MY ATLAS

Ringrazio Krunoslav Ivanišinper aver commentato il mio libro su una nuova piattaforma digitale 

http://www.transfer-arch.com/

Transfer Global Architecture Platform is a new independent digital editorial project based on the production and transmission of original architectural knowledge with the aim of connecting contemporary ideas and practices and building a global architectural culture.

Transfer aims to be a global reference in the generation of leading architectural content, with the objective of becoming an international influence, both as a window for analysing and understanding the world, and as a microphone for participating in the global architectural discussion.

Transfer digitally publishes a series of monographs and weekly sections, aiming to explore new ways of showing and experiencing architecture with digital media.

Based in Zurich, Transfer is edited by a team with extensive experience in research and architectural edition, and relies on an outstanding network of global observers worldwide.

 

An Atlas of Imagination
Luca Galofaro
Damdi publisher 2015

It is not easy to write something about Luca Galofaro’s atlas of imagination because the author – also collector and curator in this case – has already explained almost everything about the collection himself. Followed by an open-ended sequence of public talks, discussions, presentations and exhibitions in the physical space and on the internet, the book describes the idea of montage as a form of production, presenting a collection (an atlas, an archive) of found and worked images and texts. Like in a beautiful movie, the images–montages fold and unfold before our eyes, unbounded by either the associated concepts and meanings inherited in the images–origins they were built from, or the otherwise ubiquitous gravitational force. Like in an interesting scientific paper, the accompanying texts–quotes verbalize the images within a certain intellectual tradition, providing the context to bind the sum of parts into the coherent whole. 

An Atlas of Imagination is not just another picturesque assemblage of pictures and words; is a higher- order montage in its own right.
Beyond the naivety of seemingly similar products of contemporary artistic practices and despite the partial cancellation of the gravitational force, I like to think about Luca Galofaro’s pictorial montages as genuinely architectural tools. This means that they may be instrumental in the conscious production of architecture and knowledge on architecture. The fact that author named them “montages” instead of “collages” emphasises the qualities of time, space, and possibly even movement included within the fixed forms similar to movie stills printed on paper. As independent end-documents in the form of gallery exhibits with layers printed on the overlaid sheets of glass, the montages turn out to be real three-dimensional objects. But from an architectural perspective, they are even more interesting as by-products documenting ideas around concrete architectural projects or the working models documenting certain critical moments in their production. They are nothing like “I have forgotten the plot, but I am certain that I watched this movie,” or “I was in a place like this, I have only forgotten when and where.” Paraphrasing Gerhard Richter, whom Luca Galofaro quotes twice in his atlas, his montages may indeed become real places and architectures.
“We are still not there. We are only on the way.” The most delightful thing about each of the montages is this purely architectural quality of incompleteness which includes the promise of the spatial implementation of an architectural project. The most delightful thing about the book as a whole is that the original images and the original quotes retain their original properties. We easily recognise the heavy Pantheon section as the section of Pantheon only multiplied into a weightless space station. We read Sol Lewitt’s emphasis on things illustrating mental process as more interesting than the final result as proper to his own work and at the same time descriptive of Luca Galofaro’s montages.
An Atlas of Imagination is a mixture with clearly distinguished parts and joints, not a compound with differences that are blurred and obfuscated. The parts are not sacrificed for the sake of the whole, but they interfere in accordance with a certain tectonic order. Moreover, the resulting montages recall some real architectural collages, surprisingly uncovering the origins of things and the hidden relationships between them. ( Krunoslav Ivanišin)

LO SPAZIO DEL LAVORO

L'architettura è da sempre specchio del mondo che cambia, due libri che riflettono sullo spazio della produzione e sullo spazio del lavoro, ci insegnano che guardare al passato serve a comprendere il mondo che cambia, solo studiando e comprendendo a fondo queste trasformazioni politiche e sociali l'architettura potrà prefigurare il futuro. Chi non lo capisce ha perso prima di cominciare, grazie a Luca Montuori che ha letto per noi questi due libri.

