BIG! BAD? MODERN:
BIG! BAD? MODERN:
Four Megabuildings in Vienna
Edited by Stefan Gruber, Antje Lehn, Lisa Schmidt-Colinet, and Angelika Schnell
Park Books 2015
di Luca Montuori
Questo libro è l’esito di un percorso di ricerca, didattica e divulgazione sviluppato dall’Istituto di Architettura viennese IKA (Institute for Kunst and Architecture, Vienna). Il contenuto illustra il lavoro condotto, durante un intero anno accademico e in maniera coordinata, da tutti i docenti e tutti gli studenti dell’Istituto che hanno analizzato, ridisegnato, scomposto e ricomposto quattro edifici emblematici dell’architettura austriaca realizzati tra il 1950 e il 1980: l’ospedale di Vienna (AKH), il complesso di uffici della Austrian Broadcasting Corporation (ORF-Zentrum), La Vienna University of Economics (WU), e il complesso residenziale Alterlaa. Quattro mega-edifici; quattro frammenti di utopie realizzate in un momento di grande fiducia nel progresso tecnologico e del ruolo centrale dello stato nel controllo dei processi di costruzione della città; quattro edifici che sono allo stesso tempo sono il segno concreto della crisi del progetto moderno incarnato nella tentazione di sintetizzare la complessità della città in una forma urbana globale e risolutrice alternativa in senso assoluto alle strutture esistenti.
Le ragioni di questo lavoro sono sintetizzate nella prefazione la direttrice dell’IKA, Nasrine Seraji, che parte dalla considerazione di quanto gli architetti limitati nell’ambiguità dell’opposizione tra fare o studiare l’architettura, non siano considerati come parte importante della comunità scientifica internazionale, e di conseguenza siano sempre mal valutati nei percorsi di ricerca universitari. Conseguentemente le scuole di architettura soffrono di una sindrome che da questa considerazione discende: poche scuole sono considerate seri istituti di ricerca. Per questo la scelta di studiare un insieme di edifici paradigmatici per la trasformazione delle relazioni architettura-città, che ridefiniscono anche il ruolo dei progettisti rispetto ai processi di produzione, di crescita, di ruolo politico e sociale, passa attraverso un impostazione metodologica molto forte e determinata, una richiesta di qualità altissima agli studenti nella conoscenza degli strumenti di analisi, di rappresentazione e nella capacità critica con cui il progetto doveva essere affrontato. Tutto questo sposta immediatamente la lettura, da una diffidente curiosità per il rinnovato interesse verso la grande dimensione che pervade alcune scuole di architettura europee, verso un approfondimento di un percorso di ricerca rigoroso che pone alcune questioni su cui le scuole di architettura europee si interrogano. In questo contesto l’IKA, come istituzione, ha deciso di lavorare sul tema del rapporto tra produzione e ricerca architettonica a partire da una selezione di esempi non innocente o poco tendenziosa ma finalizzata a riportare la discussione su un momento scomodo della produzione architettonica; il riferimento al Buono il brutto e il cattivo ne è il segno evidente e una piccola concessione alla cultura italiana del periodo. Il primo esito della ricerca è stata una mostra che si è tenuta a Vienna e che è stata l’occasione per riavviare un dibattito pubblico (cittadini, amministratori, architetti) sulla città a partire dall’architettura. Nei grandi pannelli esposti al Semperdepot i risultati dell’operazione esposti non lasciano spazio all’estetizzazione che le raffinate immagini, foto, disegni, schemi, montaggi rischiavano di produrre. Piuttosto ciò che anche si è voluto puntualizzare è come gli edifici siano stati analizzati in quanto monumenti della modernità, resti archeologici di un periodo storico passato; per far ciò sono stati sezionati e riletti utilizzando e applicando, in maniera assolutamente innovativa e rigorosa, metodologie e strumentazioni pensate per analizzare la città riportate agli edifici . Si assiste quindi a una lettura psicogeografica dei luoghi, all’analisi dei paesaggi, all’applicazione delle teorie di Kevin Lynch, Cristopher Alexander, Colin Rowe, Bernard Tschumi, Venturi, Scott Brown e Izenour. Edifici moderni e sguardo contemporaneo, anzi sguardi diversi e punti di vista multipli.
Il libro stesso diventa allora una sorta di mat-book che permette di intrecciare diversi percorsi di lettura organizzati intorno a parole chiave. L’indice del volume è pensato come una mappa concettuale, un glossario che ripercorre il senso generale dell’operazione sintetizzando premesse e risultati. Alcune delle parole chiave parlano di “letture”: bigness, city, criticism, modernism, monument etc. Altre si riferiscono a operazioni progettuali minime per cambiare radicalmente la percezione di un edificio: land, micro-public space, re-use etc. altre ancora sottendono operazioni di radicale trasformazione: demolition, facade, ruin etc. Lettura e progetto si confondono volutamente in un sistema di relazioni complesse in cui i ruoli non si distinguono. Ogni parola chiave è un punto di accesso all’edificio e il titolo di un saggio breve, una voce di glossario appunto, curata da docenti o ricercatori, parte integrante del percorso per immagini.
Nell’insieme si tratta di un libro interessante per i suoi contenuti e per la forma stessa che l’editore park-books ha contribuito a dargli, con interessanti scelte grafiche, di impaginazione e perfino alcune accortezze nella rilegatura che lo rendono un oggetto in sé prezioso. La ricerca persegue vari obiettivi ed ha molti livelli di lettura attraverso materiali ricchi ed esplorabili seguendo percorsi diversi: pone criticamente l’accento sulla costruzione di edifici che rispondono al tema della grande dimensione, dell’industrializzazione del processo edilizio e della produzione di architettura negli anni della crisi della modernità; definisce l’identità e il ruolo di un centro di ricerca per l’architettura che coniuga didattica e contesto politico interrogandosi sul senso del progettare oggi; vuole superare alcuni stanchi luoghi comuni per riportare l’architettura al centro di un dibattito vitale sul futuro della città.