APRIL LIST
Franco La Cecla
Contro l'urbanistica
Einaudi 2015
Oggi le città hanno una complessità, ricchezza e povertà che sfugge alla pianificazione schiava del riduzionismo economico o di slogan come smart e sustainable. Serve una nuova scienza del capire e fare città che parta dall'urbano come esperienza vissuta dei suoi abitanti.
Il libro con estrema lucidà e sapienza mette assieme una serie di temi sul progettare città e su come questi temi oggi si distaccano dalla reale vita delle città. Un appello ai progettisti al ripensare il loro metodo di lavoro.
Il libro con estrema lucidà e sapienza mette assieme una serie di temi sul progettare città e su come questi temi oggi si distaccano dalla reale vita delle città. Un appello ai progettisti al ripensare il loro metodo di lavoro.
An Eames anthology
edited by Daniel Ostroff
Yale University Press 2015
The forthcoming An Eames Anthology, edited by Daniel Ostroff and published by Yale University Press, chronicles the careers of Ray andCharles Eames in their pursuits as designers, architects, teachers, artists, filmmakers, and writers. As Ostroff attests, with over 130,000 documents archived in the Library of Congress, the Eameses were nothing if not prolific; this volume, accordingly, is not comprehensive so much as representative, curated to reflect the breadth of interests and accomplishments of the pair.
Fabio Mauri Archivio di Memoria
A cura di Dionigi Mattia Gagliardi
A cura di Dionigi Mattia Gagliardi
un progetto di nodes 2015
“Archivio di Memoria” si presenta come una raccolta di ricordi legati alla figura e al lavoro di Fabio Mauri.
Raccoglie scritti, segni e immagini di persone che hanno gravitato intorno all'artista, che ne hanno subito la sua influenza, e di alcuni personaggi del panorama culturale italiano. Soggetti di diverse discipline - storici dell’arte, scienziati, artisti, ma anche amici, parenti e individui che hanno condiviso con lui momenti di vita e di morte - hanno formalizzato un ricordo attraverso il mezzo secondo loro più appropriato: parole, frasi, testi, immagini, fotografie, segni, disegni. Proprio come Mauri utilizzava fotografie, suoni, oggetti, frasi, gesti, simboli, senza privilegiare un medium in particolare, ma usando “tutto” per comunicare con lo spettatore.
Hans Holein photographed by
Aglaia Konrad and Armin Linke
Verlag der Buchhandlung Walther Konig 2014
New photographs created especially for the MAK exhibition by contemporary artists Aglaia Konrad and Armin Linke open unfamiliar perspectives into Hollein’s architectural works. The MAK invited these two artists to photograph anew his innovative buildings from the last five decades. Prime examples of Hollein’s museums, such as the Museum Abteiberg in Mönchengladbach (1982), the Museum of Modern Art (MMK) in Frankfurt/Main (1991), the Tehran Museum of Glass and Ceramics (Iran, 1978), or Vulcania, a vulcanology museum in Saint Ours-les-Roches (France, 2002), are on display, as are Media Lines, the orientation and communications system he designed for the Olympic Games in Munich (1972), and also wellknown Hollein projects in Vienna’s inner city, among them the former candle shop Retti (today the site of the jeweler Y. Gadner) (1965), the boutique CM (1967), and the former jewelry store Schullin am Graben (1974). Displayed in various formats and sequences, the photographs of the two artists are complementary, and together, create a conceptual spatial collage.
Mario Dondero
Electaphoto 2015
Il grande Dondero in mostra a RomaDal 19 dicembre 2014 al 22 marzo 2015 le Terme di Diocleziano di Roma ospiteranno una retrospettiva completissima di uno dei fotoreporter italiani più importanti.