SPACE OF PRODUCTION
Projects and Essays on Rationality, Atmosphere, and Expression in the Industrial Building
Edited by Jeannette Kuo.

by Luca Montuori

Con un certo ritardo sul “Guardian” è apparso in questi giorni un articolo che ci avvisa che la fine del capitalismo è iniziata. La trasformazione del lavoro è uno dei temi su cui si è più riflettuto negli ultimi anni e l’epoca del post-fordismo ha alimentato molte delle riflessioni architettoniche nella contemporaneità. Tra le questioni più importanti rimane il problema della figuratività ( o non figuratività) dei nuovi spazi in cui vivono i lavoratori dell’immateriale, le nuove forme di controllo del lavoro, il rapporto tra abitare e lavorare, la fine del tempo libero e del rapporto tra spazio pubblico e spazio privato. Nuovo lavorare e nuovo abitare. Per questo il volume “Space of Production”, che si accompagna anche a un precedente volume dal titolo “A-Typical plan” (Projects and Essays on Identity, Flexibility and Atmosphere in the Office Building, curato dalla stessa Jeannette Kuo) sugli edifici per uffici, assume un significato che va ben oltre la mera catalogazione di edifici industriali e non è semplicemente un nuovo tentativo di guardare alle potenzialità espressive che la ricerca in campi innovativi per il progetto ha potuto generare. Non è qui in discussione la capacità espressiva dei progettisti nell’immaginare la forma che si libera dalla struttura tipologica tradizionale per costruire i nuovi spazi della modernità. C’è qualcosa in più. Il libro ha un ampio testo critico iniziale che riflette proprio sulla trasformazione del lavoro e degli spazi in cui questo si svolgeva e si svolge oggi. Il testo è accompagnato da una serie di schede di casi di studio, edifici industriali maestri del moderno come Peter Behrens, Félix Candela, Albert Kahn, Louis I. Kahn, Robert Maillart, Pier Luigi Nervi, Auguste Perret, Jean Prouvé, ma anche esempi contemporanei tra cui Herzog e de Meuron. I progetti sono descritti pubblicando foto d’epoca, disegni originali ma anche attraverso una operazione di ridisegno degli edifici resi confrontabili grazie a una unificazione dei codici grafici di rappresentazione. I disegni sono realizzati all’interno di ricerche ed esperienze didattiche della École Polytechnique Fédérale de Lausanne. Gli autori quindi, se nel primo volume avevano raccolto una serie di casi studio, di edifici per uffici, catalogandoli e confrontandoli attraverso l’osservazione della pianta come elemento generatore di spazialità generiche, qui offrono una chiave di lettura che guarda alla “sezione” come mezzo per configurare, controllare il progetto e soprattutto come strumento per progettare i nuovi luoghi della produzione. Il volume infatti si chiude con alcuni interessanti progetti della scuola che tentano di rendere attuale la riflessione sulla natura degli spazi del lavoro, e quindi dell’abitare, nell’epoca della fine del lavoro.

In Spaces of production sono raccolti contributi di Alberto Bologna, Juan José Castellón, Jeannette Kuo, Cédric Libert, e una intervista con Jacques Herzog. In A-Typical PLans contributi di: Iñaki Ábalos, Pier Vittorio Aureli, Andrea Bassi, Florian Idenburg, Jeannette Kuo, Jimenez Lai, Inès Lamunière, Freek Persyn

A-TYPICAL PLAN

Projects and Essays on Identity, Flexibility and Atmosphere in the Office Building

Edited by Jeannette Kuo with Dries Rodet and Isabelle Concherio

UN' ISOLA LONTANA

Kiribati
Cronache illustrate da una terra (s)perduta
Andrea Angeli e Alice Piciocchi
24 ore cultura

Siamo entrati nel terzo millennio ed ancora è possibile viaggiare per scoprire il mondo.
Lo hanno fatto gli autori di questo piccolo capolavoro, Andrea Angeli e Alice Piciocchi, architetto lui e giornalista lei.
Hanno trovato nel viaggio il soggetto perfetto di questa riflessione sul mondo che abbiamo creato. Qui sul confine del mondo abitato un'isola della Micronesia è destinata a scomparire per l'innalzamento delle acque, fra vent'anni o forse 100. 

