RACCONTI

12 Racconti con Casette, Michele De Lucchi 

Corraini Edizioni Verona 2005 

Ci sono architetti che usano la matita per schizzare sui loro taccuini, altri preferiscono una stilografica, o degli acquarelli. Poi ci sono quelli che per fermare le loro idee e per prendere appunti usano la motosega. Michele De Lucchi è uno di questi.L'uso della motosega per lavorare il legno, dimenticavo, De Lucchi va all'origine delle cose non usa la carta, scolpisce, intaglia manipola direttamene la materia solida, non aggiunge sottrae, per trovare significato.Lo scopo di questi esercizi è semplice, ristabilire un contatto con la parte profonda della propria anima, cercando tra le pieghe della propria memoria delle storie.

Le mie casette non sono case vere e non sono neppure progetti di case da realizzare, seppure io sia architetto e mi piaccia molto disegnare case da abitare. Non sono neppure modelli simbolici o evocativi di una qualche teoria né tentativi di instaurare un nuovo stile “rustico”, anche se una maggior attenzione della grande architettura moderna alla “piccola scala” non sarebbe male. Sono invece pretesti per scrivere delle storie, piccole piccole anche queste come lo sono le casette. Sono racconti, riflessioni, aneddoti, appunti e ricordi sulla mia vita professionale, sugli argomenti che più mi hanno interessato e coinvolto intellettualmente ed emotivamente.

 Anche per raccontare storie ci sono forme diverse, autobiografie, raccolte di saggi, progetti, o scritti (guardate cosa erano capaci di fare Sottsass e Boetti con i libri e le parole sui post precedenti). De Lucchi cerca una forma diversa, che nasconde la sua timidezza il suo essere schivo e riservato in un mondo in cui tutto deve essere urlato, sussurra dalle pagine di questo piccolo libro ricordi intensi e molto personali, suo padre, l'architettura il suo rapporto con un cliente difficile, che nasconde invece una complicità intensa. E qui per chi per un attimo pensa alla creatività, l'autore risponde con una frase la migliore in assoluto conservata nel libro:

Non c'è bisogno di tanta creatività anche perché quando solo la si nomina, svanisce.

L'architettura di De Lucchi é un architettura che rispecchia in pieno le storie nascoste in questo libro, il progetto è un progetto fatto di sostanza, di praticità ed intelligenza nascosta, e più che le parole é l'uso del legno per i suoi esercizi spirituali a svelarcelo.

Ciò che mi piace veramente è il legno, la sua natura, il suo colore e il suo profumo. Amo il carattere docile con il quale prima si sottopone alla lavorazione e quello ribelle, irrequieto e irriverente quando poi si trasforma stagionando e asciugando. Niente può domarlo: si muove, si contorce, si vena e si crepa, senza regole e limiti, a volte vanificando il duro lavoro di giorni e giorni. Ma il legno è bellissimo per la sua vita che mai si spegne, anche dopo anni e anni: in silenzio continua i suoi sotterranei movimenti, diventando sempre più prezioso per il colore, l'età, i segni del tempo. 

Materiali, storie ricordi, architetture si intrecciano per un breve istante, si accumulano in modelli creati non per essere trasformati in edifici ma per sedimentare nella memoria, un esigenza, quella di creare senza sosta momenti particolari, progetti.

SOCIALIST FORM

Socialist Architecture

Tobia Bezzola, Srdjan Jovanovic Weiss (a cura di),

JRP|Ringier, Zurigo 2012.

Il progetto di collaborazione, avviato nel 2009, tra il fotografo Armin Linke e l’architetto Srdjan Jovanovic Weiss ha documentato lo stato di fatto di alcune architetture realizzate nell’ex Jugoslavia socialista e il destino di abbandono o trasformazione che hanno conosciuto nelle democrazie emerse dalle trasformazioni politiche degli anni novanta.