Mario Dondero, classe 1928, è stato uno straordinario testimone della nostra epoca; ha ritratto personaggi fondamentali e raccontato eventi politici, storici e culturali per molte tra più importanti testate internazionali e nazionali. Non a caso, la mostra è articolata in quattro sezioni suddivise per periodi storici che ospitano oltre 250 foto, componendo così la più grande retrospettiva del fotografo vista finora
Alberto Bertagna
Tic Tac City
Quodlibet Studio 2015
Tic-Tac, Tic-Tac, Tic-Tac, Tic Tac. Il tempo si accorcia, i colpi sono sempre più violenti, la palla da tennis viene messa in gioco da una crisi economica, da una crisi ambientale, da una crisi sociale, da una crisi culturale. Crisi: separazioni che cerchiamo sempre di ricucire. Spesso ci viene contro, quella palla, e non incontro. Possiamo anche scansarla. Nel frattempo lo spazio si deforma, il campo si allarga a nuove valenze, nuove istruzioni, nuove attualità, fenomenologie più ampie. La nostra risposta può essere raffinata come lo è un confetto alla menta o all’arancia, Tic o Tac, ugualmente adatto, a disparità di gusto, per soddisfare desideri, opportunità, convenienze. Siamo pronti a rispondere a un servizio sempre più rapido, sempre più angolato? Sono pronti i nostri riflessi? Quanto siamo cinestetici? Quanto ci siamo allenati a reagire istintivamente e quanto a ragionare sul colpo da scegliere? Quanto tempo ci viene concesso per fermarci a pensare al punto precedente, per guardarci intorno prima di replicare? Quanto tempo abbiamo? Quanto tempo ci resta? Quanto tempo? Quanto tempo, per ribattere il servizio di Mario Ancic? Solo o,41 secondi. Possiamo permetterci di pensare alla partita vinta ieri? Possiamo distrarci e guardare a quello che succede sugli spalti? Siamo convinti che l’allenatore possa aiutarci a rispondere a quel servizio? Il tennis è uno sport individuale: nessuno alza la palla, nessuno può smarcarci di fronte alla porta, nessuno può rispondere al nostro posto quando tocca a noi. Quanto tempo possiamo aspettare ancora?
Nondimeno si tratta di un libro, articolato in tre parti, segnato da «riflessioni architettoniche se non urbanistiche» che scardinano le categorie dei generi letterari; in cui l’autore si confronta con i limiti del proprio linguaggio disciplinare e degli espedienti che esso deve mettere in atto per esprimere l’impossibilità della parola di venire a capo del suo rapporto col mondo.
Mario Dondero, classe 1928, è stato uno straordinario testimone della nostra epoca; ha ritratto personaggi fondamentali e raccontato eventi politici, storici e culturali per molte tra più importanti testate internazionali e nazionali. Non a caso, la mostra è articolata in quattro sezioni suddivise per periodi storici che ospitano oltre 250 foto, componendo così la più grande retrospettiva del fotografo vista finora
Alberto Bertagna
Tic Tac City
Quodlibet Studio 2015
Tic-Tac, Tic-Tac, Tic-Tac, Tic Tac. Il tempo si accorcia, i colpi sono sempre più violenti, la palla da tennis viene messa in gioco da una crisi economica, da una crisi ambientale, da una crisi sociale, da una crisi culturale. Crisi: separazioni che cerchiamo sempre di ricucire. Spesso ci viene contro, quella palla, e non incontro. Possiamo anche scansarla. Nel frattempo lo spazio si deforma, il campo si allarga a nuove valenze, nuove istruzioni, nuove attualità, fenomenologie più ampie. La nostra risposta può essere raffinata come lo è un confetto alla menta o all’arancia, Tic o Tac, ugualmente adatto, a disparità di gusto, per soddisfare desideri, opportunità, convenienze. Siamo pronti a rispondere a un servizio sempre più rapido, sempre più angolato? Sono pronti i nostri riflessi? Quanto siamo cinestetici? Quanto ci siamo allenati a reagire istintivamente e quanto a ragionare sul colpo da scegliere? Quanto tempo ci viene concesso per fermarci a pensare al punto precedente, per guardarci intorno prima di replicare? Quanto tempo abbiamo? Quanto tempo ci resta? Quanto tempo? Quanto tempo, per ribattere il servizio di Mario Ancic? Solo o,41 secondi. Possiamo permetterci di pensare alla partita vinta ieri? Possiamo distrarci e guardare a quello che succede sugli spalti? Siamo convinti che l’allenatore possa aiutarci a rispondere a quel servizio? Il tennis è uno sport individuale: nessuno alza la palla, nessuno può smarcarci di fronte alla porta, nessuno può rispondere al nostro posto quando tocca a noi. Quanto tempo possiamo aspettare ancora?