Quando non si sa, ma l’ipotesi è tanto credibile da aver convinto il presidente del Paese a progettare una migrazione di massa. Destinazione: isole Fiji. A tanto pragmatismo non corrisponde però la consapevolezza della popolazione, che continua la propria vita senza preoccuparsi del futuro.

Il viaggio degli autori comincia qui, nel cercare di entrare in sintonia con un’altra civiltà, scoprendone tutti i sorprendenti aspetti (dai riti magici ai valori) e componendo una storia a due velocità: visiva (le tavole di Angeli sono una versione moderna delle tavole Darwiniane) e narrativa. Il diario di Alice Piciocchi va oltre la cronaca, dimostrando un’empatia che parla una lingua universale.

Il libro è uno sguardo doppio su un mondo incastrato tra passato e presente, dove il futuro è un  tempo sospeso. E dove pratiche antiche si fondono con quelle contemporanee e creano dissonanze, interruzioni. Le superstizioni si fondono con le certezze dell'era moderna, diventando a loro volta racconti postmoderni che creano sorpresa nei due osservatori ma anche empatia.

I dubbi alla fine che nascono dal viaggio, ancora una volta inteso come scoperta di se, ci dicono senza indugi che viaggiare con lentezza è ancora la forma di conoscenza più pura.
Il libro è consigliato ad un pubblico adulto che riuscirà a pensare al mondo che cambia, ad un pubblico di bambini che si perderà nelle storie di un mondo reale ma allo stesso tempo immaginifico, ed infine agli architetti, che riscopriranno il valore del disegno come strumento utile di rappresentazione  del reale che nasconde molte più idee del reale stesso.

THE BIENNALE BOOKLIST 2016

La Biennale di Architettura è anche il luogo in cui trovare libri, ogni padiglione ha il suo catalogo e molti degli architetti partecipanti hanno un libro dedicato.  Nei giorni dell'apertura poi molti volumi vengono presentati, formalmente ed informalmente.  Ecco dunque una prima selezione di alcuni dei libri più interessanti che ho avuto modo di sfogliare e che ora, in fila sul mio tavolo, aspettano di essere letti con attenzione.

Home Economics 

 British Pavillion 2016

 curators Shumi Bose- Jack Self - Finn Williams

published by The Space

Home economics asks urgent questions about the role of housing and domestic space in the material reality of familial life.... propose new models for the front line of British architecture: the home..

Il tema del padiglione è affrontato e spiegato meglio nel catalogo piuttosto che nell'allestimento, il libro racconta e mette a sistema ricerche diverse, forse troppo omologate nella realtà del padiglione ma ben descritte dai singoli autori all'interno del libro.

Resta uno degli oggetti editoriali più belli visti a Venezia.

Studio Anne Holtrop

2G Magazine

Koening Books

Una monografia tradizionale, una rivista creata e pensata dalla Gustavo Gili di Barcellona e ora proposta in una nuova versione da un editore che gli restituisce nuova vita e speriamo una nuova serialità. Anne Holtrop studio è una realtà interessante con una ricerca precisa fatta sulla costruzione di spazi temporanei, ma di grande suggestione.

La sperimentazione non è sul linguaggio e nemmeno sulla tecnica ma sulla capacitá di costruzione di uno spazio mentale prima che fisico. 

Piccoli padiglioni definiscono una nuova idea di architettura effimera dove l'abitare non è legato ad un programma specifico ma ad un modo non convenzionale di utilizzare lo spazio.

I am interested in a possible architecture

 dichiara l'architetto olandese, e il libro ne è la prova evidente.