Lo spunto iniziale nacque a Skopje, dove Linke venne invitato a un convegno sull’architettura socialista. Da allora – era il 2009 – l’indagine è proseguita in Bosnia, Serbia, Montenegro e Croazia; gli ultimi scatti risalgono all’anno scorso.

Dopo le trasformazioni avvenute nell' ex jugoslavia molte di queste architetture sono rimaste vuote, in termini d'uso e di significato, da simboli del regime si sono trasformati in rovine moderne. Attraverso questo lavoro di documentazione si catturano in un certo senso le indecisioni rispetto a come comportarsi di fronte a questi edifici di cinque democrazie emergenti: Croazia, Bosnia-Herzegovina, Montenegro, Macedonia, e Serbia.

Il confronto con il proprio passato è sempre difficile, e questi edifici lo rappresentano, ma non riuscire a reagire incorporandoli nel proprio futuro é forse l'errore più grande.

The beauty of Soviet brutalism

Photographer Frédéric Chaubin

Taschen 2011

Photographer Frédéric Chaubin reveals 90 buildings sited in fourteen former Soviet Republics which express what he considers to be the fourth age of Soviet architecture. His poetic pictures reveal an unexpected rebirth of imagination, an unknown burgeoning that took place from 1970 until 1990. Contrary to the 1920s and 1950s, no “school” or main trend emerges here. These buildings represent a chaotic impulse brought about by a decaying system. Their diversity announced the end of the Soviet Union. Taking advantage of the collapsing monolithic structure, the holes in the widening net, architects went far beyond modernism, going back to the roots or freely innovating. Some of the daring ones completed projects that the Constructivists would have dreamt of (Druzhba Sanatorium, Yalta), others expressed their imagination in an expressionist way (Palace of Weddings, Tbilisi). A summer camp, inspired by sketches of a prototype lunar base, lays claim to Suprematist influence (Prometheus youth camp, Bogatyr). Then comes the "speaking architecture" widespread in the last years of the USSR: a crematorium adorned with concrete flames (Crematorium, Kiev), a technological institute with a flying saucer crashed on the roof (Institute of Scientific Research, Kiev), a political center watching you like Big Brother (House of Soviets, Kaliningrad). This puzzle of styles testifies to all the ideological dreams of the period, from the obsession with the cosmos to the rebirth of identity. It also outlines the geography of the USSR, showing how local influences made their exotic twists before the country was brought to its end.

Frédéric Chaubin's Cosmic Communist Constructions Photographed is elected best book on architecture of the year by the International Artbook and Film Festival in Perpignan/France (Festival International du Livre d'Art & du Film Perpignan). The photographer: Frédéric Chaubin has been, for the last fifteen years, editor-in-chief of the French lifestyle magazine Citizen K. Since 2000 he has regularly featured works combining text and photography. The CCCP collection research was carried out from 2003 to 2010, through an intuitive and creative travel process. This project has been shown throughout the world, from Japan to the United States.

ROMA. UNA GUIDA ALL'ARCHITETTURA MODERNA

Roma. Guida all'architettura moderna 1909-2011

Piero Ostilio Rossi

Editori Laterza

Terza edizione di un libro che è stato pubblicato per la prima volta nel 1984 e che segue, a dieci anni di distanza, l’aggiornamento del 1991 che costituiva a sua volta una revisione critica e un approfondimento della struttura e dei contenuti della prima edizione.



E’ un percorso attraverso la Roma contemporanea organizzato attraverso la successione di 228 schede disposte in ordine cronologico ed è strutturato come una guida, ma è anche una storia dello sviluppo complessivo della città a partire dai primi anni del Novecento.
Il libro tende ad evitare l’estrapolazione forzata di alcune opere dal loro tessuto urbano per restituire la complessità dei meccanismi che determinano la realizzazione di un quartiere, di un edificio pubblico o di una casa. Per questo proietta l’architettura sullo sfondo dei modi reali di crescita della città attraverso continui rimandi tra gli edifici e i Piani regolatori e tra i piani e la “città senza qualità” dell’abusivismo edilizio.

