MANTHEY KULA
Manthey Kula
di Luca Galofaro
LIBRIA Melfi 2017
It is a place where speculation and risk is welcomed and where you are forced to formulate what values you have and what qualities you search for.
Un'architettura antimoderna quella del gruppo Manthey Kula, che non cerca di rifondare la disciplina, opponendosi alle dinamiche del moderno, come fa un certo tipo di avanguardia, ma che con il moderno cerca di innescare un dialogo. Al loro lavoro calza alla perfezione la definizione usata in letteratura da Antoine Compagnon per definire gli Antimoderni, Sono moderni lacerati, carichi di dubbi su di sé, proprio in quanto moderni. Più correttamente, nei loro confronti, potremmo parlare di un «antimodernismo dei moderni» [2] Secondo Antoine Compagnon I cinque tratti caratteristici dell'arte moderna sono identificati in altrettanti momenti cruciali della tradizione moderna e si fondano sulla tradizione del nuovo. Lo svolgimento di questa "tradizione del nuovo" era basata sull'idea che in arte esistesse un progresso, che l'evoluzione delle forme artistiche avesse un fine. Il postmoderno rinnega questa tradizione. Gli Antimoderni sono gli unici capaci di resistere, perché capaci di ripartire da ciò che è stato il Moderno. Nella condizione che stiamo vivendo oggi in architettura, nel momento in cui ci rendiamo conto che non esiste un progresso e che il postmoderno ha bloccato ogni tipo di riappropriazione del classico.
Il nuovo in architettura è un paradosso, non riusciamo più a definire il futuro, non siamo più in grado di affrontare la teoria, la cultura di massa ha invaso larealtà del quotidiano che si appropria delle nostre vite, non abbiamo più nulla da rinnegare ne da sognare. Ci troviamo in un momento molto particolare, in cui la critica non riesce a guidare le scelte degli architetti, manca ogni tipo di discussione profonda sulla disciplina, che naufraga tra paradigmi diversi, tra prese di posizione formali o pseudo teorie socio economiche. Ci siamo tutti dimenticati che l'architettura procede sempre in anticipo sulla critica, per la stessa ragione per cui un esploratore procede sempre davanti al cartografo, alla testa della spedizione, aprendo la strada, e che lo stesso incorruttibile individualismo che anima la ricerca dell'architetto gli consente di scoprire, in determinate opere, virtù nascoste dimenticate da tutti ma vitali per lui, per l'esplorazione che conduce con la propria opera. Il loro procedere alla scoperta di nuovi territori, non è una ricerca del nuovo a tutti i costi, ma un nuovo inizio per l'esplorazione lenta di ciò che si è stratificato nella nostra memoria. Gli edifici di Manthey Kula semplicemente prendono forma senza una ragione apparente è come se un sistema di forze già presenti nei luoghi diventi immediatamente visibile. Basta osservare I ponti per la pesca di Myrbaerholmen e i servizi igienici stradali di Akkarvik, I primi sono ponti pedonali e passerelle da cui si può pescare ed ammirare la vista sull'Oceano Atlantico, i ponti curvati isolano i movimenti pedonali dai flussi veicolari, queste aree sono collegate alla struttura principale da semplici scale, rampe e passerelle. Un elemento semplice come la ringhiera viene ridisegnato in modo tale da consentire e migliorare le attività di pesca per i disabili. Il secondo un piccolo padiglione che come un opera di land art segna il paesaggio. Ma oltre alla costruzione c’è una componente diversa nel lavoro dello studio norvegese, un esigenza narrativa, un percorso tra memoria e lettura del reale capace di innescare un processo di analisi quasi astratto sull’abitare lo spazio, su questo percorso si fondano le condizioni del progetto di architettura.
Lo scrittore Javier Cercas ha una teoria molto personale, che utilizza per costruire i suoi romanzi, la teoria del punto cieco. I nostri occhi hanno un punto cieco, un punto sfuggente, laterale e non facilmente localizzabile, situato nella retina, che è privo di recettori per la luce che lo attraversadal quale non si vede nulla. Questo accade per entrambi gli occhi, non ce ne accorgiamo perché durante la visione dinamica un occhio corregge l'altro, i punti ciechi destro e sinistro non coincidono mai. Javier Cercas sostiene che al centro dei suoi romanzi c'è sempre un punto cieco, attraverso il quale non è possibile vedere nulla, un punto in cui la realtà della narrazione acquista una nuova forma.
... Ora è proprio attraverso quel punto cieco che, in pratica, i romanzi vedono. E' proprio attraverso quell'oscurità che questi romanzi illuminano, è proprio attraverso quel silenzio che questi romanzi diventano eloquenti...L'enigma è il punto cieco, e il meglio che hanno da dire questi romanzi lo dicono attraverso di esso: attraverso quel silenzio pletorico di senso, quella cecità visionaria, quello oscurità luminosa, quell'ambiguità senza soluzione. Quel punto cieco è ciò che siamo.
A me sembra che la ricerca del punto cieco sia il modo inconsapevole attraverso il quale MK cercano di costruire la propria idea di architettura. Il punto cieco per loro è un punto di equilibrio tra teoria e pratica, tra costruzione fisica e produzione mentale di uno spazio. Lo spazio per loro è prima di tutto una cosa mentale. Siamo abituati a pensare la struttura come una parte essenziale del progetto di edificio, ciò che sostiene e ci permette di vivere lo spazio. Se osserviamo con attenzione il progetto Ode to Osaka, vediamo una membrana leggera che racchiude uno spazio, ma allo stesso tempo percepiamo una forza innaturale in questo ectoplasma, una presenza che non è solo struttura ma nel suo prendere forma sembra sostenere e resistere al peso del solaio in cemento del museo esistente. E' uno spazio effimero, un interno in un interno, omaggio all'architettura di Svern Fernh, un punto cieco attraverso il quale il moderno si trasforma evolve in qualcosa d'altro. Non è la prima volta che osserviamo un piccolo padiglione realizzato con una membrana leggera tenuta in forma dall'aria questo è certo. Ma qui lo stesso spazio ci invita a mettere assieme temi diversi. Forse una semplice riscrittura, che in un certo senso è capace di decretare la fine del nuovo.