Fundamentals Acts

curato da Matteo Ghidoni

a+mbookstore

Lo so negli ultimi mesi il lavoro di SUPERSTUDIO è stato vivisezionato, celebrato e raccontato da una grande retrospettiva al Maxxi di Roma con un libro monumentale.  Sono tanti gli omaggi e i tributi di autori diversi, questo più di tanti altri da spazio all'immaginazione e coinvolge una lunga serie di invitati chiamati a riscrivere gli Atti Fondamentali, un libro ben curato, con una grafica elegante e un contenuto etereogeneo capace però di dare nuova vita ad un'idea di architettura che da Utopia si è trasformata in realtà.

Art of Many 

Danish Pavillion

The Danish Architectural press

Una raccolta di progetti di architettura realizzati nel mondo da architetti Danesi, un enciclopedia su una nazione che sta concentrando tutte le sue forze su una produzione edilizia di grande qualità.

Bravoure  Scarcity Beauty

curators  architecten de Vylder Vinck taillieu, 

doorzon interieurarchitecten, Filip Dujardin

Flanders Architecture Institute

A proposal that has taken this concern for craft further. it has become a questioning of the intentions and the operations of architecture at a time when necessity is paramount, and immagination necessary.

Tredici progetti di altrettanti studi per illustrare la propria visione della maestria, il team BRAVOURE espone nel padiglione belga frammenti di progetti rappresentativi di un idea di architettura tanto semplice quanto suggestiva. Tramite delle copie a grandezza reale di dettagli di edifici viene illustrato il modo in cui la ristrettezza economica in edilizia possa condurre e sfociare nell’abilità dell'architetto. De Vylder dichiara

Il frammento viene esposto nella sua realtà, seppur estrapolato dal 

suo contesto, per dar finalmente vita a una nuova dimensione

. Gli studi di architettura che forniscono il proprio contributo all’esposizione si sovrappongono alle visioni di Filip Dujardin che reinventa  il reale trasfigurandolo in pura forma.

Un dialogo ben riuscito tra immaginazione e realtà dove spesso il confine tra rappresentazione e realizzazione perde ogni tipo di consistenza.

Fanno parte del team BRAVOURE lo Studio architecten de Vylder Vinck taillieu, con Filip Dujardin 

come contrasto finora imprescindibile, e lo studio doorzon interieurarchitecten come punto di 

giunzione del triangolo.

The Architectural Imagination

cataLog n 37  

Unite States Pavilion

curated by Cynthia Davidson - Monica Ponce de Leòn

Un padiglione che cerca di rispondere alle domande lasciate aperte dal curatore dell'intera Biennale Aleandro Aravena, attraverso progetti di architettura utilizzati come motore di sviluppo urbano. La città di Detroit è al centro di questo progetto, una raccolta di proposte molto diverse tra loro ridefinisce il significato della parola

Immaginazione

. Anche se non tutti i progetti hanno la forza di produrre una risposta convincente bisogna dare atto ai curatori che hanno creduto nelle potenzialità dell'architettura come disciplina autonoma capace di fornire risposte concrete a problemi economici e sociali.

DESERTO ROSSO n.5

Vienna: L'odio di se

Curato da Manuel Orazi, Gabriele Mastrigli, Giovanni Damiani, Francesco Parisi.

Gli uomini della nostra epoca confusa vivono la loro vita più vera in episodi accidentali, malintesi non chiariti, fruttuose distrazioni.

Hugo von Hofmannsthal, Il libro degli amici, 1922

Deserto Rosso ricompare con il n.5 dopo il n.0 uscito quattro anni fa, sempre in occasione della Biennale di Venezia, in un forma raffinata ed un'eleganza grafica d'altri tempi.

