UN' IDEA DI MONDO
Istanbul Passion Fury Joy
a cura di Hou Hanru, Ceren Erdem, Elena Motisi e Donatella Saroli
Quodlibet 2015
… Le definizioni limitate e tradizionali di architettura e dei suoi mezzi hanno oggi perduto in buona parte di validità. Il nostro impegno è rivolto all’ambiente come totalità, e a tutti i mezzi che lo determinano. Alla televisione come al mondo dell’arte, ai mezzi di trasporto come all’abbigliamento, al telefono come all’alloggio. L’ampliamento dell’ambito umano e dei mezzi di determinazione dell’ambiente supera di gran lunga quello del costruito. Oggi praticamente tutto può essere architettura (H. Hollein)
Hans Hollein negli anni sessanta rompe con l’immagine idilliaca dell’architettura, sostituendola con oggetti d’uso comune dichiarando che tutto è architettura; non pensa più in termini di stile, di convenzionali opere architettoniche, ma considera l’architettura come l’arte, espressione dello spirito umano. Le parole di Hollein assumono oggi un significato ancora più profondo, nel momento esatto in cui tutto è diventato realmente architettura.
Ma se tutto è architettura è sempre più difficile distinguere la disciplina dalle altre pratiche artistiche che usano la città come testo da tradurre in spazi della comprensione.
Per un progetto di architettura è fondamentale seguire le richieste del mercato e costruire buoni edifici, ma è altrettanto fondamentale fare in modo che il progetto continui ad essere uno strumento di pensiero interpretativo della realtà. L’architettura non deve solo prefigurare il futuro ma deve crearne le condizioni, dando forma alla realtà del presente, per farlo è necessario un atteggiamento culturale che non abbia l’esigenza di trovare nuove formulazioni teoriche e linguistiche, che non si riducano all’attuale condizione di perenne antagonismo tra posizioni diverse. La condizione denominata negli anni settanta radicale , per i suoi connotati politici e sociali e per i continui riferimenti alle avanguardie artistiche che sovvertivano i linguaggi moderni, non è più praticabile; non si può scegliere di essere radicali, l’avanguardia cambia di continuo perché legata a molteplici paradigmi le cui linee di ricerca hanno frammentato ogni discorso sullo spazio. I paradigmi producono solo linguaggi diversi in continua lotta tra di loro. L’ubriacatura del digitale, la morfogenesi parametrica, la sostenibilità, la tecnologia, solo per citare i più diffusi, non hanno avuto la forza di modificare fino in fondo lo spazio reale ma hanno creato fino a questo momento, mondi isolati, che faticano a sovrapporsi. Non esiste neanche la possibilità di ripensare lo spazio urbano attraverso una dialettica politica e culturale, perché la politica si è trasformata in un’amministrazione economica della cosa pubblica, e la cultura coincide sempre più con un mercato che vede l’arte come la nuova frontiera del consumo. L’architettura si è adattata ai cambiamenti, è divenuta un prodotto da consumare, e come tale sono le immagini a diventare attraverso il senso di meraviglia
il veicolo di una potenza persuasiva che modella le coscienze e disciplina la società.
Istanbul sembra vivere una condizione diversa, qui assistiamo alla formazione di un mondo nuovo, frutto di conflitti visibili ed invisibili che sul terreno economico, politico e religioso stanno ridefinendo il mondo. Un mondo che ci riguarda tutti, ma a cui l’Europa ha voltato le spalle.
Nel Maggio del 2015 migliaia di persone hanno marciato nella capitale turca, due anni dopo le proteste di Gezi Park contro il governo, chiedendo giustizia per le vittime. A convocare la manifestazione, che si è svolta senza incidenti, è stata la piattaforma Taksim. Il parco è stato blindato e le vie d'accesso alla piazza bloccate dalla polizia.
Negli ultimi mesi poi, più di 500.000 siriani, secondo le stime del ministero dell'interno turco, popolano oggi la città, per molti divenuta 'la nuova capitale della Siria', centro nevralgico della grande ondata migratoria causata dal dramma della guerra.
La città non è più la stessa sta vivendo una crisi ma anche uno straordinario momento di rinascita culturale a livello nazionale ed internazionale
.
Questa rinascita urbananon è rappresenta da luoghi istituzionali come i musei, come avveniva alla fine degli anni novanta, ma da unritrovato spirito della comunità artistica della città. Sono gli artisti e gli architetti a rappresentare questa crescita e il loro spazio non è il museo ma è la città stessa. I musei così come sono realizzatioggi non hanno quasi più senso di esistere, la loro forza iconicagestisce un rapporto troppo formale con il territorio, lo spazio nasconde le opere invece di mostrarle, devono essere re inventati.