Nondimeno si tratta di un libro, articolato in tre parti, segnato da «riflessioni architettoniche se non urbanistiche» che scardinano le categorie dei generi letterari; in cui l’autore si confronta con i limiti del proprio linguaggio disciplinare e degli espedienti che esso deve mettere in atto per esprimere l’impossibilità della parola di venire a capo del suo rapporto col mondo.
Il Piccolo Manuale d’Uso
per l'architettura contemporanea
Massimiliano Giberti
22publishing 2013
Il Piccolo Manuale d’Uso per l’Architettura Contemporanea è uno strumento di supporto per esplorare i molteplici spazi progettati e costruiti dall’uomo. La chiave di lettura primaria attraverso la quale indagare l’ambiente contemporaneo è quella dell’ uso. Il Piccolo Manuale d’Uso intende tracciare una mappa dellacondizione contemporanea del corpo umano e dei parametri che oggiguidano le logiche di progettazione e formazione dello spazioantropizzato. Due quindi gli elementi che costituiscono il Kit di questomanuale: il corpo umano e lo spazio architettonico, due poli dialetticiin continua trasformazione, modelli di riferimento capaci di accoglierevalori simbolici e funzionali sempre differenti.
Shining Dark Territories
100 thoughts of architecture
100 thoughts of architecture
Massimo Gasperini, Alessandro Melis
edizioni ETS 2015
In search of human traces in the landscape, the 100 drawings investigate the relationship between Nature and Artifice.
Since ancient times, man’s work has changed the landscape sometimes in harmony with ecosystems, often in antagonism.
The relationship between dissonances and symmetries, distances and alignments marks a path between reality, imagination and utopia in which the artefact is integrated into the surrounding space – the contamination becoming a simulacrum – and interferes with it taking on the iconic forms of architecture.
The design is a seismograph which allows the architect to perceive the physical-visual ‘vibrations’ of the real and mental landscapes.
The work of Massimo Gasperini studies and generates fabric and interferences of the current scenario.
The work of Alessandro Melis investigates the hypothetical future scenarios, in which the relationship between the opposite elements produces paroxysmal and dystopian visions.
Since ancient times, man’s work has changed the landscape sometimes in harmony with ecosystems, often in antagonism.
The relationship between dissonances and symmetries, distances and alignments marks a path between reality, imagination and utopia in which the artefact is integrated into the surrounding space – the contamination becoming a simulacrum – and interferes with it taking on the iconic forms of architecture.
The design is a seismograph which allows the architect to perceive the physical-visual ‘vibrations’ of the real and mental landscapes.
The work of Massimo Gasperini studies and generates fabric and interferences of the current scenario.
The work of Alessandro Melis investigates the hypothetical future scenarios, in which the relationship between the opposite elements produces paroxysmal and dystopian visions.
Guggenheim
CLOG 2015
In 1939 the Solomon R. Guggenheim Foundation opened its first gallery space—the Museum of Non-Objective Painting—in a former Manhattan automobile showroom on East 54th Street.
Seventy-five years later, the Guggenheim Foundation operates museums in New York, Venice, Bilbao, and soon, Abu Dhabi. Until relatively recently, additional Guggenheims could be found in Berlin, Las Vegas, and downtown New York. Designed by some of the world’s most prominent architects, these museums have often been distinguished as much by their architecture as by the art displayed within. They have also sparked debates ranging from the intrusiveness of architecture in an art museum to the ability of a single building to transform an entire city.
The Guggenheim has transcended the conventional art museum to simultaneously become art collection, international constellation of architectural icons, and brand. And with the open design competition for the proposed Guggenheim Museum in Helsinki currently underway, the Guggenheim’s particularly powerful expansion-minded vigor shows no signs of diminishing.
CLOG : GUGGENHEIM will critically examine the past, present, and future architectural impact of this global institution.