E’ un libro importante per ragioni diverse, perché dimostra come nel corso degli anni sia un po’ diminuita la quantità di architettura di valore costruita a Roma, nonostante la quantità di edifici realizzati sia aumentata tantissimo. 

E perchè è un libro fatto con cura, passione ed intelligenza rara. 

Piero Ostilio Rossi compie un viaggio, lungo 100 anni, lento e difficile alle radici del moderno, cercando tra le pieghe della città spazi ed edifici di valore, non compila un elenco, non è un 

best off

 ma una lettura attenta e meticolosa. L’autore si ferma da solo di fronte ad ogni edificio, lo fotografa, lo racconta con parole precise e ci consegna di edizione in edizione la storia della Roma Moderna. 

Una riflessione è d'obbligo: perché il contemporaneo oggi  a Roma non riesce ancora e nonostante le opere importanti degli ultimi anni ad entrare nel DNA della città e dare vita ad una nuova stagione felice dell’architettura. Troppo facile nascondersi dietro il fatto che è difficile farlo nella città storica, troppo facile nascondersi dietro la crisi economica e politica che sta mettendo in ginocchio la città.

 Alla fine ci resta tanta architettura e qualche   domanda che porteremo con noi al MAXXI durante la sua presentazione. 

UN INVENTARIO DI ANTICORPI

Didier fiuza faustino/

BUREAU DES  

MÉSARCHITECTURES

ANTICORPS

HYX orleans 2004

Catalogue exposition Frac centre Orleans

Per chi partendo dall'inventario del post precedente volesse approfondire il lavoro di uno degli architetti francesi più interessanti della sua generazione, che lavora sul confine tra arte ed architettura può consultare il catalogo della mostra che il Frac Centre di Orleans gli ha dedicato nel 2004

I suoi disegni in bianco e nero mostrano con estrema chiarezza l'essenza dei suoi progetti che come anticorpi cercano di rafforzare il sistema immunitario delle nostre città. Micro architetture capaci di diventare catalizzatori di energie in tes

suti urbani complessi.

Un architettura di frontiera dove la re-invezione programmatica ristabilisce la centralità degli spazi pubblici pensati finalmente come edifici di supporto alle trasformazioni sociali.

Didier Fiuza Faustino works reciprocally summons up art from architecture and architecture from art, indistinctly using genres in a way that summarises an ethical and political attitude about the conditions for constructing a place in the socio-cultural fabric of the city. Spaces, buildings and objects show themselves to be platforms for the intersection of the individual body and the collective body in their use. Each project represents a concept that subverts the social context, in which seeing is experimenting beyond submission to the dichotomy of the rules that normally mark out public space and private space. The body is recentred on the basis of the social implications of the space, alerting people to the dangers of subjecting it to an ambiguity of representation that may contribute towards their forgetting its identity…”(1)

STORIA DI CASE

REASONS FOR WALLING A HOUSE

51N4E

Ruby Press 2012 Berlin

Ci sono libri di architettura che non lo sembrano, e questo mi piace.

Reasons for walling a House del gruppo 51n4e edito dalla Ruby Press è uno di questi.

La Ruby Press è una casa editrice indipendente con sede a Berlino, che trasforma i libri in progetti, raro trovarne due uguali, Andreas e Ilka Ruby dirigono la casa editrice ma non sono editori, scrivono da sempre di architettura camminando con estrema sapienza su quel limite sottile che la divide dalle altre discipline, gli sconfinamenti quindi sono all'ordine del giorno e trasformano i loro libri in storie bellissime.

L'architettura in questo libro, il progetto di una casa, appare e scompare raccontando la storia dei suoi committenti, una coppia di collezionisti che vive in una piccola casa sul bordo della foresta da diversi anni.

