LAS VEGAS STUDIO
Un libro su un altro libro su cui non riuscivo a scrivere una recensione grazie a Luca Montuori per il suo racconto attento.
Las Vegas Studio
Images From the
Archive of Robert Venturi and Denise Scott Brown.
Curato da Hilar Stadler e Martino
Stierli.
Scheidegger &
Spiess, Zurich - University of Chicago Press.
di Luca Montuori
Difficile parlare di un libro che
racconta un altro libro. Per di più se si vuole avere l’ambizione di raccontare
Learning from Las Vegas, che fin dalla sua uscita nel 1972, è stato uno dei
testi che più ha trasformato lo sguardo sulla città e ha ridefinito le
metodologie dell’analisi urbana, un saggio dirompente sul rapporto tra città,
architettura e immagine, riflessione sul rapporto tra segno e significato dopo
la modernità.
Las Vegas Studio, Images from the
archives of Robert Venturi and Denise Scott Brown, è il catalogo di una mostra
fotografica che dalla Svizzera è approdata alla Graham Foundation di Chicago,
ed è alla sua seconda edizione. Il volume edito dalla Scheidegger & Spiess
(casa editrice di Zurigo e di cui consiglio di visitare il sito web in cui è
possibile navigare un catalogo di libri di arte, fotografia e architettura
molto interessante e vario) è un prodotto molto ben curato e le immagini,
riprodotte ad altissima qualità e finalmente in grande formato, sono
organizzate secondo sequenze molto significative.
La prima questione che viene alla
mente perdendosi tra le immagini è se sia possibile disarticolare Learning from
Las Vegas e tentare di raccontarne un solo layer. Si può isolare l’insieme
delle foto tratte dall’archivio di Robert Venturi per tentare una narrazione da
un particolare punto di vista?
La risposta si può ritrovare proprio
nel piacere di seguire la struttura narrativa che mette in luce il rigore
metodologico dell’uso delle immagini finalizzato alla lettura che ne seguì con
testi, disegni, schemi, ideogrammi e fotomontaggi. Attraverso le fotografie e
attraverso i tre testi e che in vario modo commentano la selezione di immagini,
il catalogo descrive alcuni aspetti importanti tra cui il clima in cui si è
sviluppata la ricerca su Las Vegas ricostruendo i fili che legavano diverse
esperienze in corso nel contesto in cui si è svolto il viaggio a Las Vegas.
Nel
saggio di apertura del libro Martino Stierli, che ha curato la raccolta con
Hilar Stadler, in collaborazione con Peter Fischli, spiega le ragioni della
scelta di voler recuperare le immagini come prodotti svincolati dalla struttura
metodologica del libro originario, dal loro ruolo funzionale ad altro, per
recuperarne la capacità narrativa autonoma. L’analisi urbana e l’idea di
catalogazione per immagini rinvia principalmente al lavoro di Ed Ruscha, che
Venturi e Scott Brown andarono a incontrare con gli studenti di Yale nel 1968
prima del viaggio a Las Vegas. Nel corso della sua esposizione poi Stierli
propone poi accostamenti facendo oscillare il campo dei riferimenti visivi dal
rapporto con la pop art e la postmodernità da un lato al lavoro di Archigram
fino alle esperienze dei fotografi New Topographics dall’altro.
Le immagini sono organizzate in
maniera molto chiara: le prime descrivono rappresentano modelli di edifici,
duplicati o parti di insegne e segnali decontestualizzate dalla stessa strip su
cui normalmente erano accatastate. Immagini decontestualizzate in una
operazione volta a sottolineare il rapporto tra rappresentazione, immagine e
architettura. Tra segno, spettacolo e contenuto, appunto, nasce “il dilemma
dell’oca” (the Duck dilemma), di cui discutono Obrist e Koolhaas
nell’intervista dialogo curata da Peter Fischli.
Una seconda serie di immagini (tre
foto a volo d’uccello) raccoglie scatti che rappresentano parcheggi con un
chiaro omaggio appunto al lavoro di Ed Ruscha. Infine le immagini che narrano
la strip in diverse ore del giorno, l’esperienza del percorso in auto e la
percezione dal finestrino, dettagli di alberghi, alternanza di notte e giorno
con luci artificiali che diventano spazi e spazi che spariscono alla luce del
sole. Il volume in sintesi recupera, analizza e spiega il rinnovato uso
dell’immagine per descrivere lo spazio urbano, investiga le metodologie
derivate da ricerche in campo antropologico ridefinendo, e questo è uno degli
aspetti più interessanti, il ruolo di Denise Scott Brown nell’impostazione del
lavoro. Una impostazione che ibrida lo sguardo architettonico con quello nel quale ha riversato le sue
esperienze di studiosa di antropologia fatte in Sud Africa, in Inghilterra e
poi in America. Manca alle immagini di Las Vegas l’algido distacco di Lewis
Baltz o l’ansia catalogatoria di Ed Ruscha in un continuo rimando tra arte pop
e poetica dell’as found che sottende l’interpretazione curatoriale del volume.
Il saggio conclusivo è di Stanislaus von Moos, che analizza le relazioni tra il
fare architettura e il modo di guardare e rappresenta un approfondimento che
lega in maniera indissolubile sguardo e progetto nel lavoro di Robert Venturi e
Denise Scott Brown.
Tutte le immagini sono © Venturi, Scott Brown and Associates, Inc.,
Philadelphia.