TRUE DETECTIVE





TRUE DETECTIVE
Touch darkness and Darkness touches you back

È vero prima era stato Twin Peaks ad aver trasformato per la prima volta la serie tv in qualcosa di speciale, da attendere ogni settimana. 
True Detective è un altra cosa. Attori straordinari, una colonna sonora che ci fa immergere in un paesaggio naturale ipnotico, descritto con una fotografia che ci proietta al centro dello spazio in cui si svolge la storia. 
E poi una scrittura perfetta, degna del migliore Cormack McCarty, o di un Don Wislow nella sua forma migliore. 
Ma il vero libro che ispira questa scrittura è la Sacra Bibbia e una sua interpretazione catartica, un viaggio che consente al protagonista di ricongiungersi alla fine di un percorso circolare con la figlia scomparsa in un' incidente, un particolare solo raccontanto che resta come unica presenza in ogni puntata. Questa presenza è il centro  della storia, il fatto non ha nulla a che fare con le indagini e la serie di omicidi su cui si indaga, ma resta la vera domanda sospesa. Il male è dentro di noi è li che va cercato.  Allora tra predicatori, assassini, il viaggio verso la redenzione dell'anima del protagonista ci investe in tutta la sua drammaticità. 
Un viaggio per comprendere tutto questo. La circolarità della storia rimanda di continuo a guardarci dentro ad individuare l'origine del male.
Il cinema contemporaneo ci ha abituati alla spettacolarizzazione della violenza, niente ci fa più effetto, un film per ragazzi Hunger games  giustifica e trasforma la guerra in una necessità, il combattere gli uni contro gli altri è un gioco, uno spettacolo da seguire. A questo punto True Detective è più onesto, ci dice più direttamente che il male va cercato dentro di noi.






Giunto alla fine della storia, osservando una delle ultime scene mi è venuta in mente un'altra immagine, il Lamento sul Cristo morto uno dei più celebri dipinti di Andrea Mantegna, (1478) tempera su tela (68x81 cm), conservato nella Pinacoteca di Brera a Milano. 
L'opera oltre ad essere famosa è una figura che ha spesso influenzato registi, Pierpaolo Pasolini la interpreta egregiamente nella scena in cui Ettore, protagonista di Mamma Roma, è legato al letto di contenzione. L'immagine è caratterizzata da un taglio molto particolare lo scorcio prospettico della figura del Cristo disteso, che ha la particolarità di seguire lo spettatore che lo guarda,  scorrendo con gli occhi davanti al quadro stesso. 




Un immagine statica che al tempo stesso acquista dinamicità attraverso lo sguardo dell'osservatore. 
In True Detective la citazione è evidente una carrellata che non permette nessun movimento dell'osservatore  costretto a seguire la camera che si avvicina verso il cristo (l'attore Matthew McConaughey)  seduto sul letto lenzuola sgualcite, come nel panneggio del Mantegna. La camera è fissa, una prospettiva centrale ci mostra il volto martoriato del protagonista fino ad un ribaltamento della scena che mostra l'attore che non guarda più in camera ma la sua immagine riflessa sul vetro, la città come sfondo.
Nessun movimento particolare, ma un immagine statica che denuncia la brevità dell'istante in cui questa stessa immagine riassume tutta la storia, ci mostra qualcosa che è dietro  l'anima del protagonista, e forse dentro di noi.
  





L'iconografia di riferimento per l'opera è quella del compianto sul Cristo morto, che prevedeva la presenza dei "dolenti" riuniti attorno al corpo che veniva preparato per la sepoltura. Cristo è infatti sdraiato sulla pietra dell'unzione, semicoperta dal sudario, e la presenza del vasetto degli unguenti in alto a destra dimostra che è già stato cosparso di profumi. Mantegna strutturò la composizione per produrre un inedito impatto emotivo, con i piedi di Cristo proiettati verso lo spettatore e la fuga di linee convergenti che trascina l'occhio di chi guarda al centro del dramma. 
Il drappo che copre parzialmente il corpo, contribuisce a drammatizzare ulteriormente il cadavere. 

« Bene fece Mantegna a dipingere il Cristo morto inquadrandolo dai piedi. [...] Da quella posizione, l'immobilità della morte emana una vibrazione mistica singolare, quella del sabato santo. Gesù non aveva più l'entelechia che animava il suo corpo, eppure tutto il sepolcro era pervaso da un'aura dorata, indubbio segno di gloria. [...] Dov'era il suo spirito che gli aveva dato sinora la vita? [...] Il Signore era disceso tra i morti per visitare i giusti dell'antico patto» (Piergiorgio Mariotti)





John Berger in un bellissimo testo sulla fotografia del corpo di Che Guevara esaminato dai suoi carnefici distingue con esatta precisione le differenze tra un dipinto ed un immagine contemporanea: un opera pittorica, o quantomeno un'opera pittorica riuscita, viene a patti con i processi evocati dal suo soggetto. Suggerisce finanche un atteggiamento nei confronti di quei processi. Possiamo considerare un dipinto come quasi completo in se. Davanti una fotografia siamo obbligati a rigettarla oppure a completarne da soli il significato.

Lo so è solo un film ma quest'immagine muta dell'ultimo episodio, racconta molto di ciò che accade oggi, racconta una storia di violenza senza mai mostrarla e per questo forse fa paura. Una paura che ci costringe a non mostrarla ai nostri figli.
Mentre noi così cerchiamo di proteggerli loro invece si nutrono di una violenza molto più pericolosa e terribile che non temono, perchè diventa un gioco normale e quotidiano in tante forme diverse, gli Hunger Games distruggeranno la loro anima. 
E noi stiamo a guardare.