Nel 2003 chiedono allo studio belga 51N4E di ripensare il progetto, dopo qualche anno di discussione e confronto il progetto è completato, l'interno svuotato e ripensato completamente la casa circondata da un muro leggero in ferro.

Lo spessore del muro volutamente leggero rende instabile questo confine che diventa metafora di un isolamento creativo, il limite non separa ma stabilisce relazioni tra i fruitori, lo spazio urbano e quello mentale che i padroni di casa decidono di creare con i loro ospiti.

Uno spazio senza fine, nonostante sia delimitato con un segno preciso, netto, propone un modo diverso di abitare perchè la sua vita va oltre lo spazio fisico di chi lo vive.

I Padroni di casa decidono di trasformare l'edificio in una guest house per artisti, architetti, pensatori, e cominciano ad invitarne alcuni: Enrique Marty, 51N4E, Andrea Branzi, Josse De Pauw, Something Fantastic, BeL, Dirk Braeckman.

Gli invitati hanno carta bianca possono, restare quanto vogliono, unica regola lasciare una traccia del loro passaggio.

Le tracce sono raccolte nel libro così come la descrizione del progetto, e molte altre storie che fanno di questo piccolo volume

un capolavoro del suo genere (se un genere esiste)

Non un libro di architettura, non un libro d'arte, non un romanzo; la sceneggiatura della vita di un edificio fatto non solo attraverso muri spazi e materiali, ma costruito attraverso le vite che si alternano al suo interno, in un gioco di ruoli che cambiano e si modificano così come i limiti tra le discipline.

E l'architettura allora dove è? Nella sua assenza o meglio presenza discreta e forte allo stesso tempo, un'architettura senza linguaggio ma con una lingua forte e decisa.

UN' UNICA OPERA

I LIBRI DI ETTORE SOTTSASS

A cura di Giorgio Maffei – Bruno Tonini

Corraini editore 2011 Mantova

T

utti abbiamo bisogno di nasconderci, abbiamo bisogno di avere amici sorridenti, abbiamo bisogno di guardare gente che mangia e che canta. Abbiamo un estremo bisogno di calma.  E.S.

Forse è proprio come un'unica opera che si può considerare la grande quantità di libri scritti, pensati e disegnati da Ettore Sottsass, tutti raccontano storie, momenti particolari raccolti e selezionati durante una vita intensa, in cui ogni istante diventa un occasione da registrare e da usare come momento creativo.

Gli esordi con la rivista  Room East 128. Chronicle nata nel periodo del ricovero di Sottsass in California, dove per lunghi mesi, la degenza forzata, gli lascia il tempo per inventare un modo per continuare a creare, ed allo stesso tempo, tenere informati gli amici sullo stato della sua salute. Il diario si fonde con il collage di estratti da riviste e giornali, in una sorta di lettura pop della realtà Americana. Questa lettura è fatta attraverso notizie reali, testi di amici scrittori e disegni. Stampata con un ciclostile in poche copie diventa lo strumento attraverso il quale cominciare un avventura che non abbandonerà mai, la realizzazione di opere tipografiche.

La carta stampata nelle mani di  Sottsass è uno strumento unico capace semplicemente di re inventare il mondo, questa massa di informazioni raccolte non produce una memoria organizzata, ma per usare le parole di Andrea Branzi,

alimenta una sorta di amnesia perenne, fresca, felice, che rinnova continuamente il suo modo di lavorare e il suo modo di progettare, senza mai ripetersi.

Le pagine infatti danno una luce completamente diversa ai suoi progetti e alle sue scelte, in cui non esiste un linguaggio prefissato, ma tante lingue diverse che sembrano comporre un’atlante coloratissimo di oggetti e spazi differenti.

Certo non è un caso che la passione per il libri sia stata condivisa, in gran parte con Fernanda Pivano, con la quale frequenta i giovani scrittori beat americani che compongono i testi dei fascicoli pubblicati tra 1963 e il 1970 per le edizioni East 128, evoluzione naturale della rivista. In questi nuovi libri, alle preziose serigrafie che accompagnano i testi, si affiancano i ritratti fotografici dello stesso Sottsass.