Jan Kaplický Drawings
curated by Ivan Margolius
Circa 2015
Jan Kaplický (1937-2009) was a visionary architect with a passion for drawing. It was his way of discovering, describing and constructing; and through drawing he presented beguiling architectural imagery of the highest order. Many of his sketches, cutaway drawings and photomontages are brought together and celebrated in this book. These drawings date from the early years of his independent practice, Future Systems, in the 1970s, to his final ink drawings, executed in the mid-1990s. Featured projects range from design studies for the International Space Station, undertaken with NASA, to the Media Centre at Lord’s Cricket Ground, in London, winner of the 1999 Stirling Prize.
Richard Rogers is an architect of global renown. He was one of the first people to recognise Jan Kaplický’s talent and offer him a place in his studio.
Ivan Margolius is an architect and author of books on art, architecture, engineering, design and automobile history. He collaborated on a number of books with Jan Kaplický, including For Inspiration Only.
Richard Rogers on Jan Kaplický: ‘He was a draughtsman of genius. His spirited drawings were at the same time intricate and incredibly economical, able to communicate his space-age visions with just a few strokes of the pen.’
The Inhabited Pathway
The built Work of Alberto ponis in Sardinia
edited by Sebastiano Brandolini
Parks Books 2014
Alberto Ponis was born in Genoa in 1933 and studied at Florence University, where he qualified as an architect in 1960. In the early 1960s he worked in London with Erno Goldfinger and Denys Lasdun, where he came under the strong—and lasting—influence of the then-dominant modernist and brutalist movements. In 1964, he established his own studio, Ponis, on the island of Sardinia, and in the half-century since then he has built a remarkable number of private and public buildings.
This beautifully produced volume is the first comprehensive monograph on this highly interesting and original yet little-known architect. It documents his biography, education, and training, then delves into his extensive research on Sardinia—which focused in particular on the typical housing types of the island’s rural areas. Detailed examinations of eight selected buildings created between 1965 and 1998 enable us to trace the evolution of Ponis’s work and philosophy, while a concluding essay offers thoughts on the essence of his architecture.
Reform!
Essays on the Political Economy of Urban Form – Vol. 4
Essays on the Political Economy of Urban Form – Vol. 4
Edited by Marc Angélil & Sarah Nichols
Berlin: Ruby Press, 2015.
Berlin: Ruby Press, 2015.
The fourth volume in the popular series Essays on the Political Economy of Urban Form, Reform! argues that sometimes the most effective path to meaningful change is to work within existing institutions and slowly, surely, push for it. This is all the more relevant for architecture, which by definition is entrenched in larger social, economic, and political contexts. Architecture’s captivity to external interests should not be seen as a weakness, but rather as a unique opportunity to change things up. Edited by Marc Angélil and Sarah Nichols, the book collects four essays debating reform in topics as diverse as urban planning policy in Mumbai, troubling city fabrics in Detroit, the failings of municipal housing in Diyarbakir (Turkey), and building processes in Tirana (Albania).
With contributions by:
Rahul Mehrotra (Harvard University)
Jason Young (University of Tennessee, Knoxville)
Sarah Nichols and Martino Tattara (ETH Zurich)
Freek Persyn (51N4E)
Pietro Giorgio Zendrini
Periplo
Circolo(i) nell’ordinaria natura delle cose
Periplo
Circolo(i) nell’ordinaria natura delle cose
Letteraventidue 2015
Questo è uno dei tanti tentativi che si possono fare per portare alla luce correlazioni e comportamenti che dovrebbero appartenere all’archetipo dell’essere umano; ed è per questa ragione che affermo, nonostante l’apparenza autobiografica, di non avere nulla da accampare al di là degli interrogativi e dei dubbi che mi porto appresso. La chiave di accesso a questo periplo e l’ottica con cui affronto questa tematica consiste nel credere che esista, e sia esistito, per l’umanità un “circolo del ritorno” al quale appartengono cose e azioni già pensate, già dette, già scritte e... già fatte! Cose che nel tempo cambiano di veste, ma non cambiano di sostanza poiché sono incarnate in una prassi di pensiero aperta alla naturalità originaria; con però l’avvertenza che: «Il ritorno alle origini serve a trovare il significato, ma basarsi sulle apparenze significa lasciarsi sfuggire la causa». (Sosan)