Una rivista che tace per poi rinascere all’improvviso dalle sue ceneri dopo quattro anni si può solo spiegare con le parole di Hugo von Hofmannsthal: “Amore e odio di se stessi sono le più profonde forze produttive del mondo”. Eppure sottrarre tempo, forze e persino denaro per pubblicare un numero al limite dell’autolesionismo, dedicato a un tema inattualissimo e ben sapendo che non convinceremo nessuno a seguirci sulla strada deviata che porta lontano da ogni possibile autopromozione, in una ricerca che non verrà riconosciuta come tale da nessuno e tantomeno come informazione, solo questo compito ci accomuna e sprona come un irrefrenabile impeto nichilista.

The Metropolitan Laboratory

MAGAZINE

volume one

Education: Trial and Error

ANCB The Aedes Metropolitan Laboratory

La galleria Aedes di Berlino attraverso una rivista si interroga sul valore dell'Educazione, su come l'architettura debba essere trasmessa alle nuove generazioni, e su come la disciplina stia assumendo una forma dialettica nuova ed in continua evoluzione.

Una ricerca fondamentale che fa riflettere.

AP 164  Abalos Herreros

selected by Kersten Geers and David van severen

Juan Josè Castellòn Gonzalèz

Florian Idemburg and Jing Liu

With photograph of Stefano Graziani

Senza ombra di dubbio un contributo quello,degli autori coinvolti a leggere l'archivio dello studio Abalos Herreros, molto importante. Che definisce nuove prospettive e nuovi significati per gli archivi di architettura, non legati soltanto alla fase di rappresentazione delle opere, ma attenti a tutto quel materiale fino a poco tempo fa non ritenuto così importante nella formazione del progetto.

Un libro che coinvolge non solo i curatori ma architetti progettisti capaci di guardare all'architettura trasformandola in modello di lavoro.

LIKE A ROLLING STONE

DOGMA+ BLACK SQUARE

Black Square Press

Come sempre lo studio Dogma in questo caso in tandem con Black Square confeziona una ricerca attenta dove teoria e progetto di architettura si sovrappongono.

All'interno del padiglione Inglese è costruito un modello scala 1.1 di un blocco servizi di alloggi tipo pensati per la città di Londra. Altro capitolo di una ricerca ormai decennale sulle nuove tipologie residenziali, tema già affrontato dallo studio Italiano con sede a Bruxelles con il prototipo realizzato lo scorso anno alla Haus deg Kulturen der Welt di Berlino e il libro realizzato da Spector books.

Il libro è curato e pubblicato dalla Black Square Press che sta lentamente delineando una programma di ricerca editoriale molto particolare ed innovativo da seguire e sostenere.

TRACCE SERIALI

Peter Märkli : DRAWINGS
Edited by: Fabio Don, Claudia Mion
Texts: Florian Beigel & Philip Christou, Erich Brändle, Alexander Brodsky & Kiril Ass, Irina Davidovici, Elisabeth Hatz, Kenjiro Hosaka, Erwin Viray.
Quart Verlag
2015

Nel suo Why Architects still draw Paolo Berardi spiega ai suoi studenti l'importanza del disegno come attività complementare al progetto. Disegno e progetto infatti sono una cosa sola, lo sa bene Peter Markli, che sembra segnare continuamente e con estrema ratio fogli dello stesso formato per costruire una sorta di atlante, utile per muoversi attraverso un'idea di architettura. I suoi disegni hanno un'autonomia rispetto al progetto, varianti infinite della stessa partitura individuano una modalità di lavoro che gli offre la possibilità di scelta solo dopo aver attribuito senso alle cose. Il disegno per Markli non è uno strumento di produzione iconografica, a lui non interessa il disegnare fine a se stesso, il disegno è una forma di pensiero che accompagna l'azione del progettare.

I disegni di Markli, non raccolgono visioni utopistiche, non sono schizzi veloci che a posteriori rimandano alla forma del progetto realizzato, sono una forma di scrittura lenta, usata per fissare ciò che appartiene alla memoria e ciò che questa memoria restituisce alla pratica dell'architettura.

Alle linee cancellate, ripassate, ai colori e ai paesaggi che diventano un tutt'uno con il segno artificiale dell'architettura corrispondono materiali grezzi, linee marcate, ritmi tra pieni e vuoti degli edifici costruiti.

