LO SPAZIO DEL LAVORO

L'architettura è da sempre specchio del mondo che cambia, due libri che riflettono sullo spazio della produzione e sullo spazio del lavoro, ci insegnano che guardare al passato serve a comprendere il mondo che cambia, solo studiando e comprendendo a fondo queste trasformazioni politiche e sociali l'architettura potrà prefigurare il futuro. Chi non lo capisce ha perso prima di cominciare, grazie a Luca Montuori che ha letto per noi questi due libri.

SPACE OF PRODUCTION
Projects and Essays on Rationality, Atmosphere, and Expression in the Industrial Building
Edited by Jeannette Kuo.

by Luca Montuori

Con un certo ritardo sul “Guardian” è apparso in questi giorni un articolo che ci avvisa che la fine del capitalismo è iniziata. La trasformazione del lavoro è uno dei temi su cui si è più riflettuto negli ultimi anni e l’epoca del post-fordismo ha alimentato molte delle riflessioni architettoniche nella contemporaneità. Tra le questioni più importanti rimane il problema della figuratività ( o non figuratività) dei nuovi spazi in cui vivono i lavoratori dell’immateriale, le nuove forme di controllo del lavoro, il rapporto tra abitare e lavorare, la fine del tempo libero e del rapporto tra spazio pubblico e spazio privato. Nuovo lavorare e nuovo abitare. Per questo il volume “Space of Production”, che si accompagna anche a un precedente volume dal titolo “A-Typical plan” (Projects and Essays on Identity, Flexibility and Atmosphere in the Office Building, curato dalla stessa Jeannette Kuo) sugli edifici per uffici, assume un significato che va ben oltre la mera catalogazione di edifici industriali e non è semplicemente un nuovo tentativo di guardare alle potenzialità espressive che la ricerca in campi innovativi per il progetto ha potuto generare. Non è qui in discussione la capacità espressiva dei progettisti nell’immaginare la forma che si libera dalla struttura tipologica tradizionale per costruire i nuovi spazi della modernità. C’è qualcosa in più. Il libro ha un ampio testo critico iniziale che riflette proprio sulla trasformazione del lavoro e degli spazi in cui questo si svolgeva e si svolge oggi. Il testo è accompagnato da una serie di schede di casi di studio, edifici industriali maestri del moderno come Peter Behrens, Félix Candela, Albert Kahn, Louis I. Kahn, Robert Maillart, Pier Luigi Nervi, Auguste Perret, Jean Prouvé, ma anche esempi contemporanei tra cui Herzog e de Meuron. I progetti sono descritti pubblicando foto d’epoca, disegni originali ma anche attraverso una operazione di ridisegno degli edifici resi confrontabili grazie a una unificazione dei codici grafici di rappresentazione. I disegni sono realizzati all’interno di ricerche ed esperienze didattiche della École Polytechnique Fédérale de Lausanne. Gli autori quindi, se nel primo volume avevano raccolto una serie di casi studio, di edifici per uffici, catalogandoli e confrontandoli attraverso l’osservazione della pianta come elemento generatore di spazialità generiche, qui offrono una chiave di lettura che guarda alla “sezione” come mezzo per configurare, controllare il progetto e soprattutto come strumento per progettare i nuovi luoghi della produzione. Il volume infatti si chiude con alcuni interessanti progetti della scuola che tentano di rendere attuale la riflessione sulla natura degli spazi del lavoro, e quindi dell’abitare, nell’epoca della fine del lavoro.

In Spaces of production sono raccolti contributi di Alberto Bologna, Juan José Castellón, Jeannette Kuo, Cédric Libert, e una intervista con Jacques Herzog. In A-Typical PLans contributi di: Iñaki Ábalos, Pier Vittorio Aureli, Andrea Bassi, Florian Idenburg, Jeannette Kuo, Jimenez Lai, Inès Lamunière, Freek Persyn

A-TYPICAL PLAN

Projects and Essays on Identity, Flexibility and Atmosphere in the Office Building

Edited by Jeannette Kuo with Dries Rodet and Isabelle Concherio