THE ROOM OF ONE'S OWN
Dogma
The room of one’s own
Black Square Press 2017
Se si consulta un saggio pubblicato oggi su una tema specialistico, si può facilmente rilevare che il più delle volte la bibliografia non va oltre una pagina e i riferimenti non vanno molto indietro negli anni. I saggi vengono costruiti senza consultare una biblioteca reale, le ricerche vengono per lo più sviluppate on line, ed in molti documenti fruibili sul web manca spesso una data di riferimento, mentre le date sono un punto di partenza necessario. Oggi infatti si è persa qualunque profondità temporale, e forse questo libro ci aiuta a ritrovarla. Per questo motivo per cominciare a parlare di The room of one’s own di DOGMA è necessario cominciare dalla fine. La bibliografia comincia a pag 124 e termina a pagina 130 poco meno di 280 libri di riferimento, necessari per tracciare la storia della stanza in architettura.Ma andiamo con ordine e ricominciamo dal principio, per costruire un libro non di storia come siamo abituati a leggere oggi, Dogma costruisce qualcosa a metà tra saggio e dizionario enciclopedico illustrato. Per farlo sovrappone tre narrazioni diverse. Un testo critico che ripercorre in sette atti, la storia dell’architettura, descrive in principio la stanza come spazio dell’individualità, attraverso le considerazioni di scrittori e filosofi, per poi trasformarla in un concetto astratto e passare all’evoluzione della sua forma.Dallo spazio circolare delle culture primitive a quello rettangolare che ha permesso di cominciare a pensare per sistemi aggregati. In ogni periodo storico la stanza assume significati diversi, tanto che una cultura viene caratterizzata da una stanza specifica; dal Megaron, all’Oikos della cultura greca, dal Cubicola romano fino alla cella monastica per poi giungere alla grande varietà di stanze del Rinascimento.
Dogma prosegue seguendo un percorso logico preciso, legge ed interpreta la storia come progetto, traccia una mappa mai scritta per portarci fino al XX secolo, e al significato politico della cellula base dell’architettura. Nella seconda parte 64 piante ripercorrono, attraverso un atlante ridisegnato per l’occasione, le tracce segnate dal testo principale. Le tavole atlante sono capaci di mettere in sequenza diagrammi planimetrici delle stanze, sistemi aggregativi, definizioni e motivazioni degli esempi scelti.
L’ultima parte è composta da 48 tavole, una sorta di ricostruzione archeologica di immagini perdute o disperse nelle pagine di romanzi, biografie e fotografie d’epoca o frutto esclusivo dell’interpretazione degli autori. Le tavole rappresentano le stanze di personaggi famosi. Queste Immagini raccolte come dittici in modo da amplificarne il significato, formano una sequenza temporale non lineare. Ogni dittico produce attraverso la contrapposizione delle due parti una dichiarazione. Troviamo lo studiolo di Francesco I con la stanza di Joel Orton e Kenneth Halliwell, a segnare il tempo delle sopravvivenze. La camera da letto di Virginia Woolf e il Cabanon di Le Corbusier, lo spazio del pensiero e dell’emancipazione. Lo studio di Sigmud Freud e il Mrzebau di Kurt Schwitter, lo spazio della memoria e dell’inconscio. Questa parte nasce e si sviluppa attorno ad un’analisi attenta di fonti iconografiche capaci di far produrre agli autori una serie di illustrazioni (disegni a fil di ferro) che guardano l’interno di queste stanze da punti di vista prestabiliti, in modo da permetterci un facile confronto tra i modelli scelti. Un lavoro sulla memoria, in cui il disegno diventa quasi magicamente progetto. Un aspetto importante è che molte delle stanze scelte sono state abitate da personaggi famosi, scrittori, architetti, artisti. Quasi a voler dimostrare che lo spazio interno si completa solo nel momento in cui viene abitato e quindi attraverso gli oggetti che contiene, prende la forma esatta del suo abitante.
Ecco se mettete assieme tutto questo e se poi diciamo che l’autore non è un singolo architetto, ne un insegnante con un gruppo di studenti ma uno studio di architettura, capiamo che oggi è ancora possibile pensare un libro come un vero e proprio strumento di ricerca. Riusciamo a comprendere come attraverso un libro uno studio di progettisti possa raccontare la sua idea di architettura senza mai usare la parola teoria, ma usando la storia come strumento conoscitivo ed interpretativo.
In questo libro non è importante solo ciò che c’è ma anche ciò che è assente. Il lettore leggendo lo aggiunge mentalmente, diventando non solo fruitore ma anche produttore di contenuti. Nel processo mentale dei lettori è infatti nascosta la qualità di questo lavoro. Io continuo a disegnare mentalmente le stanze che ritengo importanti completando il percorso tracciato da Dogma. Qualcuno potrà dire, oggi è facile raccogliere tutte queste semplici informazioni, se interpelliamo il web abbiamo di fronte a noi la memoria del mondo e un incredibile quantità di siti web che ci mettono di fronte informazioni di ogni tipo, tempi e luoghi che si sovrappongono senza fine.
Ma come facciamo a selezionare solo quelle parti che ci interessano? Ecco per farlo dobbiamo fidarci di quegli autori capaci di trasformare la memoria in una narrazione fluida e senza interruzioni. Dobbiamo fidarci della loro logica, e seguendoli leggendo fino alla fine ci accorgeremo che potremo guardare lo spazio in cui viviamo in modo diverso. Ho cominciato questo breve testo dalla Bibliografia, mi sembra giusto quindi chiudere con il titolo per ristabilire un ordine naturale. Nel 1928 Virginia Woolf fu invitata a tenere una conferenza sul tema "Le donne e il romanzo". Il risultato è uno straordinario saggio, dal titolo The room of one’s own (Una stanza tutta per se) vero e proprio manifesto sulla condizione femminile. Come poteva una donna, si chiede la scrittrice inglese, dedicarsi alla letteratura se non possedeva "denaro e una stanza tutta per sé"? La stanza per scrivere è per la Woolf la metafora di una condizione di libertà, un simbolo di emancipazione, uno spazio necessario alla vita.
Così anche per Dogma la stanza racchiude un significato preciso, è il luogo della libertà ma anche metafora di un mondo che cambia e un vincolo che ci costringe ad una vita in cui è sempre più difficile riuscire a riconoscere il limite tra pubblico e privato, tra lavoro e vita domestica, un luogo del dubbio. La stanza è lo spazio da cui ripartire e in cui ritrovare una dimensione comune. Una stanza tutta per se in cui accogliere le vite degli altri.