Ad Istanbul la mobilitazione generale si è trasformata in profonde riflessioni, dibattiti critici e azioni di resistenza quotidiana i protagonisti di questo scenario hanno preso di nuovo coscienza delle loro responsabilità sociali, l'arte si espande al di fuori dagli spazi espositivi, un po’ come è avvenuto nel periodo della Land Art, ma oggi al paesaggio si sostiuisce la forma urbana.
Molti artisti si impegnano, attraverso la loro opera, a interrogare le problematiche relative alle conseguenze sociopolitiche della crescita economica e urbanistica: i diritti della classe lavoratrice, delle donne, delle minoranze etniche e anche dei rifugiati.
Questo impegno sta creando uno spazio di confronto necessario ad una trasformazione della città, che oppone resistenza all'urbanistica globalizzata che sta cambiando il volto della città, modificando la sua forma urbana.
La mostra al Maxxi di Roma racconta questi nuovi spazi di senso e la loro trasformazione, lo fa costruendo un luogo di confronto tra spettatori e artisti(è necessario visitare la mostra con lentezza e più volte per rendersi conto della densità di ciò che viene rappresentato). Affronta cinque temi legati alla realtà della Turchia contemporanea: le trasformazioni urbane e la gentrificazione; i conflitti politici e l'identità culturale; i modelli innovativi di produzione; le urgenze geopolitiche; la speranza. La maggior parte delle opere si costruisce attraverso sovrapposizioni di frammenti diversi, ogni frammento registra una modificazione tra memoria e realtà quotidiana.
Drift
ad esempio nasce dalla combinazione di due serie di immagini, la prima caso e destino dove il concetto di caso è utilizzato in modo triplice: come metafora della multistratificata natura organica di Istanbul, come metodo per affrontare l'ambiente urbano attraverso l'investigazione dissociata degli spazi pubblici e personali, e come contemplazione della natura casuale, attraversodella fotografia di strada. La seconda
Nothing surprising
verte sui concetti di crisi e resistenza in contesti urbani, combinando immagine di strada e estranei con immagini di interni e di amici, nonché la condizione pubblica con le ossessioni e desideri più intimi.
Pleasure place
invece, racconta il fenomeno delle
Nail Houses
le abitazioni che i residenti si rifiutano di abbandonare per far spazio a nuove costruzioni, piccoli modelli attorno ai quali viene scavato il corpo della città mettono in scena la quotidiana resistenza degli individui contro le strategie dello Stato e contro i soprusi delle compagnie private che stanno ricostruendo una città completamente nuova senza considerare le stratificazioni e la complessità di Istanbul.
Un discorso quello di questa mostra che va oltre le opere esposte, dove l'arte prefigura la creazione di uno spazio altro, in cui il reale si compone di frammenti di memoria e attualità che rendono il museo come istituzione un oggetto superfluo e lo spazio urbano, un luogo necessario, che deve essere protetto se vogliamo salvare le nostre città.
Publicato sul numero 84 di Arte e Critica
Franco Berardi (Bifo) Dopo il futuro dal futurismo al cyberpunk. L’esaurimento della modernità. …la citazione è legata alla definizione del barocco, come momento in cui si delinea per la prima volta l’intima scissione del discorso pubblico, la separazione tra sfera della verità fondante e sfera della simulazione linguistica e immaginaria. Oggi questa separazione è diventata endemica nell’assimilazione tra cultura ed immagine, tra realtà e visione prodotta solo per creare un plusvalore a qualsiasi operazione che agisce sulla città. Il progetto perde valore l’immagine ne diventa il simulacro.
Un percorso che coinvolge opere di 45 artisti, architetti e intellettuali a partire dai cambiamenti della realtà culturale, sociale e urbana di Istanbul e dal loro impatto sulle pratiche creative. La mostra è il risultato di una lunga ricerca ispirata dal confronto con la comunità creativa di Istanbul ed esplora temi come i mutamenti urbani, le minoranze e la migrazione.
Istanbul. Passione, gioia, furore la Mostra al MAXXI (a cura di Hou Hanru, Ceren Erdem, Elena Motisi e Donatella Saroli)
Hou Hanru, Dal catalogo della mostra, Istanbul Passione Gioia Furore Quodlibet 2015