These drawings have the autonomuos character of pieces in their own right and also comunicate the ispiration behind their creation through their graphic expression. That inspiration, representing the most fleeting of effective forces trasformed into an image.......(Eric Brandle)

Markli non utilizza una tipologia specifica di disegni, piante o assonometrie riportate alla bidimensionalità, sembrano parlare prima di tutto al proprio io e solo in un secondo tempo ai suoi collaboratori, i disegni riflettono in un certo senso la complessa relazione tra l'architettura e il paesaggio attraverso segni convenzionali, assomigliano a delle mappe che ci guidano attorno al mondo del progetto. Uno dei disegni più belli per la Dominica Project (una villa progettata nel 1991) mostra un’assonometria schiacciata dove è possibile riconoscere il tetto e un albero posizionato esattamente di fronte alla facciata. Ma quasi come un appunto secondario, l'angolo sinistro del foglio rivela un’informazione importante, definisce il paesaggio che circonda l'edificio; linee curvilinee individuano la posizione del mare.

This way, the sketches seem to reconcile model and interpretation, rational and irrational, the deliberate and the accidental. They become reassuring with the proud integrity of a child; immediate, stubborn, curious and asserting. (Elisabeth Hatz)

Markli scrive architettura per frammenti.

Il frammento assume un significato

quando

diventa lo specchio di una condizione umana che mette il processo allo stesso livello del prodotto finale.

Il frammento (di solito un solo disegno isolato dalla sequenza di segni simili tra loro ma sostanzialmente differenti) ha delle parti molto definite, mentre altre restano confuse, aperte a possibili sviluppi futuri. Questo processo legato alla serialità evidenzia come sia necessario procedere lentamente nella costruzione dell'architettura che alla fine diventa lo specchio dell'intera serie di disegni preparatori.

As built architecture undergoes continuing change and alteration through its lifetime, it is not finished when it is built;it's merely starts ts own life. (Elisabeth Hatz)

Gli edifici come i disegni non cercano compromessi, rispecchiano la volontà di  ottimizzare le linee ed i segni, sono pensati non tanto per il contesto quanto per il loro uso specifico La galleria la Congiunta è pensata per le sculture di Hans Josephsohn e non per i visitatori, il volume in cemento grezzo  è un contenitore per l’arte, la luce arriva dall’alto, e disegna lo spazio con enfasi monumentale nonostante le dimensioni ridotte. È uno spazio essenziale così come lo sono i sui disegni appunti, esistono indipendentemente dall’uso che l’osservatore ne fa. La maggior parte sono disegni bidimensionali, quasi opere astratte, evocano i lavori dei Suprematisti e come ricorda nel suo saggio Kenjiro Hosaka, come i suprematisti Markli cattura un'assoluta esistenza attraverso la sua tecnica, anche i colori usati più spesso, il rosso, il nero e il bianco ci riconducono alla fascinazione per Malevich.

In un momento di confusione generale, dove é vero che gli architetti ritornano a mostrare i propri segni più privati, la tecnica semplice di marcare i contorni delle cose, comporre superfici di colore, segnare geometrie semplici e riconoscibili, sembra qualcosa di estraneo ma al tempo stesso molto familiare agli occhi di chi osserva.

Qui non siamo prigionieri del virtuosismo della tecnica, nemmeno in quello della sperimentazione formale, siamo alle origini del dare forma allo spazio.

His sense of responsability and ethical view of the buildings he makes are evident from the fact that in his drawings each structure exists peacefully on paper, inside the frame, and on Earth.

Il libro edito dalla Quart Verlag curato da Fabio Don e Claudia Mion, contiene degli scritti che integrano e commentano secondo direzioni diverse i disegni del maestro svizzero, lo fanno con discrezione ponendosi domande e mettendo in crisi la loro idea di disegno. Scavano tra le tracce della propria memoria confrontandosi con quella di Markli.

