ABSALON

Absalon

Catalogo mostra 

KW Institute for Contemporary Art

Ed. by Susanne Pfeffer Foreword by Hortensia Völckers; Lecture by Absalon; Texts by Bernard Marcadé, Nina Möntmann, Moshe Ninio, Beate Söntgen, Philip Ursprung and a conversation between Ute Meta Bauer, Hans Ulrich Obrist and Susanne Pfeffer. 

Verlag der Buchhandlung Walther König, 2011

The Cell is a mechanism that conditions my movements. With time and habit, this mechanism will become my comfort … The project’s necessity springs from the constraints imposed … by an aesthetic universe wherein things are standardized, average … I would like to make these Cells my homes, where I define my sensations, cultivate my behaviours. These homes will be a means of resistance to a society that keeps me from becoming what I must become. (Absalon, Cellules, 1993)

Volumi bianchi formati dall’accostamento di solidi fondamentali, creano una complessità che prende forma dai movimenti del corpo. Cellule autosufficienti da installare in diverse città, anche se distanti tra di loro formano un unico spazio per l’artista nomade che li abiterà, spazi di resistenza ai cambiamenti sociali.

 Un rifugio per l'artista, ma anche una possibilità diversa di abitare la contemporaneità. Eravamo agli inizi degli anni novanta e lo scultore israeliano che si firmava con il nome Absalon dava forma ad una sua idea di mondo che nasceva dalla volontà di creare un alternativa di vita per l'artista nomade, spazi in cui la relazione tra interno ed esterno crea la condizione per la costruzione dello spazio. Un progetto il suo che produce una  formalizzazione del rapporto  mente e corpo.

Absalon dopo una rapida formazione in storia dell’arte contemporanea, partecipa ad importanti mostre imponendosi come uno dei più interessanti giovani artisti a livello internazionale della sua generazione. Le sue installazioni, si avvicinano molto alle modulazioni spaziali tipiche delle architetture moderne fra anni '20 e '30 (da Le Corbusier all’immaginario Bauhaus), e definiscono un nuovo spazio a cavallo tra i modelli d’architettura e la scultura. Il suo lavoro racchiude, nella sua complessità anche suggestioni urbanistiche, senza però dar vita a forme immediatamente riconoscibili di strutture ripetute all'interno di uno stesso spazio urbano.

L'intenso lavoro attorno ai modelli, la grande precisione dei disegni, trasformano le sue opere in sculture abitabili che attraverso la serialitá e la localizzazione sempre diversa, producono una struttura fisica capace di relazionarsi allo spazio urbano in cui vengono localizzate.

Il tema dello spazio fisico inteso come metafora dello spazio mentale dimostra l'ossessione nei confronti di un ordine e di una regola costruttiva che è quasi esercizio spirituale. Nei suoi padiglioni esiste anche un rapporto diretto tra la funzione e l’estetica, la vita e il guscio che la contiene.

Tutto questo è articolato e ben spiegato nel catalogo della mostra tenutasi al KW Institute di Berlino. Catalogo che riporta tutti i padiglioni ma anche gli appunti, le annotazioni e i disegni dell'artista scomparso troppo prematuramente.

Un' architettura idealizzata che riscopre nel suo farsi, purtroppo solo un padiglione è stato realizzato, gli altri sono tutti modelli in scala reale, una propria autonomia rispetto all'architettura moderna. Un netto rifiuto dei valori sociali della disciplina ed un esaltazione della componente soggettiva, non più macchine per l' abitare collettivo, ma cellule per l'individuo che mettono in scena una visione anti-sociale dell'abitare.

These homes will be a means of resistance to a society that keeps me from becoming what i must be come.

Le cellule sono sculture minimaliste pensate e realizzate per ospitare un solo individuo, disegnate per svolgere le attività base, dormire, lavarsi mangiare, alcune sono organizzate su due livelli, ma lo spazio resta legato al corpo e ai movimenti, pensati per città.

Gli spazi si modificano di continuo quasi a reagire al cambio di luogo e forse a modalità di vita diverse per ogni città.

Un nuovo ascetismo il suo, e un desiderio di vivere comunque lo spazio della città attraverso il limite definito dalla superficie degli involucri.

Esiste ad una lettura di insieme la volontà di una narrazione che cerca di elencare, non solo le esigenze dell'abitare ma anche la decisione di costruire uno spazio altro, un luogo di resistenza  alle trasformazioni sociali e urbane. Sembra di essere immersi in uno spazio metafisico capace di evocare un futuro attraverso la narrazione del passato, ed in questo futuro non esiste lo spazio comune, non c'è posto per le relazioni umane.

La volontà ad isolarsi dell'artista è in un certo senso l'antitesi degli artisti che in quegli anni si occupavano di un estetica relazionale, ma Absalon sembra cogliere come loro la coscienza ecologica che inizia a svilupparsi in quegli anni.

The relation of interior space to exterior form was a constant fixation for Absalon, both in terms of his objects’ shapes and the insurmountable disconnect between an individual’s mind and body. In this definitive exhibition, the comprehensive selection of works and generous use of space allowed the works to articulate their own contradictory take on the interdependence of function and aesthetics, the life and the shell.

I lavori di Absalon colpiscono per la capacità dell'artista di associare forme, comporre e sperimentare, lontano dalle logiche funzionaliste, la sua ergonomia non è una scienza esatta ma una matrice spaziale attraverso la quale posizionare forme liberamente, con l'innocenza  di un bambino. Lo spazio è  progetto, ma anche  un rifugio.  Un piano è l'occasione per strutturare un attività primaria ma anche la cerniera su cui agganciare volumi concavi e convessi a seconda del tipo di sensazione fisica che si vuole creare.

Il lavoro sui padiglioni è possibile grazie al lavoro compositivo e di assemblaggio fatto prima sulle cellule, create per riempire lo spazio o meglio per costruirlo aggiungendo invece che togliendo come invece si fa con l'architettura. Una tecnica di addizione la sua capace di generare un continuo riprodursi dello spazio da vivere.

Sarebbe stato bello vedere l'evolversi di questa ricerca che seppur breve ha lasciato un segno indelebile, anche se poco conosciuto, nella storia dell'arte contemporanea.