AMABILI RESTI D'ARCHITETTURA
Amabili resti d'architettura: frammenti e rovine della tarda modernità italiana
Giulia Menzietti
Quodlibet studio 2017
Non sempre gli edifici celebri hanno una lunga vita, Giulia Menzietti scrive una storia dell’architettura moderna inusuale, attraverso un’indagine accurata osserva quello che resta di alcuni edifici firmati da architetti famosi, rovine moderne, il cui valore iconico e progettuale apre nuove questioni. Nel pensiero contemporaneo le rovine diventano dei materiali del presente, ferite dolorose che svelano debolezze e contraddizioni del momento attuale. I Progetti abbandonati o in via di demolizione raccontano l’altra storia del nostro paese, un paesaggio di rovine catalogato pezzo per pezzo. Anche attraverso le fotografie di Fabio Mantovani. Questo testo guardando al passato ci mette in guardia rispetto al futuro dell’architettura italiana. Nel nostro paese infatti ogni architetto ha nel proprio portfolio un edificio incompleto, interrotto o indegnamente abbandonato.
E’ un libro che svela l’inadeguatezza delle nostre leggi sull’architettura, che ci mostra come l’architettura sia una disciplina sottostimata. E’ vero l’autrice guarda la storia contemporanea, ciò che è stato in un tempo non troppo lontano ma nel farlo ci mette in guardia rispetto a tutto quello che continua a ripetersi. Il vero problema infatti è nascosto nel rapporto tra architettura e politica, nell’incapacità di noi architetti di avere una voce unica. Giulia Menzietti ci racconta anche del paradosso tipico di quel tempo, ovvero delle contrasto tra la radicalità teorica e la grossolanità delle costruzioni. L'Istituto Marchiondi di Vittoriano Viganò a Milano, il convento dei padri passionisti di Glauco Gresleri a Casalecchio di Reno, la colonia Enel di Giancarlo De Carlo a Riccione, il complesso Marchesi di Luigi Pellegrin a Pisa, sono solo alcune delle rovine osservate, raccontate e anche reinterpretate come frammenti di una nuova geografia del riuso. Forse il nostro futuro deve ripartire da ciò che abbiamo perso nella tarda modernità.