Queste edizioni rappresentano una finestra su quella che diventerà presto la sua ricerca sul design e l' architettura.

Non ricordo di averlo mai visto senza qualche libretto, opuscolo, fascicolo in corso di progettazione o pubblicazione.

(Barabara Radice)

Per Sottsass, quella dei libri, è quasi una passione compulsiva, che lo porta a fermare sulla carta stampata le proprie riflessioni,

compilando negli anni

una sorta di enciclopedia del reale. I libri come spazi del progetto sono nelle mani dell'architetto, uno strumento indispensabile.

L’architetto infatti

non deve soltanto costruire, ma deve saper pensare, guardare e comunicare

le proprie idee

, (Andrea Branzi) definendo un percorso preciso, fatto di sensazioni quotidiane arricchite delle possibilità offerte dall'essere spettatore prima che attore dell'azione progettuale.

Sottsass

non aveva bisogno di oro e pietre preziose per costruire ricchezza 

(Michele de Lucchi) perchè la ricchezza nasceva da un esigenza interiore tipica del progettista disincantato, capace di rafforzare se stesso attraverso una riflessione ininterrotta.

Tra le opere migliori la rivista Terrazzo, dove non c'è spazio per il marketing e per gli strilli, ma per un'architettura che contiene al suo interno un' intera esistenza.

Terrazzo cambia le regole delle riviste di progetto tradizionali, ogni suddivisione disciplinare  è cancellata,  i confini tra arte, architettura e scrittura letteraria sono per la prima volta sfocati.

La riconoscibilità è data dalla copertina nella quale sono completamente assenti le immagini. All'interno, disegni e fotografie definiscono il campo d'azione principale dell'architetto, che utilizza il reportage di viaggio come strumento di conoscenza di oggetti luoghi e persone.

Uno stile unico, che non può non farci pensare alle esperienze precedenti, trasformate però in un racconto di matrice jazzistica dove all'improvvisazione si contrappone un idea estremamente lucida di architettura, fatta di relazioni. Monumenti e edifici spontanei creano tra di loro un cortocircuito che non vuole scandalizzare ma rasserenare gli animi.

Una rivista che non parla di cronaca, non commenta, non media, ma invece presenta qualità originali accostate da un comune sentire e vedere, una vera rivista nel senso etimologico del termine.

Nel corso degli anni alterna, opere autoprodotte, riviste raffinate, libri d'artista non rinuncia nemmeno alla sperimentazione con i libri a basso costo di stampa alternativa, famosa alla fine degli anni ottanta per i libretti a millelire. Per Millelire firma una serie di piccoli volumi, tra i quali:

paesaggio urbano

e

il pensiero generale alla fine del secondo millennio,

perfettamente in linea con le sue passioni più intense, la fotografia e le parole, pensate e a volte rubate dai media.

I libri di Ettore ci insegnano a educare lo sguardo, a raccogliere con pazienza segni eterogenei e occasionali per poi ricomporli in categorie fisiche e mentali.  

(

Franco Raggi) 

Sono queste categorie a segnare la strada per i suoi progetti, a definire la sua lingua sempre più realista, ironica e a suo modo iconica. Usa forme archetipe reinventandole di continuo in un gioco di rimandi, tra ciò che ognuno di noi desidera e ciò che invece già ci appartiene.

Sottsass riesce là dove la più parte degli scrittori fallisce: il farsi da parte intanto che si racconta o racconta.

(

Lea vergine)

Ho lasciato alla fine la cosa più importante che emerge dallo sfogliare questi libri, la forza della sua scrittura, che mescola secondo uno stile tutto suo ironia, memoria e ricordo, allegria e tristezza, disincanto e stupore propri di una mente sempre giovane, una scrittura non da architetto, mai involuta e difficile che fino alla fine ci regala speranza e illusioni.