Il disegnare quindi è un atto per liberare l'architettura per trasmetterla in parallelo su un piano fisico e spirituale, questi disegni non sono solo uno strumento per la costruzione ma per la definizione di un ideale artistico. L'architettura è un prodotto concreto ma anche spirituale una forma di sapere e conoscenza ma anche l'espressione di un immaginario frutto dell'interpretazione e del sogno.

I disegni di Markli potranno anche non piacere, per la loro estrema semplicità, ma indubbiamente ci portano lontano dal mondo che oggi ci opprime e ci mostrano un'altra modalità per ricostruirlo con  lentezza.

QUANDO DISEGNARE SIGNIFICA ABITARE LO SPAZIO

Sei lezioni di disegno
William Kentridge
Johan & Levi editore 2016

Ecco un libro interessante, perché il tema del disegno è solo una metafora per raccontare la vita di un artista, e specialmente per spiegare il rapporto fondamentale con lo spazio di lavoro.
Lo studio, luogo primario dove si svolge la vera creazione di significato, solo qui la forma, il materiale, il disegno assumono un ruolo, non solo nella creazione di un' opera ma di un immaginario.
Lo studio diventa una camera di compressione per immagini, idee, collegamenti storici.
È questo che fa l'artista. Prendi i frammenti, i cocci, e li mette insieme. Da rottame di bicicletta, manubrio sella, ricava un toro. Questo è il progetto dell'artista: aver bisogno dei frammenti, Addirittura divertirci sì, divertirsi al progetto di cavar fuori un significato da essi. Il significato è sempre una ricostruzione, una proiezione, non è un edificio, è qualcosa che va fatto, non solo trovato. 

In una delle lezioni in cui l'autore mette in scena il processo di attivazione della sua memoria dichiara
penso a me stesso come un artista che fa disegni, anche quando il carboncino si sostituisce una parola scritta inchiostro. Il lavoro nello studio è uno scavare nella memoria ma anche un'azione fisica che coinvolge lo spazio nella realizzazione dei segni che poi sono prima di tutto narrazioni.
Una geografia personale che partendo dai luoghi di origine incontra città e storie, immagini famose o segni della tradizione che sovrapponendosi tra di loro disegnano una diversa mappa della creatività. In cui il segno e la parola spesso si confondono. 

Kentridge scrive una sorta di sceneggiatura fatta di accostamenti stravaganti, in cui le ombre sono più importanti delle cose stesse. Un disegnare che aiuta a guardare il mondo, un disegnare come rilettura del reale che è un abitare una terra di mezzo, dove lo spazio tra ciò che vediamo sul muro e la forma che inventiamo dietro la retina non sempre coincidono, e dove il tempo serve a misurare lo spazio. Anche in un unico disegno si può saltare con lo sguardo da una sezione all'altra pur mantenendo la visione d'insieme. Girare a vuoto per lo studio significaevocare immagini anche decidere il destino, decidere quale deve avere la precedenza, da dove iniziare. Obiettivo è mostrare la complessità, e attraverso questa complessità, la cacofonia dell'eccesso, noi riusciamo a distillare un significato. In queste sei lezioni non impariamo a disegnare ma sicuramente impariamo a capire come si forma l'idea dentro la mente dell'artista e come solo in questo tempo lungo la mente disegna un altro spazio per comprendere. Mi piace pensare a questo libro come ad un'autobiografia ad uno scrivere capace di mettere in scena l'azione del creare un disegno, un progetto, un opera. Un libro che è un unico disegno che racconta lo spazio.

GAE AULENTI

Omaggio a Gae Aulenti
a cura di Nina Artioli
Corraini 2016

Non sono una collezionista ma ho raccolto negli anni le cose che mi incuriosivano .....

 Questo è un libro che racconta una casa, un rifugio forse, dal quale intraprendere un viaggio dentro l'immaginario di un architetto.
Certo non è una monografia, è un piccolo libro, solo un omaggio di una donna che guarda indietro al lavoro di un'altra donna. Due figure particolari una nonna e una nipote, che per proteggersi a vicenda si sono confrontate a distanza, si sono sicuramente guardate per anni, una crescendo l'altra invecchiando, due percorsi paralleli le cui direzioni si incontrano forse solo oggi. 

