezione di frammenti, testi internamente scossi da tensioni e l’uno slegato dall’altro per posizione assunta e prospettiva inquadrata. Ovviamente una tale linea editoriale va in qualche modo compresa, e di conseguenza ogni libro entra in un circolo vizioso dovendo essere frammento autonomo in un contenitore.



LG- Non pensate che oggi la parola teoria, rispetto al passato non sia un pò abusata? Mi spiego meglio non pensate che forse questa voglia di ritrovare una forma di pensiero teorico nasca dal vuoto che in Italia si è creato attorno al progetto?



SM-AB: In Italia non si è fatto alcun vuoto intorno al progetto, si è fatto un vuoto intorno all'Architettura: c'è poca cura verso gli autori. Ma il progetto non è mai venuto meno, né, da quanto anche sopra, poteva essere altrimenti. Non ci sono frammenti, dicevamo, non ci sono fratture né soluzioni di continuità. Ogni centimetro di territorio è progettato o meglio programmato, si ritorna anche contemporaneamente con strumenti diversi sulle stesse aree, o più volte con varianti di varianti, e nessuno può dire che questo processo si sia arrestato, né rallentato. Anzi, la frequenza con cui si progetta oggi è certo maggiore di quella ad esempio dei gloriosi anni della ricostruzione. Il bisogno di teoria non nasce dalla carenza di progetti, non è il rifugio di chi non ha altra via di espressione: il bisogno di teoria magari oggi nasce dall’eccesso di produzione di oggetti, da una mera bulimia edilizia. Noi proviamo a dire che forse è il caso di fermarsi a riflettere su cosa è meglio fare, prima di fare. Con un'altra collana, che stiamo costruendo con un editore veneziano, vorremmo dare più spazio agli autori contemporanei e al rapporto tra prefigurazione e immaginario, più cura per ciò che viene progettato dando corpo ad un'idea. Pensiero teorico e lavoro sugli autori dell'architettura per noi sono campi entrambi urgenti, su cui insistere. Il paesaggio dell'architettura italiana, spesso raccontato come un insieme, può essere narrato come un luogo di sane fratture, fruttuose differenze, individualità. Nella collana in costruzione vorremmo progettare racconti monografici sollecitando il lettore a prendere una posizione, a chiedersi di quanta architettura si nutre quotidianamente e quanto questa è necessaria. In sostanza e in conclusione In teoria cerca di manipolare il tempo chiedendo pause, con l'altra collana si cercherà di raggirare lo spazio portando in un luogo senza nome, astratto, un'opera e con lei il suo autore.