OCTOBER LIST





 Ettore 
di Massimo Giacon
Il Sole 24 Ore Cultura 2015
Con Ettore ho lavorato, ho disegnato, mi sono fatto dare consigli, l’ho trasformato in un fumetto, è stata la prima persona che mi ha spinto a dipingere, l’ho ascoltato, l’ho frequentato, mi ha accolto”.
Ettore è un racconto dedicato a Ettore Sottsass; affronta l’immaginario dell’architetto designer da un punto di vista personale (per l’autore del libro). Tra le pagine del graphic novel, le esperienze di Giacon, che con Sottsass ha collaborato e da lui è stato profondamente influenzato, si uniscono a dati biografici e analisi della sua produzione.



Carlo Melograni
Architetture nell’Italia della ricostruzione
Modernità versus modernizzazione 1945-1960 
Quodlibet 2015


Il quindicennio della ricostruzione postbellica è stato segnato, tra i tanti avvenimenti, dalla rinascita dell’architettura e urbanistica italiane che, sebbene avessero prosperato anche tra i due conflitti mondiali, si arricchironoulteriormente di nuove componenti e varianti grazie a un più libero confronto con le esperienze internazionali. Il testo di Carlo Melograni, testimone diretto di quegli avvenimenti, è quanto di più distante da uno stile manualistico o storicistico: è infatti un saggio, forse l’unica forma letteraria in grado di restituire quel singolare crogiuolo
di esperienze architettoniche senza precedenti, probabilmenteirripetibili, del dopoguerra italiano che ha prodotto modelli fondamentali per l’edilizia sociale e industriale, la museografia,
le infrastrutture e il restauro. Nel novero di tali esperienze vanno infatti ricordate anche le corpose riflessioni critiche e i commenti sollecitati e pubblicati dalle riviste di settore («Urbanistica» di Adriano Olivetti e Giovanni Astengo, «Metron» e «L’architettura. Cronache e storia» di Bruno Zevi, «La casa», «Zodiac» o la «Domus» di Gio Ponti e la «Casabella» di Ernesto NathanRogers), nonché le polemiche culturali e politiche comparse sulla stampa generalista.
Inoltre l’autore, nelle pieghe del suo discorso, periodicamente porta in primo piano alcune figure – che ha avuto modo di conoscere di persona grazie anche alle numerosissime occasioni di confronto pubblico, oggi ridottesidrasticamente –, donando così una serie di ritratti dal vero dei principali architetti protagonisti di quegli anni, da Franco Albini a Marco Zanuso. Il volume si chiude con una riflessione sulla condizione attuale, distinguendo nettamente il concetto di modernizzazione da quello di modernità che è «l’unità nella diversità a cui esortava Gropius; unità di obiettivi comuni da raggiungere, diversità di soluzioni proposte da mettere a confronto. È la linea da seguire, anche se presenta l’inquietudine delle incertezze, mentre la modernizzazione ostenta sicurezza di sé. Dal confronto tra esperienze diverse, però ugualmente rivolte a perseguire obiettivi condivisi, si ricaveranno indicazioni che sarà possibile dare per scontate e sottintese, presupposti per formare una cultura progettuale comune fra coloro che fanno il mestiere di costruire. Al contrario dell’esibizionismo individuale, il lavoro di paziente ricerca collettiva è tipico della modernità».




 Luca Galofaro
An Atlas of Imagination
Damdi Publisher 2015


Ogni immagine che produco deve essere intesa come un montaggio di luoghi e di tempi differenti, anche contraddittori, una sintesi del metodo di Warburg applicata all'immagine stessa.
Questo per me è un modello metodologico, una matrice da sviluppare.
Come sostiene Didi - Huberman davanti all'immagine non bisogna solamente domandarsi quale storia essa documenti e di quale storia è contemporanea, ma anche quale menoria sedimenta e di quale rimosso essa è il ritorno.
Il libro raccoglie una selezione del lavoro di molti anni fatto sulle immagini e sui frammenti di testi che hanno contribuito alla loro costruzione. Frammenti di diverso tipo trovano in questa autobiografia un ordine eche da una forma provvisora della mia immaginazione.