Con il filtro dell'affetto ed una complicità speciale che un architetto sente di avere quando ad un certo punto scopre nella sua vita che quella bambina con il capottino rosso che visitava con lei il cantiere della Gare d'Orsay di Parigi diventerà anche lei un architetto.
Ora per quanto Nina Artioli sia stata attenta a mantenere una distanza dall'ingombrante figura della nonna Gae, è stata brava a ridurla nel momento in cui è troppo importante per tutti gli altri architetti guardare indietro al lavoro di un maestro come é stata l' Aulenti.
Lo ha fatto con discrezione, raccontando prima di tutto il luogo che rappresenta alla perfezione la personalità poliedrica di un grandissimo architetto, il suo studio. Mettendolo in mostra come fosse un opera aperta, quello che è appeso alle pareti, gli oggetti, i disegni, le immagini,  tutti i progetti hanno prendono di nuovo forma da un unico spazio che è la sintesi di tanti luoghi diversi. 

Il libro é concepito come un opera teatrale in più atti e in cui l'unica protagonista è l'architettura, il progetto si ripete a scale diverse sempre uguale, ma sempre diverso, un' unica matrice mette in scena l'abitare.
Un grande museo, una scenografia, un oggetto di design per Gae Aulenti erano legati sempre all'idea di abitare il mondo, di sentirsi a casa nel mondo, che fosse la sua Milano o la lontana Tokyo.
Un opera in 5 atti, 5 spazi autonomi ma collegati tra di loro da un filo rosso, un'immaginario che guarda il reale con ironia e semplicità.
Ogni atto ha una breve introduzione una testimonianza di chi l'ha conosciuta di chi ha provato a guardare il mondo attraverso i suoi occhi. 

I luoghi di Gae
lo studio, la casa di milano e il rifugio estivo.

Il design e gli showroom,
con i frammenti che raccolti assieme compongono la geometria dello spazio.

Gli allestimenti,
che servono a chiarirsi l'idea di come saper narrare sia essenziale per un progettista.

Il Teatro
grande passione che l'ha aiutata a contenere le sue narrazioni in uno spazio tempo unico, rappresenta la capacità di Gae di sintetizzare un'idea in un luogo e in uno spazio delimitato che ogni spettatore guarda e sente in modo diverso.

I musei
spazi dell'immaginario comune, conservano la memoria e trasfigurano il futuro.

Infine semplicemente

l'architettura
che mette in scena il dialogo tra luoghi, città oggetti e sguardi.
Ogni luogo riporta i segni, le immagini i frammenti di una storia unica.

L'architettura nella quale mi piacerebbe riconoscermi deriva da tre capacità fondamentali di ordine estetico e non morale. La prima è quella analitica, nel senso che dobbiamo sapere riconoscere la continuità delle tracce urbane e geografiche sia concettuali che fisiche, come essenze specifiche dell'architettura. La seconda è quella sintetica, cioè quella di saper operare le sintesi necessarie a rendere prioritari ed evidenti i principi dell'architettura. La terza è quella profetica, propria degli artisti, dei poeti, degli inventori. 

 Questo è quello che dovrebbero essere gli archivi, grazie alla collaborazione di Nina Artioli e Francesco Samassa, il lavoro dell'Aulenti ci parla una lingua semplice, patrimonio comune da reinventare attraverso la nostra memoria.

It emerged as a form of dialectics attempting to bridge the seen and the unseen, the known an the unknown.

Gae Aulenti con la sua Architettura ha inventato spazi da vivere quotidianamente così come ha vissuto la sua casa studio, attraverso questo piccolo libro ci prende tutti per mano e ci fa guardare avanti come ha fatto con Nina molti anni fa, facendoci tornare bambini curiosi, ancora una volta.