RENZO PIANO PRIMA DI RENZO PIANO
Lorenzo Ciccarelli
Renzo Piano prima di Renzo Piano
I maestri e gli esordi
Quodlibet 2017
Non avrei mai pensato di scrivere di un libro su Renzo Piano. Ovvio è un grande maestro, posseggo nella mia biblioteca diversi volumi sul suo lavoro. Ma nei libri che recensisco cerco sempre qualcosa di diverso, delle storie e degli sguardi altri sul mondo dell’architettura.
In questo libro ho trovato una storia interessante o meglio il racconto di una Preistoria, come la chiama l’autore, che ha la grande capacità di non rendere ovvia la formazione dell’architetto Genovese, grazie ad una scrittura precisa ed avvolgente.
Il 1971 e il progetto del Centre Georges Pompidou (concepito insieme con Richard Rogers e Gianfranco Franchini) sono il confine tra la storia e la preistoria che rivela inoltre l’avvio della costruzione di quella dialettica biografica e professionale che innerva l’esistenza di Piano: da un lato la ricerca tenace di una dimensione e di riferimenti internazionali; dall’altro l’attaccamento alla sua terra e alle sue origini….
Dove ha origine l’architettura di Piano, quali sono le matrici del suo pensiero? Non basta la costruzione di uno dei più importanti edifici del novecento, la traduzione in forma architettonica dell’idea di Museo Immaginario che era stato teorizzato dall’allora ministro della cultura André Malraux per giustificare il suo successo planetario. Esiste infatti una formazione lenta in cui la capacità di costruire e sperimentare nasce da una storia familiare. Il rapporto con il fratello Ermanno che eredita e guida l’impresa di famiglia.
L’architettura di Renzo Piano nasce dal desiderio di costruire, di mettere a sistema memoria culturale del suo paese e l’esigenza di riferirsi, in un epoca di grandi cambiamenti culturali, al panorama internazionale. Il Pompidou non è altro che la fascinazione per l’idea di architettura aperta e coinvolgente teorizzata da Cedric Price, che Piano, Rogers e Franchini, hanno la capacità di costruire.
Ma la realtà della sua architettura ha altre origini, nasce dalla passione per il dettaglio e del componente di industrial design, i più significativi lavori di quegli anni sono le coperture in elementi piramidali (1964-1965) e in elementi gonfiabili (1966), il laboratorio di falegnameria (1965), lo stabilimento per l’impresa di famiglia (1966-1968), le strutture a guscio (1966-1968), l’abitazione a pianta libera (1968-1969), lo studio Piano agli Erzelli (1968-1969), il padiglione per l’industria italiana all’Expo di Osaka (1969-1970). Ma sono anche gli scambi e le relazioni con i suoi colleghi di generazioni diverse, figure importanti come Franco Albini e l’interesse per maestri considerati in quel momento marginali, Jean Prouvé su tutti.
Ma è anche il sodalizio con Richard Rogers, che lo introduce ad un’ esperienza didattica presso l’Architectural Association di Londra.
Le ricostruzioni presentate in questo volume costituiscono dunque uno strumento essenziale per illuminare e rileggere, attraverso materiali, gli esordi della carriera professionale di uno fra i massimi architetti del nostro tempo.
I would never have thought of writing a book about Renzo Piano. Clearly he is a master and I have several books on his work in my library. But in the books I review, I am always looking for something different such as stories and other ways of looking at the world of architecture. In this book I found an interesting story or rather the story of a Prehistory, as the author calls it, which thanks to a precise and fascinating style of writing, has the ability of making the Genoese architect’s training appear rather less than obvious. 1971 and the design of the Center Georges Pompidou (conceivedtogether with Richard Rogers and Gianfranco Franchini) are the boundaries that separate history and prehistory and which also reveal the start of the development of that biographical and professional dialectic that energizes Piano’s existence: on the one hand there is a tenacious quest for dimension and international references; on the other, the attachment to his country and his origins...
So where does Piano's architecture originate, what are the patterns that inform his thinking?Obviously it wasn’t enough to create one of the most important buildings of the twentieth century, the architectural translation of the idea of the Imaginary Museum that was theorized by the then Minister of Culture André Malraux to justify its planetary success. In actual fact, there is a gentle form of training in which the ability to build and experiment arises from a family story, the relationship with his brother Ermanno who inherited and led the family business.
Renzo Piano's architecture stems from the desire to build, to create a cultural memory of his country and, in an era of great cultural changes, the need to make reference to the international scene. The reconstructions presented in this volume are therefore an essential instrument for illuminating and rereading, through a range of materials, the beginnings of the professional career of one of the greatest architects of our time.