 Gianpaola Spirito
In-between places
Forme dello spazio relazionale dagli anni Sessanta a oggi
Quodlibet 2015


Questo saggio indaga l’in-between e lo ricolloca all’interno dell’attualità come possibilità operativa e strategica del progetto architettonico e urbano. In-between places non sono spazi astratti, dislocati, spaesanti, ma luoghi nei quali si attuano le relazioni tra gli elementi, con i contesti e i materiali preesistenti, tra le persone. L’in-between è un concetto che nasce nella seconda metà degli anni Cinquanta del secolo scorso come risposta alla visione dualistica del Moderno ed è assunto come spazio tra le cose o gli elementi del progetto da Aldo van Eyck e altri architetti appartenenti al Team X. Nell’età postmoderna è stato utilizzato per decostruire i codici e i canoni classici attraverso i quali, per secoli, si è interpretata la realtà, per ampliare lo spettro di lettura e riprodurre nuove complessità spaziali come accade in alcuni testi e opere di Peter Eisenman o Bernard Tschumi. Oggi, privato delle ideologie che hanno attraversato il secolo scorso, l’in-between può esprimere la condizione intermedia e terza del contemporaneo, ma soprattutto può rappresentare lo spazio di relazione tra gli individui e di connessione degli elementi del progetto architettonico che, in questo modo, torna a essere una composizione e, una volta costruito, un luogo abitato. A sostegno di questa tesi vengono perciò riletti i testi di alcuni grandi filosofi in parallelo a una gran numero di progetti architettonici, anche molto recenti, dello studio SANAA, di Sou Fujimoto, Aires Mateus, Campo Baeza e molti altri ancora





 La città danzante 
di Akab
Il Sole 24 Ore Cultura 2015


La città danzante è invece un racconto che alla figura del visionario Frank Gehry e alle sue opere si ispira per creare ed evocare suggestioni nuove, ripercorrendo lo spirito contorto e per certi versi perverso di Gehry, ma nella caratteristica cifra cupa e criptica di Akab.
Per scoprire e capire come i due autori hanno lavorato e che tipo di legame li unisce ai due architetti, li abbiamo coinvolti in una conversazione a più voci; mettendo a confronto due approcci diversi al fumetto, quasi opposti, due sguardi verso due designer lontani tra loro, ma uniti da una visionarietà moderna, che trascendeva il reale e piegava le forme e le dimensioni con un gusto – in uno pop e nell’altro surreale – che si rivela ideale a ispirare un fumetto.




The house
A series of books published in conjunction with the exhibition project at Haus der Kulturen der Welt. edited by Jesko Fezer, Christian Hiller, Nikolaus Hirsch, Wilfried Kuehn, Hila Peleg
Spector Books Berlin, 2015


Housing creates the rooms, neighbourhoods, and streets of our daily lives. But housing issues are increasingly reduced to real-estate problems and dissociated from the cultural practices of architecture, with the notable absence of alternative social actors being painfully apparent. The result is that growing numbers of people are finding it increasingly difficult to access affordable housing on their own terms. The HKW projectWohnungsfrage investigates the fraught relationship between architecture, housing, and social reality in an exhibition of experimental housing models, an international academy, and a publication series that examines various options for self-determined, social and affordable housing. The series presents key historical works accompanied by new commentaries, contemporary case studies from around the world, and publications by activists concerned with urban policy issues, architects, and artists.



Il Presente
Festival Internazionale di Roma. XIV edizione
A cura di Marco Delogu
Quodlibet 2015


Il tema del Presente è al centro della XIV edizione di FOTOGRAFIA - Festival Internazionale di Roma. Il catalogo dà conto delle diverse mostre, premi, iniziative di Istituzioni pubbliche, Accademie di cultura e gallerie d’arte che in occasione del festival contribuisco a fare del Festival un riferimento nel panorama internazionale della fotografia.
Tra i fotografi presenti: Olivo Barbieri, Giovanna Silva, Federico Clavarino, Domingo Milella, Fabio Barile, Flavio, Scollo, Nicolò Degiorgis, Stefano Graziani, Francesco Jodice, Francesco Neri, Allegra Martin, Sabrina Ragucci, Giorgio Falco, Paolo Ventura, Paolo Pellegrin, Hans-Christian Schink, Paul Graham, Martin Bogren.





Margherita Guccione
MAXXI Architettura. Catalogo delle Collezioni
Quodlibet 2015


A cinque anni dall’apertura del Museo nazionale delle arti del XXI secolo e a quasi quindici anni dall’avvio delle sue collezioni da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il MAXXI Architettura vuole restituire la natura e il senso di quanto fatto nel tempo attraverso questo catalogo.
Il volume documenta tutti gli autori e le opere in collezione, frutto di concorsi, committenze e altri progetti culturali prodotti dal MAXXI Architettura dal 2001 al 2015. E’ al tempo stesso un agile strumento di riferimento per studiosi e ricercatori, ma anche una sintesi densa e significativa della produzione architettonica contemporanea per il pubblico del Museo di Architettura.
La natura eterogenea dei documenti d’archivio, delle opere, dei progetti raccolti in questi anni è lo specchio fedele di un’attività su più fronti – dalla conservazione all’esposizione, dalla ricerca alla comunicazione, dalla produzione alla documentazione – condotta con un unico fine: realizzare il primo museo italiano di architettura.





Paolo Virno
L’idea di mondo
Intelletto pubblico e uso della vita


Piccolo vademecum di un materialismo poco incline al pentimento e alla dissimulazione, questo libro raccoglie tre saggi avvinghiati l’uno all’altro come fratelli siamesi. Il primo, Mondanità, cerca di chiarire (con e contro Kant e Wittgenstein) che cosa significa la semplice parola “mondo”, con la quale indichiamo il contesto percettivo e storico in cui si svolge la nostra esistenza. Come bisogna intendere espressioni consuete quali “stare al mondo”, “il corso del mondo”, “gente di mondo”? Il secondo saggio, Virtuosismo e rivoluzione, è un minuscolo trattato politico: propone un insieme di concetti (moltitudine, esodo ecc.) in grado di affrontare la tempesta magnetica che ha messo fuori gioco le bussole cui si è affidata, dal Seicento in poi, la riflessione sulla sfera pubblica. Il terzo saggio, L’uso della vita, è l’enunciazione stenografica di un programma di ricerca sulla nozione di uso. Che cosa facciamo di preciso quando utilizziamo un martello, un lasso di tempo, un enunciato ironico? Ma, soprattutto, in che cosa consiste quell’uso di sé, della propria stessa vita, che sta alla base di tutti gli altri usi? Una ricerca in tre tappe in cui filosofia del linguaggio, antropologia e teoria politica si passano con naturalezza il testimone.




Understanding Postmodern Architecture: A Norwegian Perspective
curated by Lèa-Catherine Szacka

“A spectre is haunting Europe — the spectre of postmodernism”. In 1980, reporting on the First Venice Architecture Biennale, French journalist Gérard-Georges Lemaire adapted Marx and Engels’ famous formula, used as opening passages of The Communist Manifesto, in order to describe the state of affaire in European architectural culture. But what exactly had happen to architecture between the mid-1960s and the mid-1980s? 
Starting from the general assumption that postmodernism is the era that follows modernism; this seminar aimed at defining the term postmodern in relation to architecture. With the demise of the Modern Movement in the late 1950s and early 1960s, architects from Europe and America (amongst others) increasingly started to use historical references, colour and ornament, while aiming at communication through a polysemic architectural production. In order to convey “meaning”, postmodern architects used diverse modalities of reference such as nostalgia, satire, parody, melancholia, allegory, irony and pastiche.
This theoretical seminar has served to replace the concepts of postmodernity/postmodernism/postmodern within an historical, architectural and artistic context. Following this theoretical and historical exploration of international postmodernism, students were asked to further explore the particularities of postmodernism within the scandinavian context. In the final workshop for this course, students produced an original research (ideally using unexplored archives related to postmodernism). The result of these researches are presented in this volume.
by
Kirsten Hammer, Maria Bjørnland, Mille Herstad, Eivind  Nesterud, Hanne  Jülke  Roer, Oda  Havstein, Mathilde  Engen  Stabekk, Maia Hodne, Maria Hummelsund, Ingrid Dobloug Roede, Håvard Mørkved Bohne, Ulrikke Dreyer, Ingrid Engøy Henriksen, Øyvind Anker Ljosland, Stefan Aaberg Landøy, Truls Aastebøl, Li Zhang, Nils Henrik Henningstad, and Léa-Catherine Szacka (Ed.)​



Selected from my bookshelf:


 

 Hervè Guibert
Ghost Image
first edition 1996
(Chicago University press 2014)

Ghost Image is made up of sixty-three short essays - meditations, memories, fantasies, and stories bordering on prose poems - and not a single image. Herve Guibert's brief, literary rumination on photography was written in response to Roland Barthes' Camera Lucida, but its deeply personal contents go far beyond that canonical text. Some essays talk of Guibert's parents and friends, some describe old family photographs and films, and spinning through them all are reflections on remembrance, narcissism, seduction, deception, death, and the phantom images that have been missed. Both a memoir and an exploration of the artistic process, Ghost Image not only reveals Guibert's particular experience as a gay artist captivated by the transience and physicality of his media and his life, but also his thoughts on the more technical aspects of his vocation. In one essay, Guibert searches through a cardboard box of family portraits for clues-answers, or even questions-about the lives of his parents and more distant relatives. Rifling through vacation snapshots and the autographed images of long-forgotten film stars, Guibert muses, "I don't even recognize the faces, except occasionally that of an aunt or great-aunt, or the thin, fair face of my mother as a young girl." In other essays, he explains how he composes his photographs, and how - in writing - he seeks to escape and correct the inherent limits of his technique, to preserve those images lost to his technical failings as a photographer. With strains of Jean Genet and recurring themes that speak to the work of contemporary artists across a range of media, Guibert's Ghost Image is a beautifully written, melancholic ode to existence and art forms both fleeting and powerful - a unique memoir at the nexus of family, memory, desire, and photography.